La Jornada - 5 agosto 2008
I legislatori non rappresentano il popolo, perché non ci consultano mai, dice il leader insorto
Moisés: "Se esistesse un governo che ubbidisce, in Messico tutto sarebbe differente"
Gli osservatori internazionali impressionati dall'esercizio dell'autonomia nei territori zapatisti
Hermann Bellinghausen - Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis, 4 agosto - "Che cosa succederebbe se in Messico si chiedesse a tutti i milioni di indigeni, a tutti i milioni di operai, di studenti e studentesse, che dicano la legge che vogliono?" - si domanda il tenente colonnello insurgente Moisés nel caracol de La Garrucha ricevendo uno dei gruppi della Carovana nazionale ed internazionale di osservazione e solidarietà con le comunità zapatiste.

Nella costruzione dell'autonomia - spiega - i "nostri popoli sono quelli che vogliono che si adempiano i principi del comandare ubbidendo. Dicono: se esistesse un governo che ubbidisce, Messico sarebbe differente", perché "quando il popolo comanda, nessuno può distruggerlo".

Con distinti contingenti, centinaia di membri della carovana stanno percorrendo i municipi autonomi e si sono incontrati con le cinque giunte di buon governo (JBG), così come con le commissioni di salute, di educazione e di produzione delle regioni in ribellione.

Ma la cosa più importante è stata la visita scaglionata a decine di comunità, alcune sorte su terre recuperate ai latifondisti ed altre più vecchie, che sono servite da culla al movimento ribelle dell'EZLN nelle montagne del Chiapas.

Lo stesso gruppo ha visitato Hermenegildo Galeana nel municipio autonomo Francisco Gómez, Santa Rosa Copán in San Pedro de Michoacán, i latifondi recuperati nei municipi 17 de Noviembre, Francisco Gómez o San Manuel, in un incontro insolitamente diretto dalle stesse comunità e non solo nei centri pubblici come i caracol o i capoluoghi municipali ribelli.

Ad esempio, l'organizzazione di Santa Rosa di Copán nell'esercizio della sua autonomia, nella selva tojolabal, "ha fatto una profonda impressione ai membri della carovana" - come questi testimoniano.

La carovana non analizza solo la militarizzazione ed i suoi effetti, le persecuzioni di polizia e dei paramilitari nella zona Nord e della Selva Lacandona. Sta comprendendo anche come il popolo stesso vive il proprio governo. Come esponeva il tenente colonnello Moisés spiegando il processo, davanti alla stanchezza per l'inadempienza e la repressione dei "mal governi", le comunità decisero, nel 1994, "che dobbiamo governarci da noi".

Aggiunge: "ci siamo organizzati nei municipi autonomi". Ora, "sentiamo come indigeni che i nostri fratelli in altri stati della Repubblica" vivono in condizioni di abbandono e di violenza simili a quelle che originarono lo zapatismo. Il giro dell'altra campagna "ci ha confermato quello che pensavamo, quello che immaginavamo già prima. Che noi indigeni siamo i più dimenticati. Ma sappiamo che hanno bisogno pure di libertà, giustizia e democrazia coloro che non sono indigeni.

Il lavoro dei municipi autonomi si è consolidato. I nostri compagni si rendono conto che dovrebbe essere così in tutto il Messico. Cioè che il popolo comanda e colui che sta governando deve ubbidire. È così che lavorano le nostre compagne ed i nostri compagni. Si sono resi conto che sì, si può fare". Inoltre, sottolinea - "i compagni stanno scoprendo sempre di più la partecipazione delle compagne nei distinti incarichi".

Riferisce che le comunità si domandano: "Quando ci hanno consultati sulle leggi che fanno? Per esempio, quando Carlos Salinas de Gortari ha cambiato l'articolo 27, quello che il nostro generale Emiliano Zapata era riuscito a far mettere nella legge costituzionale, che la terra non si vende né si affitta" - ed ora "si può già vendere ed affittare". "Quando ci hanno chiesto qualcosa? Non servono a niente quei deputati e senatori che stanno lì. Non rappresentano il popolo del Messico, perché non ci consultano mai". E spiega come qua le decisioni comunitarie si discutano e decidano in assemblea, e come si domanda al popolo".

Per poter parlare di autonomia "bisogna vivere dove si sta facendo". La sua costruzione non è stata facile" ed "è varia" per le "differenti modalità di come si lavora" e di com'è "la situazione in ogni zona". Sottolinea l'importanza di "quando togliamo le terre ai proprietari terrieri, o i latifondi", perché si riprendono così i mezzi di produzione". In un altro modo "non si riesce a far nulla; c'è bisogno di organizzazione" - ha concluso.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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