La Jornada – Mercoledì 5 marzo 2008
Rifiutano l’intervento della Commissione Statale dei Diritti Umani
In sciopero della fame da 22 giorni i detenuti in Chiapas
HERMANN BELLINGHAUSEN
San Cristóbal de las Casas, Chis., 4 marzo - Tra denunce di vessazioni da parte delle autorità carcerarie, prosegue lo sciopero della fame dei detenuti indigeni nelle prigioni di El Amate (Cintalapa) e questa città. Nel primo, gli indigeni denunciano "vessazioni" da parte di funzionari, secondini e personale medico. Il dottor Joaquín Farrera "si prende gioco del nostro movimento ed è arrivato ad insultare la nostra compagna María Delia Pérez Arizmendi con termini volgari che vanno contrastano con la sua etica professionale, obbligandola inoltre a firmare dei documenti".
Hanno rifiutato l’intervento della Commissione Statale dei Diritti Umani "per essere giudice e parte della nostra condizione deteriorata e per la loro collusione con i sistemi di applicazione della giustizia".
Intanto, i sette detenuti del Cereso 5 di San Cristóbal de las Casas in sciopero della fame, sono stati minacciati di essere cacciati dal luogo in cui questo martedì hanno iniziato la protesta.
I reclusi nel Cereso 14, El Amate, sono: Zacario Hernández Hernández (da 22 giorni a digiuno totale, insieme a Pascual Heredia ed Enrique Hernández, tutti di Tres Cruces, San Juan Chamula, e dell’organizzazione Pueblo Creyente); Alberto Patishtán, José Luis López, Julio César Pérez, José Pérez, Marcelino Díaz, Ramón Guarda, Juan Gómez y Jorge López (de La Voz del Amate, insieme a Jesús López López e María Delia, che sono diabetici). Antonio Díaz Ruiz, Antonio Gómez Díaz, Miguel Gómez Gómez e Domingo Cruz Gómez, che si dichiarano zapatisti di Simojovel e Chilón e sostengono di “aver subito una condanna ingiusta per reati che non hanno commesso”. A loro si è unito Mateo Hernández (accompagnato da Andrés Hernández, entrambi della CIOAC). Tutti loro digiunano da 10 giorni.
Aderenti dell'Altra Campagna di Puebla, Morelos e Chiapas hanno visitato El Amate ed hanno trovato che "Zacario è molto peggiorato, benché il suo animo sia forte e fermo nella sua decisione". Gli altri "dicono di essere decisi a continuare fino alle ultime conseguenze per chiedere giustizia e libertà immediata ed incondizionata".
Davanti alla replica di Zacario ad una lettera del vescovo Felipe Arizmendi chi lo invitava ad interrompere lo sciopero, il prelato ha scritto nuovamente all'indigeno assicurandolo che la diocesi di San Cristóbal non l'ha lasciato né lo lascerà mai solo: "Ho parlato due volte col governatore. Mi ha promesso di fare anche l'impossibile perché venga liberato, perché noi abbiamo dato la nostra parola che è innocente". Secondo Arizmendi il governo del Chiapas ha mostrato buona olontà; un esempio di ciò è stato il rilascio di Mariano Heredia (di 88 anni) che ora è a casa sua (a Tres Cruces), anche se con alcune restizioni legali".
La Voz del Amate è nata nel gennaio del 2006, dopo l'invito zapatista all'Altra Campagna. Formano i collettivi "prigionieri politici" tzotziles e tzeltales che da allora occupano parte del cortile della prigione, in un "presidio permanente di protesta e rivendicazione". La Voz del Amate "ha lavorato per guadagnare rispetto e considerazione", assicurano gli indigeni. Questa forma di resistenza ha raggiunto la prigione di San Cristóbal, dove la Voz de Los Llanos ha creato "uno spazio simile dei detenuti organizzati".
(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)
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