www.resistenze.org - popoli resistenti - messico - 05-02-08 - n. 213
da Granmacubaweb - www.granma.co.cu/2008/02/03/interna/artic08.html
Il potere di “aggiustare” la geografia
Aida Calviac Mora
Il 2 febbraio 1848 veniva firmato il Trattato di Guadalupe Hidalgo; con quel trattato l’imperialismo statunitense metteva la parola fine alla sua ansia espansionista, almeno per il capitolo messicano.
Con la mutilazione di più di due milioni di chilometri quadrati di superficie della nazione azteca, la vecchia retorica yankee del “ palese destino” a dominare il continente, trionfava, decretando la fine della guerra d’intervento. In contropartita gli Stati Uniti s’impegnavano a pagare 15 milioni di dollari per i danni causati durante il conflitto.
Quell’immensa regione, che comprende gli attuali stati di California, Nevada, Utah, la maggior parte dell’Arizona, Nuovo Messico, Texas, così come buona parte di Kansas, Oklahoma, Colorado e Wyoming, sarebbe stata ampliata nel 1853 con un altro morso, quando il Messico fu obbligato a vendere il territorio di La Mesilla, circa 110.000 chilometri quadrati, per la costruzione di una ferrovia verso la California.
Il testo del Guadalupe – Hidalgo, oltre a stabilire il nord del Rio Bravo come linea divisoria tra Texas e Messico, stipulava la protezione dei diritti civili e di proprietà dei messicani che rimanevano all’interno del territorio acquisito dagli Stati Uniti, un curioso status che il Senato nordamericano si incaricò di “moderare” prima di ratificare il trattato mediante modifiche ad un articolo e la cancellazione di un altro.
Centosessanta anni dopo, il culto dell’oblio in voga negli USA condanna quotidianamente gli immigrati messicani alla repressione e all’intolleranza. Lo stesso paese che ha stracciato le frontiere del Messico strappandogli la metà del territorio, ora impedisce il transito a quelli che ieri ha derubato, e che oggi considera “un problema economico e di sicurezza”.
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR
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