Dal supplemento de La Jornada OJARASCA - 2 novembre 2008
Bomba ad orologeria nel Petén

Alla frontiera Messico-Guatemala del Petén è innestata una bomba ad orologeria: basi del narcotraffico fortemente equipaggiate, consegna delle ricchezze alle multinazionali del turismo, instabilità sociale e distruzione del massiccio selvaggio più importante d’America dopo l’Amazzonia.

Secondo il quotidiano guatemalteco Prensa Libre le autorità guatemalteche affermano che “il Petén è il principale corridoio della droga via aerea da Cali e Medellín, Colombia, e dal Perù ed Ecuador, proprio a causa delle condizioni geografiche di questo dipartimento”.

Il quotidiano calcola siano almeno 30 le piste di atterraggio clandestine della regione nelle quali sono stati rinvenuti, perchè abbandonati, 45 aerei. Mark Wilkins, capo militare dell’Ambasciata USA in Guatemala, ha reso noto che solo in una di queste piste sono stati rinvenuti 31 aerei bruciati.

Ben oltre l’equipaggiamento del narco del Petén, il Guatemala si è purtroppo trasformato nello scenario delle lotte intestine ai cartelli della droga messicani.

Il primo cartello messicano a penetrare in Guatemala è stato quello del Sinaloa, comandato da Chapo Guzmán, il quale ha avuto come alleato Otto Herrera, arrestato negli USA per narcotraffico. Tuttavia, ora tocca al cartello del Golfo, attraverso “Los Zetas”, essere protagonista di queste faide. Come nel caso dello scontro tra narcotrafficanti accaduto lo scorso 25 marzo in una spiaggia dell’est del Guatemala, dove sono morte 11 persone ed è stato catturato, insieme a vari membri della banda, Daniel Perez Rojas, alias “El Cachetes”, considerato il secondo del gruppo di sicari, la cui estradizione in Messico sembra imminente.

Lo scorso 23 aprile il giornale Siglo XXI ha reso noto il fatto che il gruppo Los Zetas sta reclutando ex militari guatemaltechi nel Petén per mezzo di annunci trasmessi da una radio pirata (non comunitaria). Il giornale informa che stanno cercando soprattutto “quelli che hanno ricevuto addestramento e tecniche da Kaibil”.

Carmen Aída Ibarra della Fondazione Myrna Mack, avava da tempo dichiarato: “I kaibiles, come citato dai rapporti storici, sono sempre stati una forza d'élite incaricata di eseguire massacri, ma fino ad ora non si era avuta conferma del fatto che venissero cooptati dal narcotraffico”.

È proprio nel Petén dove la forza dei paramilitari è stata maggiormente dispiegata. Durante il conflitto tra il governo e gli ex membri delle Pattuglie di Autodifesa Civile (PAC), i paramilitari bloccarono le strade e gli aeroporti della zona.
 
Autentica “terra di nessuno”, il Petén ha visto bloccati anche i tentativi di privatizzare l’immensa ricchezza biologica e di sfruttare il potenziale ecoturistico. La strada che doveva fare strada agli investitori interessati alle località turistiche naturali e archeologiche è stata sospesa sul lato guatemalteco nonostante sia stata inaugurata in pompa magna dai presidenti Fox e Berger.
 
Gli scarsi tentativi delle comunità di usufruire delle ricchezze del Peten sono stati stroncati dalla conflittualità che accompagna il narcotraffico.

Un esempio di ciò è quanto successo all’organizzazione Tropico Verde, che aveva tentato di articolare un lavoro insieme alle comunità dell’estesissima Riserva della Biosfera Maya. I suoi coordinatori Carlos Albacete e Pilar Espinoza hanno dovuto lasciare il paese per i continui attentati di cui sono stati oggetto loro stessi e l’organizzazione, causati dalle denunce contro il narcotraffico che comprendevano prove di connivenza tra alti funzionari della polizia guatemalteca e i narcos.

(tradotto da OndaDurito – Brescia)

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