La Jornada – Venerdì 31 agosto 2007
Lo sgombero delle comunità indigene aprirà la strada allo sfruttamento commerciale della zona
Aperta repressione nei Montes Azules. Pianificato saccheggio della ricchezza biotica

HERMANN BELLINGHAUSEN

La strategia ufficiale di sgombero e controllo nei Montes Azules, Chiapas, entrata in una fase di accelerazione impaziente ed autoritaria, comprende aperta repressione politica, violenza paramilitare, intransigenza poliziesca e fabbricazione di reati contro gli indigeni avvallata dai tribunali giudiziali ed agrari. Dietro a ciò si celano progetti "conservazionisti" come nuove autostrade e dighe, esplorazione di minerali strategici ed idrocarburi, bioprospezione transnazionale, saccheggio di risorse biotiche, accaparramento commerciale dell'acqua, ecoturismo di lusso ed altre attività non meno lucrose e denazionalizzatrici.

Le autorità non lesinano meccanismi di impunità per gli "operatori" della repressione che, come in Oaxaca e nello stato del Messico, poggiano su azioni violente contro la popolazione e la crescita esponenziale dei detenuti politici in prigioni statali e federali. A partire dalla seconda settimana di agosto in Chiapas ci sono nuovi detenuti indigeni zapatisti nella prigione di El Amate, che si sommano alla scandalosa reclusione di Diego Méndez Arcos, contadino chol che per essere accorso in aiuto dei suoi fratelli massacrati a Nuevo Velasco Suárez, nel novembre 2006, è stato "accusato" dei crimini commessi in realtà da paramilitari e presunti poliziotti, e che restano impuniti.

Non solo è stata annunciata, anelata, sospirata dai governi panisti degli anni recenti; l'appropriazione definitiva e radicale del cuore della selva Lacandona (specialmente Montes Azules, ma non solo) è iniziata nel sessennio di Ernesto Zedillo. Con le due facce, militarizzazione-"conservazionismo", il governo federale ha colpito per spopolare la selva profonda, accerchiarla e gestirla dentro il nuovo gioco economico neoliberale e globale.

Nel documento Desalojos en Montes Azules: recursos estratégicos; soberanía nacional y derechos indígenas en juego, diffuso questa settimana, Maderas del Pueblo del Sureste riassume a partire dalle "provocatorie campagne di 'rimboschimento' militare" (1999), realizzate dal governo zedillista, dal governatore Roberto Albores e dal titolare della Semarnap, Julia Carabias, seguite dagli "'incendi' forestali inventati nel maggio del 2000 dallo stesso trio per convalidare azioni di sgombero, 'ingenuamente' riprese da alcuni gruppi conservazionisti urbani ed accademici".

Già durante i governi di Vicente Fox e Pablo Salazar Mendiguchía si tentarono operativi di sgombero tra marzo e dicembre del 2002, ma furono "abortiti" per la pressione pubblica. Seguirono sgomberi "chirurgici" a Lucio Cabañas (dicembre 2002) e Nuevo San Rafael (gennaio 2004) ed una "strategia di ricollocamento forzato 'negoziato' tra giugno 2003 ed aprile 2006, diretta dalla sottodelegata speciale della Riforma Agraria, oggi deputata federale panista Martha Cecilia Díaz Gordillo".

Sotto il regime calderonista sono riapparse azioni di tipo paramilitare "compiute da giovani tzeltales di Nueva Palestina contro il villaggio Viejo Velasco il 13 novembre 2006, inserite nella dichiarazione pubblica virtuale di guerra emessa dall'Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic)" - riporta il documento. Ora, alla luce dei recenti sgomberi, gli organismi civili che difendono i diritti delle comunità e documentano quello che succede, sono oggetto di accuse e minacce. È il caso del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas e Maderas del Pueblo.

Nella sua testimonianza (29 luglio) davanti alla Procura Generale dello stato, Florencio Gómez Martínez, della subcomunità lacandona di Frontera Corozal ed autoidentificatosi come impiegato federale della Commissione Nazionale per le Aree Naturali Protette, ha accusato di essere "invasori" e "distruttori" della selva gli abitanti di Nuevo Salvador Allende (San Manuel): "Abbiamo cercato di raggiungere un accordo con gli invasori, ma questi sono protetti da organizzazioni, tra le quali il Fray Bartolomé de Las Casas (sic) e Maderas del Pueblo del Sureste, dedite solo a creare conflitti perché insegnano agli invasori a minacciarci con le armi". Questa dichiarazione, considerata una "minaccia" dalla citata ONG, si somma ad altre accuse ed intimidazioni. Una precedente, della "Oppdic", sic, e della "Fondazione Selva Lacandona", segnalava le ONG indipendenti come gli "assassini e mandanti" del massacro a Viejo Velasco.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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