La Jornada – Giovedì 30 agosto 2007
Società multinazionali vogliono appropriarsi della zona, rivela lo studio
Gli sgomberi in Chiapas: un’altra tappa nella mercificazione della natura

HERMANN BELLINGHAUSEN

Gli sgomberi in corso delle comunità indigene nei Montes Azules, Chiapas, ubbidiscono alle politiche di "privatizzazione conservazionista" e mercificazione della natura promosse dagli organismi multilaterali, finanziari e di cooperazione internazionale. Secondo l'analisi dell'organizzazione civile Maderas del Pueblo del Sureste, dietro il Corridoio Biologico Mesoamericano c'è la Banca Mondiale, l'Unione Europea sostiene il progetto Desarrollo Social Integrado y Sostenible (Prodesis), e la statunitense Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (AID) promuove il progetto chiamato Selva Lacandona Secolo XXI: strategia congiunta per la conservazione della biodiversità.

L’applicazione di questi progetti, prosegue lo studio, “è realizzata localmente da alcune organizzazioni ‘non governative a carattere trasnazionale” come Conservation International (CI), The Nature Conservancy (TNC) e World Wildlife Fund (WWF), così come i loro alleati nazionali Espacios Naturales y Desarrollo Sustentable (Endesu), Merolek, Centro Interdisciplinario de Biodiversidad y Ambiente (Ceiba), Pronatura e Fondo Mexicano para la Conservación de la Naturaleza, tutti legati a società multinazionali interessate alla selva, "sia all'interno delle loro proprietà o consigli direttivi che in qualità di importanti donatori".

Tra i recentissimi precedenti agli sgomberi c'è il decreto federale del maggio scorso che espropria 14.096 ettari di selva a favore della Segreteria dell'Ambiente e delle Risorse Naturali (Semarnat) "a fini di conservazione", senza indicare l'ubicazione concreta e rifiutandosi, illegalmente, lo stesso governo federale di rendere pubblica la loro localizzazione precisa. E l'annuncio della "consegna" a Semarnat di altri 22.000 ettari, fatto durante un evento pubblico, il giorno prima dei recenti sgomberi, senza indicare ugualmente dove si trovano, significa, in termini di politica ambientale, secondo Maderas del Pueblo, "una retrocessione di oltre 30 anni, ritornando alla 'conservazione ambientale statalista', contravvenendo così alle linee del Programma l'Uomo e la Biosfera dell'Unesco", ecc.

Maderas del Pueblo ricorda che l'accusa di saccheggio ed invasione contro gli indigeni nella selva Lacandona "si basa su un illegittimo e fraudolento decreto agrario emesso nel 1972, mediante il quale si 'riconoscono ed assegnano' 614.000 ettari di selva unicamente a 66 famiglie, definite erroneamente 'lacandone', abitanti allora di tre villaggi (Lacanjá Chansayab, Nahá e Metzabok), che avevano inoltrato 11 mesi prima tre diverse cause agrarie di dotazione di ejidi, chiedendo per tutti solo i 10.000 ettari che coltivavano e curavano".

L'obiettivo di quella frode agraria, perpetrata dal presidente Luis Echeverría e dal governatore Manuel Velasco Suárez, era stato quello di favorire lo sfruttamento di legname pregiato da parte della società parastatale Cofolasa. "L'azione illegale ed illegittima, che trasformò in latifondisti le famiglie 'lacandone' o meglio maya caribes, concedendo loro quasi 10.000 ettari di terra per famiglia, fu un'usurpazione e la violazione dei diritti di 47 comunità tzeltales, tzotziles, choles e tojolabales insediate nella regione dagli anni '50 e '60; tutti con sentenze agrarie legalmente stabilite e 17 di loro godendo di decreto presidenziale emesso a favore".

La manovra si completò nel 1978, con l'inclusione in qualità di "subcomuneri" dei capifamiglia di Frontera Echeverría (choles, oggi Frontera Corozal) e Manuel Velasco Suárez (tzeltales, oggi Nueva Palestina), risultato del primo processo di ricollocamento forzato tra il 1974 e 1976 delle 47 comunità citate, 21 delle quali accettarono il loro ricollocamento e concentramento nei "villaggi modello" Frontera Corozal e Nueva Palestina.

"Purtroppo, un buon numero di questi indigeni, soprattutto tzeltales, si sono trasformati in una specie di paramilitari, boia dei loro fratelli indigeni, come successo il 13 novembre 2006 con l'impunito massacro compiuto da subcomuneri di Nueva Palestina contro il villaggio Viejo Velasco, con un saldo di sei morti (uno di questi 'palestino') e due desaparecidos". E come negli attuali sgomberi, contavano sull'appoggio federale e della Procura Speciale dello stato. "Questi 'subcomuneros' saccheggiano, rubano e si spartiscono tutti i beni dei villaggi sgomberati, come un vero e proprio bottino di guerra", sottolinea Maderas del Pueblo.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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