La Jornada – 29 gennaio 2007
Vogliono cacciare gli abitanti e vendere i terreni per realizzare progetti ecoturistici
Cresce l’offensiva del governo di Colima per sottrarre le terre ad una comunità
Gli abitanti di La Yerbabuena avvertono: "non permetteremo che si privatizzi la zona
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Colima, 28 gennaio - La comunità La Yerbabuena, nello stato di Colima, denuncia attraverso l'altra campagna che il governo statale priista ha aumentato i suoi tentativi di sgomberare gli abitanti del luogo per realizzare progetti ecoturistici (tanto "ecologici" da comprendere un campo di golf e centri commerciali), adducendo il pretesto del il rischio di una possibile eruzione del vicino vulcano di Colima.

"A La Yerbabuena, il malgoverno priista, uno degli ultimi dinosauri che ancora malgovernano in Messico, vuole ricollocarci, dice, per il rischio vulcanico e per rendere turistica la zona alta, perché siano in pochi a beneficiarne. E la nostra gente, dove deve stare? Vogliono privatizzare perché sia esclusivo per il turismo internazionale, solo perché la gente di Colima non ha biglietti verdi".

L'assemblea della comunità in resistenza denuncia che il segretario di Turismo statale, Sergio Marcelino Bravo Sandoval, il 19 gennaio ha annunciato l'investimento di un milione di pesos "per pagare uno studio sul potenziale per realizzare attività ecoturistiche, hotel di lusso, un campo di golf e turismo di avventura e d'affari". I contadini affermano che questo studio "è solo per beneficiare pochi, e quel denaro potrebbe essere usato per cose più importanti. Quanti vaccini si potrebbero comprare con un milione di pesos? Quanti medicinali si potrebbero ottenere per i centri di salute che scarseggiano sempre di medicine?".

Il 21 gennaio, il governatore Silverio Cavazos Ceballos, ricordando alle vittime del terremoto del 2003, ha annunciato la futura creazione di un fondo statale per disastri. I contadini di La Yerbabuena si domandano: "Sarà per disastri o per le sue tasche? A quattro anni dal sisma, c'è ancora gente senza casa. Adesso fanno affari con i disastri, e considerano la natura una merce".

Per questo, aggiungono, "con la bugia che il vulcano è un male per la gente di La Yerbabuena, ma non per i ricchi turisti né pericoloso per giocare a golf di fronte al cratere". Non è nemmeno rischioso affinché la consorte del governatore, Idalia González de Cavazos, "si inerpichi sul pendio del colosso circondata da poliziotti e da stregoni ciarlatani corrotti (che dicono di parlare col vulcano) che le fanno rituali di purificazione".

Un progetto simile era stato proposto dal defunto investitore James Goldsmith, che voleva fare un aeroporto, con le strade fino a Città Guzmán, Jalisco. La vicina città di Comala soffre di scarsità d'acqua "e l'hotel Majakhua si prende quasi tutta quella del fiume Cordobán, le lagune di Calabozo, Jabalí, Epazote e la sorgente che stava del burrone del Agua, prima che la facessero sparire". Gli yerbabuenenses sottolineano: "usurpazione di terra e acqua. La stessa cosa che vogliono fare qui. I ricchi che si allargano col turismo, e la gente di Comala che patisce per la mancanza d'acqua".

La comunità, aderente all’altra campagna, convocata dall’EZLN, interpella il governatore: "Silverio, si sbaglia. Il nostro vulcano non è un pericolo per noi. Ma il governo vuole tirarci fuori dei soldi. Da quasi cinque anni la natura ci ha dato la ragione, contro le sue 'investigazioni', benché ci sia chi ancora ci crede a qeste ricerche o vuole approfittare della situazione di comprando terreni qua in alto e fare affari".

Il governatore, affermano, col Fondo Statale per i Disastri, "vuole solo riempirsi le tasche, ed insieme ai ricchi appropriarsi di terre che non gli spettano".

Ma, avvertono, "non ci arrenderemo. Non siamo soli in queste terre che vogliono privatizzare. La nostra lotta è legittima e sta dentro i diritti stabiliti dalla Costituzione. Anche se è dimostrato che il malgoverno distorce le leggi per avvantaggiare i ricchi, per espropriare e cacciare la gente. La nostra resistenza dimostra al governo che deve ubbidire al suo popolo, che siamo noi che gli diamo da mangiare e gli paghiamo lo stipendio".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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