La Jornada – Venerdì 26 ottobre 2007
Pablo Romo Cedano*
Acteal, molto più di un banco di sabbia

A due mesi del decimo anniversario del massacro di Acteal, si vuole di riciclare un'altra volta la versione secondo cui fu conseguenza di conflitti inter-religiosi ed intercomunitari. Mi riferisco in particolare all'articolo di Héctor Aguilar Camín sulla rivista Nexos del mese di ottobre. 

10 anni fa gli autori intellettuali del massacro ed i loro complici cercarono di spiegare che le cause dei crimini erano dovute al confltto per un banco di sabbia e per divergenze religiose tra cattolici e protestanti. Queste versioni furono messe in circolazione, a quel tempo, dai criminali che progettarono la guerra di bassa intensità, quelli che formarono i paramilitari, che offrirono impunità a molti assassini e che incrementarono la violenza del conflitto in tutto lo stato del Chiapas dopo il massacro di Acteal.

Centinaia di testimonianze di persone del municipio di Chenaló, al quale appartiene la piccola comunità di Acteal, raccolte prima e dopo il massacro, non solo dal Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, ma anche da giornalisti ed investigatori onesti, rivelarono allora, e continuano a dimostrarlo ora, come un gruppo di indigeni di località apartenenti a questo municipio furono addestrati, armati e guidati da elementi della polizia di pubblica sicurezza comandata da Jorge Enrique Hernández, segretario esecutivo del Consiglio Statale di Pubblica Sicurezza del Chiapas, assistito dal generale di brigata DEM in pensione Jorge Gamboa Solís, coordinatore generale della polizia dello stato.

Molte volte siamo stati testimoni dal Centro Fray Bartolomé della protezione che la polizia e l'esercito offrivano a quei gruppi armati quando commettevano le loro azioni criminali. L'abbiamo denunciato pubblicamente e davanti al Pubblico Ministero. Non siamo stati testimoni solitari di queste complicità. 

La magnifica e precisa macchina fotografica di Carlos Martínez, per esempio, riprese un contingente della polizia mentre scortava i paramilitari di ritorno nelle loro comunità il 25 dicembre 1997, mentre in processione andavamo a dare sepoltura ai 45 corpi delle bambine e bambini, donne ed uomini massacrati. 

Mesi prima, lo stesso Carlos Martínez e la sua macchina fotografica, con una piccola delegazione nazionale ed internazionale, con membri della Commissione Nazionale di Intermediazione (Conai), sorprendemmo elementi della polizia dello stato ad addestrare civili in un campo vicino alla comunità di San Pedro Nixtalucum, negli Altos del Chiapas. In un'altra occasione, il vescovo Raúl Vera fu attaccato da un gruppo paramilitare protetto da elementi dell'esercito nelle vicinanze di Bachajón.

Le testimonianze raccolte dal Dentro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, che documentavano l'esistenza di gruppi paramilitari, la loro formazione ed addestramento a Chenaló e nella zona nord dello stato del Chiapas, furono consegnate anche alla Procura Generale della Repubblica con un atto pubblico il 3 gennaio 1998. 

Purtroppo molti sono stati i morti, non solo a Chenalhó, che si sono registrati nel contesto di quelle operazioni (semi) occulte. Operazioni coordinate e studiate con precisione, benché non sempre eseguite di quella maniera. Operazioni imparate nelle scuole di contrainsurgencia degli Stati Uniti e con consultenti militari di vari altri paesi, tra i quali Argentina e Guatemala, o anche imparate dai manuali che a quel tempo pubblicava la Segreteria della Difesa Nazionale.

Problemi in Chiapas per banchi di sabbia, per dispute di terra, per differenze religiose, di partiti politici o ideologie, sono esistiti e continuano ad esistere, ma non per questo si commettono massacri come quello di Acteal. 

Spiegare il massacro di Acteal per dispute di quel tipo non insulta solo l'intelligenza, ma la memoria dei morti assassinati mentre pregavano per la pace. 

Il modo indigeno di affrontare i conflitti e le differenze è certamente diverso  da quello dei meticci o degli europei, ma raramente li porta alla morte. E questo anche se si tratti di questioni importanti e delicate come quelle religiose. 

Il massacro di Acteal è tuttora impunito in quanto agli autori intellettuali. Quanto tempo bisognerà aspettare perché si indaghi e siano puniti?

* Ex direttore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas, attualmente coordinatore dell’Osservatorio della Conflittualità Sociale.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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