La Jornada – 26 giugno 2007
In Veracruz 10 contadini nahua sono stati picchiati da poliziotti e rimangono in prigione
La CDDH documenta l'offensiva del governo contro gli attivisti sociali
Le autorità s'inventano le accuse e maltrattano gli attivisti in modo sistematico

HERMANN BELLINGHAUSEN

"Picchiati ed interrogati alla presenza degli stessi poliziotti che li avevano arrestati fra bastonate, calci e minacce di morte" - come documenta la Commissione per la Difesa dei Diritti Umani (CDDH), i dieci contadini nahua catturati dalla polizia statale di Veracruz nel villaggio Diez de Junio, Ixhuatlán de Madera, Veracruz, il 14 giugno, sono stati confinati nella prigione di alta sicurezza di Villa Aldama ed interrogati senza un traduttore della loro lingua.

In un'intervista radiofonica per il programma domenicale "L'altra campagna - Privilegiando l'ascolto", di XEYT, Radio Teocelo, Ana María Vera Cid, della stessa CDDH e patrocinatrice dei contadini, membro dell'organizzazione Dorados de Villa e dell'altra campagna, ha denunciato che in tutto il paese è normale che gli attivisti sociali vengano accusati di colpe non commesse e che lo stato di diritto non è rispettato dall'apparato giudiziario.

E racconta: "il 18 giugno abbiamo potuto per la prima volta entrare in prigione. Fino ad allora si sapeva solo che lì c'erano dieci persone. Abbiamo potuto parlare con tutti loro, ma in condizioni molto difficili, attraverso un pezzo di plastica molto spesso con solo alcuni buchi per far passare la voce, senza possibilità di un maggior contatto umano. Uno di loro ha una pallottola nel gluteo. Tutti sono stati picchiati, alcuni hanno ferite al viso. Alcuni riuscivano ad aprire un po' i vestiti per mostrare lividi e croste"...

"Non avevano diritto di fermarli nel modo in cui l'hanno fatto, né di maltrattarli. C'è un punto grazie al quale le autorità si coprono: li hanno 'pescato in flagranza di reato' dentro al terreno occupato e da lì in poi vengono gli arbitri. La legge stabilisce che il Pubblico Ministero ha tempo 48 ore per decidere se li incarcera o li lascia liberi. Li fermano il 14, il 16 passano in tribunale. Era il 18 quando siamo riusciti a parlare con loro e non potevamo fare niente: non sapevamo neppure di che cosa li accusavano".

Vera Cid segnala la costante incongruenza delle autorità: "lo stato di diritto non dice nient'altro che ci sono leggi e che si applicano. Ma cosa è quella che c'è scritta nelle cartelle ed un'altra è la realtà. A che serve che arrivino le carte se nessuno può vederle...". E racconta come le carte viaggino da un giudice all'altro e da un tribunale ad un altro per confondere le idee e fino a far perdere le tracce... "Tutto questo impedisce di fare i passi legali necessari a beneficio dei detenuti".

Aggiunge che "spoliazione" sarebbe l'unica loro "colpa", perché sono entrati in un terreno che è in possesso di una persona. Ma loro ammettono che si tratta di un terreno recintato, nel quale c'era del bestiame. "Siamo arrivati, abbiamo aperto la porta e siamo entrati" - dicono. Sanno che quando sono state distribuite le terre, non sono state distribuite tutte. "Percepiscono che ne hanno il diritto" - ha detto l'avvocato.

Ma li accusano di "danni, resistenza a privati, oltraggio all'autorità. Le autorità hanno i detenuti, le carte ed i periti per manipolare tutto. E dicono: 'c'è un danno, guarda: una giacca con dei tagli da machete e lì c'è la perizia che costa 4.200 pesos'. E non possiamo dire di no, perché c'è la perizia lì sul tavolo. Non possiamo parlare di un regime di diritto quando le leggi non coincidono con la realtà, perché loro s'inventano i reati e questo è quanto succede con tutti gli attivisti sociali... e questo lo vediamo in lungo e in largo per tutto il paese".

Sono stati derubati da coloro che li hanno arrestati di orologi, cinture, modeste quantità di denaro, da 80 a 100 pesos; li hanno lasciati senza le scarpe ed uno senza occhiali; non hanno dato loro un sapone per lavarsi...

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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