La Jornada – Lunedì 22 ottobre 2007
Comunità della Lacandona denunciano minacce di sgombero
ONG: Gli espropri del governo federale nei Montes Azules sono una provocazione
HERMANN BELLINGHAUSEN

I recenti espropri governativi di terreni nei Montes Azules, Chiapas, "sono una totale provocazione politica, sia nei confronti dell'EZLN che delle organizzazioni sociali indigene di lunga storia (ARIC Independiente ed ARIC Unión de Uniones histórica)", secondo l'analisi di Maderas del Pueblo del Sureste, dopo la presa di conoscenza dei piani derivati dal decreto del governo federale.

Lo scorso 4 maggio, il governo federale ha decretato (in alcuni casi scendendo a patti con la cosiddetta comunità lacandona) l'esproprio di 14 mila ettari di selva a favore della Segreteria dell'Ambiente e delle Risorse Naturali (Semarnat). Questo, senza far conoscere la loro ubicazione e sostenendo fini "di conservazione ecologica".

Quello stesso mese, Maderas del Pueblo anticipò di essere a conoscenza "in via ufficiosa" che le terre espropriate non si trovavano in una sola zona e che si trovavano nella regione delle Cañadas, dentro la zona dei 26 ejidi della originaria ARIC Unión de Uniones. Molti di questi regolarizzati nel gennaio del 1989.

Bisogna ricordare che l'allora nuovo presidente della Repubblica, Carlos Salinas de Gortari, si occupò con sollecitudine di questa frangia della selva Lacandona nel bacino dei fiumi Jataté e Perla, come "ringraziamento" per il sostegno delle organizzazioni contadine nelle funeste e discusse elezioni del 1988, perché diedero forza al famoso "voto verde" in quel bacino di voti che era il Chiapas (dove la gente non votava, ma le urne risultavano colme di schede tricolore). Con gli anni, con l'avanzata del salinismo, alcuni di quegli ejidi entrarono a far parte dell'EZLN, mentre altri rimasero in qualcuna delle differenti Aric che sorsero dalla sua frammentazione nel 1994 a seguito dell'insurrezione zapatista, o nella CNC priista.

Con morosità ingiustificata, la Segreteria della Riforma Agraria (SRA) ha finalmente fornito a Maderas del Pubelo i piani di quell'esproprio, dopo che l'organismo civile li aveva richiesto all'Istituto Federale di Accesso all'Informazione (IFAI) più di quattro mesi fa. I documenti rivelano che molte delle zone di raccolta di 15 ejidi (San Caralampio, San José, El Calvario, Plan de Guadalupe, Guanal, Ibarra, Santa Lucía, El Zapotal, Pichucalco, Amador Hernández, Ojo de Agua San Jacinto, Santa Martha Corozal, La Sultana, Las Tacitas e Perla de Acapulco) "sono rientrati nelle zone espropriate".

Ora che queste zone sono "legalmente" di proprietà della Semarnat, "le famiglie che vivono o lavorano su di essi - anche se fin dal 1989 - potranno essere vittime di ingiusti ed illegali sgomberi", come già lo sono state altre comunità.

Le otto estensioni espropriate hanno diverse dimensioni. La prima zona (la più grande) confina con San Caralampio, San José ed il suo ampiamento, El Calvario, Plan de Guadalupe, Guanal dotazione ed ampiamento, Ibarra, Santa Lucía, San Francisco e Zapotal.

La seconda zona, dentro i Montes Azules, confina con Pichucalco ed Amador Hernández, e la terza con Guanal, Amatore Hernández, Pichucalco e "presunti terreni nazionali" (come li definisce lo stesso documento ufficiale). La quarta confina con Ibarra, Guanal ampliamento, il fiume Jataté, Ojo de Agua San Jacintoe ed altri "presunti" terreni nazionali.

La quinta è circondata da Ojo de Agua San Jacinto, el Jataté e Santa Martha Corozal. La sesto confina con un'ampliamento di La Sultana (comunità delle cañadas), Santa Martha ed il fiume Jataté. La settima zona espropriata raggiunge Las Tacitas, San Francisco, Santa Lucía, La Sultana ed altri "presunti" terreni nazionali. L'ultima, a nordovest, tocca Perla de Acapulco secondo ampliamento, San Francisco, Las Tacitas e "presunti" terreni nazionali.

A sua volta, comunità di quella zona della selva Lacandona, conosciuta come regione Candelaria, appartenenti all'altra campagna, hanno denunciato "un contesto di persecuzione per le minacce di sgombero" che i governi federale e statale mantengono su di loro, così come la loro emarginazione ed esclusione, poiché "difficilmente viene ascoltata la voce dei popoli e delle comunità indigene e non abbiamo accesso ai mezzi di comunicazione né alle strade".

In un documento inviato a La Jornada, Lázaro Jiménez Clara, portavoce della regione Candelaria, ha rivendicato il diritto delle comunità al territorio, all'uso e sfruttamento delle risorse naturali, ed alla libera determinazione: "Il nostro diritto ad essere, vivere ed organizzarci come popoli, parlare le nostre lingue, nominare i nostri governanti, rappresentanti e servitori secondo i nostri costumi processi organizzativi". Tutto questo, a sostegno del recente incontro indigeno continentale di Vícam, Sonora.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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