La Jornada 22 gennaio 2007
Adolfo Gilly
OAXACA: LA BARBARIE DELLE AGGRESSIONI

Quando si usa la forza del bastone, la prima vittima è la ragione, ha dichiarato ieri a Oaxaca il vescovo Raúl Vera López.

Nell'atto di presentazione del dossier preliminare su Oaxaca elaborato dalla Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani (CCIODH), sabato scorso 20 gennaio, Carlos Monsiváis ha posto la seguente domanda:

"Un punto di discussione nell'analisi culturale del conflitto: perché non si è creata una grande mobilitazione nazionale a difesa di Oaxaca e della sua gente aggredita, picchiata, ferita così vastamente, come viene descritto in questo documento? Perché si è deciso senza riflettere che è meglio guardare di sfuggita o non informarsi sulla barbarie delle aggressioni ai diritti umani?".

Eppure il dossier preliminare della commissione, risultato di un totale di 420 interviste fatte a tutti i settori del conflitto, incluse le autorità statali e federali, organizzazioni, detenuti e cittadini di Oaxaca estranei al conflitto, è indiscutibile. Al primo punto delle sue conclusioni si legge:

"La commissione considera i fatti avvenuti a Oaxaca come un anello di una strategia giuridica, poliziesca e militare, con componenti psicosociali e comunitarie, il cui obiettivo ultimo è quello di raggiungere il controllo e intimidire la popolazione civile nelle zone dove vengono sviluppati processi di organizzazione cittadina o movimenti a carattere sociale e non partitici".

Cioè, non si tratta di "eccessi" o di "atti isolati", ma di una strategia governativa di paralisi attraverso l'uso del terrore, non delle formazioni politiche esistenti, ma precisamente di questi processi e movimenti della società.

Le morti e la sparizione di persone documentate nelle prime cinque conclusioni (dal punto 1 al 5) del dossier convergono su questo obiettivo: terrorizzare la popolazione attraverso "attacchi contro i civili, nella sua stragrande maggioranza appartenenti a gruppi indigeni", si precisa al punto 5.

Il documento dà la cifra provvisoria di 23 morti documentati e identificati, sebbene la commissione "abbia conferma della morte di altre persone non identificate". Inoltre, aggiunge, "ci sono indizi fondati sull'esistenza di casi di persone scomparse", ma per questi mancano le denunce formali . La gente ha paura. "Mi hanno fatto sparire un figlio. Se faccio la denuncia, mi fanno sparire l'altro", ha detto una signora di Oaxaca a uno dei membri della commissione.

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Di seguito riporto, in tutta la loro crudezza, alcuni punti delle conclusioni della CCIODH:

Punto 8: "Sono stati violati i diritti di sciopero sindacale, di libertà di espressione sindacale e di libertà di insegnamento del corpo docente. La sezione 22 del Sindacato Nazionale dei Lavoratori dell'Istruzione, rappresentata nell'Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca, è stato il collettivo sociale più duramente e crudelmente colpito dal conflitto, avendo subito danni materiali, persecuzioni, minacce, aggressioni, morti e sparizioni di persone in numero significativo".

Punto 9: "Le azioni repressive sono state esercitate in maniera indiscriminata contro la popolazione civile: uomini, donne, bambini e anziani, facendo uso di gas lacrimogeni e urticanti, acqua con sostanze chimiche, armi di medio e grosso calibro, veicoli ed elicotteri militari. A queste azioni hanno preso parte corpi di polizia federale, statale e municipale e gruppi d'élite, compreso l'intervento di effettivi militari in compiti di logistica e di coordinazione. Gruppi di persone in borghese e con armi di grosso calibro hanno eseguito sequestri, arresti illegali, perquisizioni e sparatorie, in alcuni casi utilizzando veicoli della polizia e con la partecipazione di funzionari pubblici".

Particolarmente significativo riguardo le metodologie che si stanno definendo in legge, da Atenco al Chiapas, è il seguente punto del dossier.

Punto 10: "Le forze di polizia statale e federale hanno eseguito arresti arbitrari e illegali, in modo ricorrente e di massa, contro la popolazione civile. Alcuni arresti sono anche stati compiuti da civili che, con l'uso della forza, hanno messo a disposizione dei corpi di polizia e con il consenso di questi le persone detenute. Gli arresti sono stati effettuati con una violenza fisica e psichica sproporzionata, a volte tramite il sequestro. Sono state perpetrate aggressioni sessuali contro i detenuti, donne e uomini".

Queste aggressioni sessuali, allo stesso modo dei metodi ancora impuniti utilizzati nel maggio scorso contro le donne arrestate ad Atenco, sono state effettuate durante i trasferimenti, in quella "terra di nessuno" che sono i mezzi di trasporto della polizia. Così viene documentato al punto 13 delle conclusioni della commissione:

"Nei trasferimenti sono stati violati i diritti in maniera particolarmente grave, attraverso torture fisiche (scosse elettriche, percosse, ferite, bruciature, ecc.) e psichiche. Stando alla testimonianze e ai quadri clinici, la CCIODH ha indizi fondati di stupri su donne e uomini. Nei trasferimenti hanno preso parte corpi di polizia e, in alcune occasioni, effettivi militari e gruppi di persone in borghese e armate che sorvegliavano gli arrestati fino all'arrivo in carcere".

È seguito poi, in dettaglio dal punto 14 al 24 del dossier, l'azzeramento di tutti i diritti processuali garantiti dalla Costituzione e dalle leggi della Repubblica, a cui si sono sommate le condizioni di carcerazione. Nei punti 19 e 21 si annota:

"Le condizioni di abitabilità, igiene, salubrità e alimentazione incontrate nelle visite in alcune carceri trasgrediscono i parametri limite stabiliti nella legislazione interna come pure nei trattati internazionali in materia di diritti umani ratificati dal Messico". [...] "Ci sono persone che sono state recluse in carceri di media e massima sicurezza nonostante si trattasse di custodie cautelari e senza che esistesse uno studio o una certificazione che giustificasse la pericolosità degli imputati e la conseguente adozione di una tale misura".

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Nel documento della commissione vengono poi descritti gli effetti psicosociali della repressione su cui, si legge nel dossier, "ci sono indizi più che fondati per affermare che agenti dei corpi di polizia sono entrati negli ospedali per arrestare i feriti", pratica abominevole dei gruppi repressivi in Messico al meno dai tempi della guerra sporca. In alcune conclusioni della commissione si legge:

Punto 26: "Sono stati individuati effetti e sintomi caratteristici di disturbi da stress post-traumatico e da trauma sociale. I più segnalati sono: rivivere continuamente gli eventi traumatici, svegliarsi bruscamente di notte, paura del buio, paura di determinati rumori o suoni, paura della solitudine, reattività psicologica agli stimoli interni e/o esterni, senso di iper-controllo e manie persecutorie. C'è una percezione di aleatorietà e ingiustizia, di insicurezza, di perdita del controllo della situazione e della propria vita. Abbiamo constatato la difficoltà a verbalizzare quanto è loro accaduto".

Punto 29: "Abbiamo osservato un effetto significativo della strategia psicosociale di generazione del terrore che ha conseguenze importanti: il fatto di non fare denunce e l'aumento della sfiducia nelle persone e nelle istituzioni, fomentata per di più dall'esistenza di segnalazioni e accuse, campagne di odio, incitamento alla violenza e ostacoli giuridici esistenti".

Punto 33: "Abbiamo verificato un grave deterioramento al livello sociale e la sfiducia che la gente nutre nelle istituzioni, cosa che sta mettendo in serio pericolo le vie per una partecipazione democratica. Dato l'alto grado di violenza sociale imperante è possibile che la strategia di controllo sociale utilizzata finisca per generare reazioni di maggior intensità e violenza. Questa sfiducia nelle istituzioni e l'impunità con cui hanno agito nei fatti descritti in questo dossier, rendono difficile il dialogo delle parti in conflitto".

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Nel dossier vengono annotate tre forme specifiche e acute della repressione: verso i difensori dei diritti umani ("attacchi mirati, persecuzioni, minacce, aggressioni, campagne di diffamazione, criminalizzazione delle loro azioni"), verso le donne e verso le persone e i popoli indigeni. Nelle conclusioni della commissione si legge:

Punto 39: "La commissione ha documentato diverse e numerose aggressioni verbali, fisiche e sessuali (stupri, taglio di capelli, percosse, obbligo di svestirsi, piegamenti sulle gambe, ecc.) verso le donne per la loro condizione di genere. Le conseguenze sono state particolarmente gravi perché hanno provocato, in casi documentati, danni fisici, psicologici e sociali come, ad esempio, aborti traumatici".

Punto 41: "Nelle regioni di Valles Centrales, Mixteca, Sur e Costa e nella zona triqui è stato constatato un aumento della presenza dei corpi militari, di gruppi civili armati e di bande armate, in alcuni casi comandati da cacicchi e presidenti municipali, che aggrediscono, assassinano, sequestrano, perseguono e minacciano di morte la popolazione (comprese le donne e i bambini), provocando in alcune comunità dislocamenti con la conseguente frattura sociale e disgregazione familiare".

Sulle conclusioni qui riassunte, il dossier preliminare della Commissione Civile Internazionale di Osservazione dei Diritti Umani propone in 18 punti le sue raccomandazioni, come misure necessarie per trovare delle soluzioni a questa situazione. Per la lettura completa del dossier rimando alla pagina web della commissione: http://cciodh.pangea.org

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A pagina 28 de La Jornada di ieri, 21 gennaio 2007, è comparsa la seguente notizia, proveniente dal municipio di San Blas Atempa, Oaxaca, datata il 20 gennaio:

"Alla presenza di più di 50 agenti della polizia ministeriale e preventiva, 200 abitanti della comunità Tierra Blanca del municipio di San Blas Atempa, hanno linciato un presunto rapinatore. 'Questo è stato un ammonimento, chi avesse intenzione di venire a rubare qui farà la stessa fine', hanno dichiarato gli abitanti. Secondo gli stessi, il soggetto, identificato con Joel Gallegos Jiménez, di 30 anni, aveva rapinato un negozio di alimentari di proprietà di Héctor Escobar". L'uomo è stato "picchiato, trascinato e rinchiuso nella Casa de Salud, dove è stato denudato".

Alle tre del pomeriggio sono arrivati i funzionari giudiziari e una sessantina di poliziotti per recuperare il prigioniero. Tuttavia, continua la notizia, "un'ora più tardi gli abitanti hanno legato e appeso con una corda al collo il presunto rapinatore. Fuori della Casa de Salud si è sentito solo un urlo di dolore e la gente ha gridato: 'L'hanno già incoronato, adesso possono portarselo via'".

A pagina 30 della stessa edizione de La Jornada, compare un'altra notizia: l'autotrasportatore Albano Ramírez Santos, arrestato alla fermata Indios Verde del Metro, è stato portato in un'agenzia del Ministero Pubblico su una volante della Segreteria di Pubblica Sicurezza del Distretto Federale. Illeso quando è stato fermato, a quanto comunica il personale del Metro, Albano Ramírez è stato picchiato all'interno della volante durante il tragitto, ha perso conoscenza ed è arrivato morto, con quattro costole rotte: causa della morte, secondo questa notizia, trauma cranioencefalico e toracico. Un altro morto nella "terra di nessuno".

Due notizie, in un solo giorno, di una guerra allo stato embrionale tra autorità e popolazione nella vita quotidiana di questa società. Contro questo scenario è necessario leggere l'allarmante dossier della Commissione Civile Internazionale.

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A titolo assolutamente personale mi rivolgo da qui allo scrittore Carlos Monsiváis, alla senatrice Rosario Ibarra, al pittore Francisco Toledo e al vescovo emerito Samuel Ruiz, che hanno sostenuto il dossier della CCIODH, per chiedere che, dall'autorevolezza di cui godono davanti ai settori significativi della nostra società, sentano l'urgenza e trovino i modi e le forme per lanciare una campagna di mobilitazione per la difesa incondizionata dei diritti umani nel nostro paese e per la diffusione di massa delle conclusioni della Commissione Civile Internazionale.

(traduzione a cura di radio silvanetti - rovato)

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