il manifesto - 21 luglio 2007
«Encuentro de los pueblos», il ritorno di Marcos
Cominciato in Chiapas il secondo «incontro dei popoli» tra gli zapatisti e il resto del mondo. Con il Sub forse in calo di popolarità ma certo in crescita di ragioni, e gli italiani a farla da padrone: almeno in mille nella Selva Lacandona
Gianni Proiettis

Oventic (Chiapas) - Preceduto da un Encuentro entre campesin@s del mundo, celebrato giovedì nella Universidad de la tierra di San Cristobal de Las Casas, si è aperto ieri a Oventic il secondo Encuentro de los pueblos zapatistas con los pueblos del mundo.

I partecipanti, che a colpo d'occhio sembrano più numerosi di quelli del primo incontro di gennaio, hanno occupato la valle che ospita l'auditorio della Junta de buen gobierno con una colorata tendopoli, vera Babele di lingue e nazionalità.

Il primo giorno di questo nuovo incontro zapatista, che durerà fino al 28 luglio e si traserirà prima a Morelia e poi a La Realidad, è trascorso fra cerimonie di benvenuto, accreditazioni, incontri e reincontri. Fra i partecipanti stranieri, più numerosi o comunque più visibili dei messicani, il contingente italiano dominato da Ya Basta è davvero impressionante. Dopo lo tzotzil e lo spagnolo, l'italiano è la lingua più ascoltata, forse anche per una questione di volume.

Nei prossimi giorni in differenti tavole di lavoro si metteranno a confronto problemi, esperienze e lotte di centinaia di militanti e organizzazioni di tutto il mondo, che hanno in comune l'opposizione alle politiche neoliberiste e l'interesse per la pratica dell'autonomia zapatista. I temi: salute, istruzione, organizzazione delle comunità, lavoro collettivo, lotte delle donne, autonomia, buon governo e bilancio del processo di costruzione dell'autonomia.

Molti dei partecipanti sono interessati non solo alla discussione dei temi politici e all'esperienza di quattro anni di costruzione dell'autonomia zapatista, ma vengono anche a proporre - o continuare - progetti di cooperazione con i cinque caracoles, le sedi delle Juntas de buen gobierno.

Sotto questo aspetto, la solidarietà e il sostegno materiale che vengono dall'estero sembrano più rilevanti e costanti dell'appoggio nazionale. Un effetto della schiacciante crisi economica che pesa sui messicani o l'inizio di un certo disincanto nei confronti del movimento zapatista? Difficile da dirsi.

Quello che è certo è che la posizione del subcomandante Marcos, che durante la campagna elettorale dell'anno scorso si dedicò ad attaccare principalmente il candidato del centro-sinistra Andres Manuel Lopez Obrador, gli ha alienato molte simpatie. Fra gli ex-simpatizzanti c'è perfino chi lo accusa di aver facilitato con il suo atteggiamento la divisione della sinistra e la gigantesca frode elettorale che ha portato alla presidenza il candidato della destra Felipe Calderon.

Ma il fatto che Marcos, ormai con un principio di pancetta, non attiri più - almeno in Messico - folle entusiastiche di sostenitori non deve trarre in inganno. Lo zapatismo e Marcos, anche se quest'ultimo ha avuto e ha un ruolo di tutto rilievo nel movimento, non vanno confusi: il processo dell'autonomia nei municipi zapatisti, dopo che l'Ezln ha fatto un passo indietro a favore dell'amministrazione civile dei territori, marcia sulle proprie gambe. E quelle degli indios, abituati a scalare montagne con grandi pesi in spalla, sono gambe solide.

Certo, se il subcomandante facesse oggi una marcia alla capitale come quella del 2001 - la famosa Marcha color de la tierra, «la più grande manifestazione antirazzista della storia del Messico» secondo lo scrittore Carlos Monsivais - difficilmente convocherebbe le molte centinaia di migliaia di simpatizzanti che corsero allora ad acclamarlo.

Ma questo si deve anche al fatto che i problemi del momento - un governo illegittimo che usa la forza militare per reprimere i movimenti sociali come quello di Oaxaca, una crisi economica dalla quale non si scappa se non con l'emigrazione illegale, una serie di provvedimenti legislativi dettati dagli Stati Uniti e dagli organismi finanziari internazionali - hanno relegato in secondo piano il movimento indigeno e le sue rivendicazioni.

L'impero del narcotraffico e delle multinazionali si sta estendendo e rafforzando nel paese, coadiuvato da un governo spurio che, appoggiandosi all'esercito e all'estrema destra internazionale, ha buttato la carota e usa sempre più spesso il bastone.

D'altra parte la risposta popolare, affidata finora a movimenti locali di lotta e resistenza, si sta strutturando rapidamente e, sotto i colpi della repressione, assume sempre più una dimensione nazionale. L'incontro zapatista di questi giorni, oltre a dar vita a un momento di analisi e riflessione, porterà sicuramente al centro dell'attenzione i temi più roventi dell'attualità messicana e servirà come tribuna internazionale per denunciare la gravità della situazione che vive oggi il paese.

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