INDAGINE CONOSCITIVA SULLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO
Audizione del dirigente del Centro per i Diritti Umani «Fray Bartolomé de Las Casas», monsignor Raúl Vera López
Commissione Esteri 21 marzo 2007

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla violazione dei diritti umani nel mondo, l'audizione del dirigente del Centro per i diritti umani «Fray Bartolomé de Las Casas», monsignor Raúl Vera López. Do il benvenuto a monsignor Vera López, che ascoltiamo molto volentieri. Gli do quindi la parola per lo svolgimento della relazione.

RAÙL VERA LÓPEZ, Dirigente del Centro per i diritti umani «Fray Bartolomé de Las Casas». Vi ringrazio molto. Tenterò di utilizzare il poco italiano che ho imparato: grazie ai tre anni di studi svolti qui e alla vicinanza che ho da lungo tempo con l'Italia, mi rimane ancora un po' di conoscenza della lingua. Vi ringrazio di cuore per avermi concesso questa opportunità, perché siamo molto preoccupati per la situazione del Messico.

Sono presidente del Centro di animazione per le missioni indigene e pochi giorni fa ci siamo riuniti con circa 60 persone, tra cui alcuni che lavorano con gli indigeni, ma il 70 per cento era costituito da indigeni. Abbiamo ascoltato numerosi racconti che testimoniano come nel Messico si stia diffondendo verso la popolazione un atteggiamento ufficiale caratterizzato da durezza e da - non trovo un'altra parola - autoritarismo. Comincio da un episodio recente.

Tre settimane fa un gruppo di militari, che adesso sono ovunque per fronteggiare il narcotraffico - e si rivela estremamente pericoloso che i militari assumano il ruolo proprio della polizia nella questione del narcotraffico -, in una comunità dello stato di Veracruz chiamata Zongolica ha assalito un'anziana di 78 anni e l'ha violata. Quest'anziana era un'indigena che controllava il suo gregge di pecore, parlava il nahuatl e nella sua lingua ha raccontato l'accaduto agli indigeni che l'hanno trovata. È stata ricoverata prima in un piccolo ospedale, successivamente sono intervenute le autorità e l'hanno portata in un ospedale più grande, ma la signora è morta dopo meno di 24 ore dalla violenza. È stata avviata un'indagine investigativa e pochi giorni fa il Presidente della Repubblica ha pubblicamente affermato che la signora sarebbe morta a causa di una gastrite molto avanzata.

Sin dall'inizio del regime di Calderón, l'esercito ha rivestito un ruolo molto importante per lui, e lo stesso presidente ha sorpreso l'opinione pubblica vestendosi da militare. Poche settimane dopo la sua elezione, è apparso totalmente vestito in abiti da campagna - non solo il cappello, ma anche la giacca e tutto il resto. È stata un'immagine molto negativa.

La percentuale di aumento del salario dei lavoratori messicani non è arrivata neanche all'1 per cento, mentre all'esercito egli ha aumentato lo stipendio del 10 per cento. Questi messaggi sono molto pericolosi.

L'11 luglio dello scorso anno, poco dopo le elezioni presidenziali tenutesi il 2, nel villaggio di Castagnus, nella mia diocesi, una notte un gruppo di venti militari, che sorvegliava le schede delle votazioni, si è recato in una zona dove si trovano prostitute - in Messico si chiamano «zona di tolleranza» - e ha costretto le donne a sottostare ai suoi voleri, obbligandole a ballare e violandole. Due donne hanno raccontato di essere state violentate contemporaneamente una da tre soldati e l'altra da cinque. Sono donne della mia diocesi, con le quali ho parlato direttamente tre giorni dopo; ho ascoltato tutto il racconto, e come diocesi, insieme con il centro dei diritti umani presente nella diocesi, abbiamo protestato e informato dell'accaduto i gruppi per la difesa dei diritti umani a livello internazionale. Abbiamo convinto queste donne a sporgere denuncia, e, in seguito a questa denuncia, sono andati in carcere otto soldati. Era la prima volta che soldati violentatori finivano in prigione.

Vi racconto questo perché attualmente siamo alla fine del processo: una delle donne si è presentata in tribunale e ha dichiarato che una mia collaboratrice le avrebbe offerto 200 pesos, che equivalgono a 20 dollari, circa 17 euro, perché dichiarasse di essere stata violentata. Esiste però la documentazione della violenza, con le prove, le verifiche ed i testimoni necessari. Le ragazze non volevano sporgere denuncia, però le abbiamo convinte poco dopo l'accaduto.

È molto strano che, un giorno dopo la vicenda di Zongolica in cui un'anziana è stata violentata sempre da soldati - la notizia è stata diffusa a livello nazionale confrontando i due episodi -, questa ragazza, che prima non voleva presentarsi in giudizio, si sia presentata ed abbia accusato la diocesi attraverso una persona che le avrebbe offerto soldi per dichiarare il falso. La ragazza accusa anche un'avvocatessa, che appartiene ad un gruppo di difesa delle donne, di averle dato 50 dollari per lo stesso motivo. Abbiamo saputo che questa ragazza aveva ricevuto molto danaro per dichiarare questo, ma tutto ciò in seguito alla vicenda di Zongolica. È molto spiacevole l'atteggiamento a cui stiamo assistendo da parte dei militari.

Per quanto riguarda la questione del narcotraffico, si è aperto il fuoco tra i militari ed i narcotrafficanti, ma narcotrafficanti stanno rispondendo, uccidendo molte persone. Questa mi sembra una questione molto delicata.

L'atteggiamento del Presidente di appoggiarsi all'esercito è stato evidente immediatamente, all'indomani delle elezioni. È stato redatto anche l'elenco di quante volte sia apparso insieme all'esercito, di quante volte abbia pranzato o fatto colazione in compagnia dei militari. Questo è molto pericoloso, ma viene motivato con la consapevolezza del Presidente di essere arrivato debole alle elezioni, come testimoniano numerosi indizi di brogli.

Nella mia diocesi ho appreso notizie molto chiare direttamente dalle persone che sono andate a denunciare i fatti a Torreón, città importante dove c'è un'altra diocesi, ma che si trova nello stesso Stato, Coahuila. Torreón ha due distretti elettorali in cui sono stati allestiti mille seggi. Un avvocato mio amico - non perché sia di Saltillo, ma perché sua moglie, mia cara amica, è dello Stato di Guerrero, dove sono stato vescovo per 8 anni - è venuto insieme ad un altro avvocato a sporgere denuncia. Hanno controllato i verbali di ogni seggio, in una settimana hanno revisionato mille verbali. Questo ragazzo mi ha detto che 400 verbali erano stati manomessi, perché riportavano o più voti o meno voti, ovvero la somma finale delle schede di questi seggi non corrispondeva al numero dei votanti. Hanno quindi riscontrato una differenza di 6 o 7 voti in più o in meno, laddove è noto come il signor Calderòn abbia vinto solo per 1-1,5 voti in ogni seggio.

Questo fatto è emerso senza che io abbia indagato, solo perché sono miei amici, li ho incontrati e mi hanno raccontato di essere stati in Coahuila, a Torreón, e di aver sporto denuncia.

Nella sede di Saltillo, dove vivo, sono accaduti altri due episodi. Soltanto 2 deputati del PRI hanno vinto in Coahuila. Uno di loro ha ricevuto la notizia che aveva vinto con un numero preciso di voti, ad esempio 100, e non ha creduto a questo numero: «Cento? Almeno ditemi 105, 102, 93! No, non vi credo». Nel distretto gli hanno quindi proposto di prendere a campione 3 seggi dove aveva vinto e 3 dove aveva perso, di aprire le urne e di contare le schede. E nei 6 seggi aveva vinto.

Le elezioni dunque sono avvenute in questo modo. Alla fine l'istituto elettorale aveva annunciato che erano state già contate le schede nel 99,6 per cento dei seggi, per 39 milioni di votanti; prima avevano comunicato che aveva votato il 59,9 per cento dei votanti. Quelli dell'opposizione, che stavano perdendo, hanno rilevato come il 59,9 per cento equivalesse a 42 milioni, laddove invece si stavano riportando i dati di 39 milioni di votanti, quindi ne mancavano altri 3 milioni. Il giorno dopo le elezioni, l'istituto elettorale ha subito dichiarato che non si trattava di 3 milioni, ma di 2,5 milioni di voti che erano dubbi, per cui erano stati accantonati. Perché non è stato detto subito? Era stato detto che era stato computato il 99,6 per cento dei voti. Ho studiato ingegneria e quindi conosco un poco di statistica.

Risulta che la differenza tra Felipe Calderòn e il suo oppositore Lopez Obrador durante tutto il conteggio non è arrivata a superare il 4 per cento iniziale. Dopo, infatti, si è ridotta all'1 per cento ed è finita allo 0,58 per cento, ma per la maggior parte del conteggio è rimasta nella media dell'1 per cento. Hanno poi comunicato il risultato dei 2,5 milioni di voti: il 38 per cento per il partito della coalizione, il 34 per cento per il partito rivoluzionario e il 28 per cento per Calderón.

Quella sera tornavo dal deserto e avevo con me la calcolatrice: ho calcolato come quei 2,5 milioni di voti rappresentassero il 5,9 per cento dei voti totali e ci fosse totale disparità rispetto alle percentuali ricavate dal conteggio fatto al computer, che aveva evidenziato una differenza dell'1 per cento. Considerando come ad un gruppo di conteggio rapido sia sufficiente l'8 per cento per valutare l'intero sistema, poiché avevamo un campione del 6 per cento da cui si evincevano dati totalmente opposti, ho capito che avremmo avuto guai con queste elezioni. La mia interpretazione dell'attuale situazione del Messico è che Calderón non si senta sicuro e perciò stia appoggiandosi all'esercito.

L'obiettivo di perseguire i cartelli del narcotraffico deve essere affiancato da una campagna di detenzione delle persone che si occupano del riciclaggio del denaro, perché i cartelli non potrebbero raggiungere questo potere nel paese se non godessero della copertura di alti funzionari. Si rileva dunque un apparato d'immagine. Tutti lamentiamo la situazione e un eccessivo potere assunto dall'esercito, aspetto che ritengo il più grave.

Ho portato qui un elenco: il caso di Atenco, che voi senz'altro conoscete bene, il caso di Lydia Cacho, il caso di Guahaca, nella mia diocesi il caso della miniera Pastas de Conchos, in cui sono stati sepolti 65 minatori il 19 febbraio dell'anno scorso. A un anno di distanza, i corpi non sono stati ancora estratti. Con il dipartimento pastorale del lavoro, che ho presieduto fino allo scorso novembre e di cui sono ancora membro, abbiamo compiuto un enorme sforzo per riuscire a far capire come stanno le cose. Nella miniera si diceva sempre: i minatori sono i colpevoli perché sono imprudenti, e per questo le mine esplodono. La mina è esplosa il 19 febbraio dell'anno scorso. Abbiamo condotto un'indagine con i minatori e abbiamo evidenziato come la miniera fosse totalmente fuori regola: l'organizzazione responsabile della miniera non aveva ottemperato alle norme di sicurezza, motivo per cui, al momento dell'esplosione, è crollato tutto. Se anche qualche minatore fosse rimasto solo ferito, non sarebbe uscito dal tunnel della miniera, perché non aveva un'impalcatura di acciaio: gli archi erano tutti separati, non avevano alcuna struttura di collegamento tra loro, che, in caso di esplosione, permettesse lo scuotimento evitando il crollo. Tali condizioni sono emerse dalla nostra indagine.

Finalmente, dopo tredici mesi è stato spiccato un mandato di cattura per cinque impiegati, ma nessuno dei padroni della miniera è stato citato, anche perché quattro consiglieri d'amministrazione fanno parte della fondazione in favore dei poveri Vamos Mexico, fondata dalla moglie del Presidente Fox, Martha Sahagùn. Poiché si trattava di suoi compagni, non è stato fatto niente contro di loro. E noi abbiamo protestato fortissimamente.

Questa situazione evidenzia come la questione dei diritti umani sia ancora priva di un referente etico solido.

Il signor Calderon ha promesso di essere il Presidente dell'occupazione. Qual è la prima cosa che succede? Il salario minimo scende a meno dell'1 per cento. E tutti abbiamo detto: è così che c'è l'occupazione?

Un altro aspetto molto delicato di cui siamo testimoni nella parte nord è il trattamento riservato ai ragazzi che migrano dall'America Centrale e che devono attraversare il Messico. Prima del mandato presidenziale di Calderon, questi giovani migranti godevano di una certa libertà. Si spostano soprattutto in treno e la polizia ferroviaria, che non dipende più dallo Stato ma da privati, viola le ragazze e le butta persino dal treno. Abbiamo accolto tanti mutilati; quattro anni fa tre ragazzi sono stati uccisi nella mia zona. I soldati all'ingresso della frontiera meridionale violentano la maggior parte delle donne.

Tutto questo avviene da un po' di tempo. Posso fornirvi un film, a cui ho collaborato per far conoscere questa sofferenza.

L'istituto nazionale che si occupa dell'immigrazione prima svolgeva un ruolo più efficace, ed esisteva una difesa per questi ragazzi, mentre oggi, da quando vige questo regime, effettua solo retate contro i centro-americani, apertamente.

Oggi si riscontra molta durezza. Il segretario di Governo scelto da Calderon è una persona divenuta tristemente famosa per la repressione dei ragazzi che hanno manifestato contro la globalizzazione nell'incontro sull'economia tenutosi a Guadalajara tre o quattro anni fa. Il segretario di Governo ha messo in carcere questi ragazzi, ha violato i loro diritti umani ed è stato accusato di tanti misfatti. È un uomo duro, che usa questi metodi. La diagnosi del CENAMI (Centro nazionale di aiuto alle missioni indigene) è che il futuro per i poveri, nel Messico, sarà ancora più repressivo.

Procedo a ritroso, dal presente al passato.

Quanto ai fatti di Oaxaca, ho ascoltato le sofferenze delle persone, dei civili ingiustamente coinvolti.

Nel caso di Lydia Cacho, sono stati registrati i dialoghi del governatore di Puebla con una persona che la Cacho ha denunciato nei suoi articoli e in un libro perché implicata con un pedofilo che possiede centri turistici e alberghi in cui si offrono ragazzi e bambini per la prostituzione. Esiste una catena di pedofili. La giornalista ha denunciato tutto questo e il governatore di Puebla l'ha fatta prelevare e l'ha minacciata. Esistono registrazioni delle sue conversazioni telefoniche con la persona accusata, in cui il governatore chiedeva che la ragazza fosse messa a tacere; l'interlocutore ha assicurato il suo intervento e il governatore gli ha offerto due bottiglie di cognac. Questo governatore, tuttavia, è stato coperto da tutti i deputati del PRI nel Congresso, quando è stato chiesto un giudizio politico e si esigevano le sue dimissioni. Il suo è un atteggiamento dittatoriale di continua violazione dei diritti umani.

In seguito all'episodio di Oaxaca, 365 organizzazioni sociali si sono coalizzate contro di lui.

Avevano cominciato i maestri ma, poiché è intervenuto contro di loro, 365 organizzazioni sociali si sono schierate contro di lui, a favore della promozione di quel popolo, perché esiste una forte tradizione indigena a Oaxaca e tanta gente lavora per combattere la povertà diffusa. Queste organizzazioni avevano inutilmente chiesto aiuto al governatore. Quando i maestri hanno chiesto di equiparare i loro stipendi nelle tre o quattro zone più povere a quelli del resto della nazione, e il governatore ha inviato la polizia contro di loro, le organizzazioni hanno dato vita alla famosa APPO, un'organizzazione popolare del popolo di Oaxaca.

Una commissione di senatori si è recata a Oaxaca per verificare la situazione: hanno visto qual è la situazione, sono tornati. Ma un'altra volta il PRI non ha lasciato che si dichiarasse la sospensione dei poteri del governatore. È stato ucciso un giornalista nordamericano, hanno telefonato al Presidente Fox, che non voleva - o almeno così afferma -, ma ha inviato la polizia federale preventiva. E hanno fatto quello che hanno fatto. Si dice che a difendere strenuamente l'organizzazione fosse la gente della strada, gente priva di futuro che però si è sentita solidale in questa faccenda. Si dice sia stato impressionante. Persone abituate a dormire in strada, vedendo altri come loro manifestare, hanno cominciato ad aiutarli e, quando è iniziata la repressione, sono rimaste schierate in prima fila. È stata una reazione molto interessante.

Una giornalista di Saltillo, zona molto conservatrice - e non so perché mi abbiano mandato lì, forse per vedere se mi convertivano -, mi ha detto che quanto stava capitando lì era inimmaginabile.

Comunque, l'aspetto per me più grave in questo momento è che il nostro Governo si stia configurando come fascistoide. Lo dico. È questo che posso dire. Sono a vostra disposizione per eventuali domande.

RAMON MANTOVANI. Grazie per la testimonianza, monsignor Raúl Vera López. Durante il suo discorso, lei ha citato alcuni avvenimenti che questa Commissione conosce. Non è la prima volta che il Centro per i diritti umani «Fray Bartolomé de Las Casas» entra in contatto con questa Commissione e con la Camera dei deputati. Già nella scorsa legislatura due vostri rappresentanti hanno svolto qui un'audizione. E il Comitato di collaborazione con il Parlamento messicano ha incontrato a San Cristóbal de Las Casas una delegazione del vostro Centro. Lei ha fatto riferimento ad alcuni episodi specifici noti al Governo e al Parlamento italiani: il caso di Atenco, il caso di Oaxaca, anche il noto caso di pedofilia. Altre sue riflessioni, sebbene interessanti, non possono essere considerate materiale di lavoro per questo Comitato, perché esso non ha competenza per discutere della natura dei risultati elettorali o anche di scelte politiche del Governo messicano quali la questione salariale.

Collegandomi con le sue considerazioni, vorrei porle una domanda precisa. Se non ho frainteso, lei ha rilevato come, a partire dalle ultime elezioni, ci sia stato un lento ma inesorabile utilizzo dell'esercito per funzioni proprie della polizia, e come questo abbia determinato precise violazioni dei diritti umani. Inoltre, se ho capito bene, in Messico continua il noto fenomeno dell'arbitrio di alcuni poteri che risultano inattaccabili e impermeabili a qualsiasi inchiesta, dal basso o dall'alto, come nel caso del governatore di Oaxaca che, in modo conclamato, si è reso responsabile di gravi violazioni dei diritti umani nel suo Stato, senza tuttavia essere rimosso né dalle autorità giudiziarie, né dalla Presidenza della Repubblica.

Vorrei che lei approfondisse un altro aspetto, sul quale mi interessa la sua opinione.

Negli ultimi mesi e nelle ultime settimane si assiste ad un incremento delle denunce di violazione dei diritti umani nello Stato del Chiapas. Lei è stato vescovo di quella diocesi, dopo l'emerito vescovo Samuel Ruiz, nel periodo della guerra di bassa intensità, ovvero dell'escalation di attacchi da parte dei militari nei confronti delle comunità indigene non allineate con il governatore dello Stato e con il Governo centrale. Per un periodo, sotto la Presidenza di Fox, questo stato di aggressività e di durezza è andato diminuendo, mentre a me risulta che negli ultimi tempi sia aumentato. Le chiedo pertanto notizie precise su quanto sta avvenendo nello Stato del Chiapas.

Qualora il suo Centro se ne fosse occupato, inoltre, le chiederei di fare il punto su un altro aspetto che il Parlamento italiano ha sempre tenuto sotto osservazione, ovvero sul fenomeno delle centinaia di donne uccise o fatte sparire nella zona di frontiera con gli Stati Uniti, soprattutto nello Stato di Chihuahua, nella città di Ciudad Juàrez. Vogliamo continuativamente monitorare questa vicenda.

Poiché fra poche settimane una delegazione della Commissione esteri si recherà in missione in Messico, dove avrà interlocuzioni a tutti i livelli con le autorità, con i partiti di opposizione e possibilmente anche con parti della società civile e del mondo dell'intellettualità, le chiedo di specificare questo anche al fine di agevolare tale nostro lavoro.

PRESIDENTE. Do nuovamente la parola a monsignor Raùl Vera Lòpez per le risposte ai quesiti posti.

RAÙL VERA LÓPEZ, Dirigente del Centro per i diritti umani «Fray Bartolomé de Las Casas». Mi impegno a farvi pervenire una precisa documentazione da parte del Centro per i diritti umani «Fray Bartolomé de Las Casas» su questa situazione di violazione dei diritti umani.

Da quanto ho potuto capire, il signor Fox siglò con l'esercito un accordo per diminuire la sua aggressività, ma la guerra di bassa intensità non è finita e la strategia dell'esercito in Chiapas non è eliminata, ma solo attenuata. All'inizio della presidenza di Fox, venne annunciato che sarebbero state tolte le armi ai paramilitari.

C'è stato un primo tentativo vicino a Monte Libano. L'azione doveva essere compiuta congiuntamente dall'esercito, dal personale della procura generale di giustizia e dalla polizia statale. La notte prima, l'esercito e la polizia statale si sono rifiutati di andare e, quindi, sono andati soltanto i membri della procura generale di giustizia, che, sebbene tutto dovesse avvenire in segreto, sono caduti in un'imboscata dei paramilitari. Quando hanno tentato di allontanarsi, hanno trovato un distaccamento dell'esercito messicano con un camion che sbarrava la strada; sono andati a chiedere all'esercito di toglierlo, ricevendo solo un rifiuto. Grazie a Dio, uno di loro ha soltanto perso un occhio. Questo ci ha dimostrato come la guerra di bassa intensità fosse mantenuta dall'esercito.

Si rilevano abusi contro i diritti umani. In questo momento non ho con me la documentazione, ma questa sera stessa parlerò al presidente perché ve la faccia pervenire in tempi rapidi.

Lei mi domandava del «femminicidio» che ha sconvolto il paese, ma non è il solo posto dove questo accade.

Anche a Torreón, città di lavoratrici, avvengono femminicidi, come anche in altri posti. Una mia conoscente, Guadalupa Morfin, persona molto giusta e coerente, che difende i diritti umani e ha lavorato a lungo in organizzazioni non governative, ha potuto fare poco o quasi niente. Ciò avvalora l'ipotesi che vi siano implicate organizzazioni internazionali, anche perché si tratta di una zona di frontiera, e che questo debba essere collegato al commercio del sadismo, perché sono stati trovati film con queste ragazze come protagoniste. Si ipotizza un commercio che coinvolga anche persone molto ricche, probabilmente legate al Governo, ed è per questo che sembra una questione irrisolvibile.

Ritengo che, nella fase verso cui stiamo andando, si moltiplicheranno le prove di forza più che di intelligence, e che, senza una pianificazione articolata in base a criteri razionali, in Chiapas si assisterà ad un regresso. Anche nel caso di Castagnus, si sta andando indietro. La questione è molto delicata.

Quando ho appreso della possibilità di quest'audizione, mi sono chiesto cosa avrei dovuto dire.

Ora ritengo che ai parlamentari messicani dobbiate domandare quali siano i piani per il Messico, ovvero se siano piani di controllo o di promozione del soggetto sociale. Può sembrare una decisione di tipo politico. Tuttavia, se avrete questo incontro e se vi premono i diritti umani, ritengo che dobbiate domandare quale sia la futura pianificazione del paese, perché il signor Presidente si limita a ribadire promesse. Fa tante dichiarazioni e dice: faremo qui, faremo là. Però le promesse rimangono tali. Ciò che si sta facendo vedere è la forza.

Nel caso di Castagnus, la mia collaboratrice, accusata di aver dato dei soldi per testimoniare il falso, in questi ultimi giorni ha ricevuto strane telefonate in cui le vengono chiesti nomi di militari. Sperimento anche nelle persone vicine una sorta di paura. Per questo ho fatto riferimento alle elezioni, che hanno fatto affermare questo regime senza chiarezza. E il fatto che i governanti si sentano insicuri provoca dubbi profondi.

In questi giorni ho ricevuto una mail in cui mi si informa della difesa di tre indigeni accusati di appartenere ad un gruppo terroristico. Colei che li difende più strenuamente è stata minacciata - chiaramente, ho tutto nel mio computer - di morte in questi giorni; le hanno fatto sentire piccole esplosioni come minaccia. Si tratta di una donna che difende i diritti umani. Quando lavoravo al caso di Castagnus, anch'io ho ricevuto telefonate in cui mi dicevano: stai prendendo il biglietto. È un modo di dire. Biglietto sta per: viaggiare lontano. È un fatto.

Ho vissuto un altro episodio. Si è detto: questi soldati possono essere liberati. E io ho rilasciato dichiarazioni.

In un paese, io e l'autista siamo stati inseguiti da una jeep che voleva bloccarci. Per fortuna, abbiamo una buona macchina. Quando sono arrivato nella mia diocesi, infatti, ho subito chiesto una macchina in grado di correre, perché almeno tre volte ho dovuto correre molto in Chiapas, l'ultima volta dieci giorni fa.

Si comincia a configurare la forza, la minaccia. Sono stato a Lima all'inizio di febbraio; appena tornato, sulla porta dell'aereo una persona in uniforme mi ha chiesto il passaporto, affermando che ci trovavamo in una situazione da codice rosso. Non avevo pronto il passaporto, mi sono arrabbiato e ho protestato, affermando che il Messico sta diventando una dittatura.

Ve lo racconto solo per spiegarvi cosa mi sta capitando in questi giorni. E questo non è un buon segno. In questo momento, ritengo che voi dobbiate rimanere con questa immagine, consapevoli di come non soltanto agli indigeni del Chiapas, ma a tutti i messicani ci si volga con lo stesso intento repressivo.

PRESIDENTE. Ringrazio monsignor Vera López per la sua testimonianza. L'onorevole Mantovani ha già sottolineato come il nostro Comitato si occupi dei diritti umani e non abbia competenza per esaminare questioni legate a risultati elettorali o a valutazioni politiche generali, sebbene i limiti della questione dei diritti umani siano difficili da definire.

RAÙL VERA LÓPEZ, Dirigente del Centro per i diritti umani «Fray Bartolomé de Las Casas». Non ho chiesto questo, non cerco questo...

PRESIDENTE. Per correttezza, devo ricordare che ad ottobre, in sede di Consiglio d'Europa, ho partecipato ad una discussione sulle elezioni messicane che si è conclusa con una decisione quasi unanime di riconoscimento del valore di quelle elezioni.

I temi sollevati da monsignor Vera López sono di drammatica importanza e attualità, perché siamo al centro della condizione umana moderna, quando si parla della condizione delle donne, del loro trattamento, del problema dei migranti, della condizione del lavoro e della sua esposizione al rischio della vita.

Su tali temi dobbiamo intervenire, per quanto è nelle nostre limitate possibilità, e ritengo questa la sede opportuna per conoscere e diffondere le testimonianze.

Come ricordato dall'onorevole Mantovani, a maggio una delegazione della Commissione esteri, di cui questo Comitato fa parte, si recherà in Messico: ritengo che quella sarà una sede molto importante di confronto, di raccolta, di verifica di informazioni.

L'audizione odierna ha contribuito a porre alcune domande e a preparare alcune verifiche che potranno essere compiute anche attraverso quella missione.

RAÙL VERA LÓPEZ, Dirigente del Centro per i diritti umani «Fray Bartolomè de Las Casas». Vi ringrazio, anche perché quando mi avete contattato credevo sarebbe stato impossibile essere ascoltato da voi in tempi così brevi.

[Newsletter n. 2 del 26/04/2007 dei parlamentari di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea in commissione esteri della Camera dei Deputati rifondazione_esteri@camera.it]

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