La Jornada - 21 febbraio 2007
Specialisti allertano sulle ripercussioni mondiali della politica di George W. Bush
Negli Stati Uniti esiste un ampio consenso inedito sulla convinzione che si perderà la guerra in Iraq
JOSÉ ANTONIO ROMAN
La società statunitense sperimenta per la prima volta un "ampio consenso" sul fatto che il suo paese stia perdendo la guerra in Iraq, senza nessuna prospettiva di vincerla - ha affermato la direttrice del Programma per l'America del Centro di Relazioni Internazionali, con sede in Nuovo Messico, Laura Carlsen. "La Casa Bianca si sente sempre più isolata e senza direzione".
Partecipando alla conferenza La sconfitta dell'occupazione statunitense in Iraq, organizzata da La Jornada e da Casa Lamm, la specialista ha chiarito che sono molti gli indizi dell'opinione degli statunitensi: le inchieste nelle quali il 60% dei consultati è contro la guerra; il numero crescente di alti comandi militari, inclusi dei generali, che hanno espresso il loro disaccordo ad inviare ancora altre truppe; le esortazioni del Congresso a George W. Bush affinché ordini il ritiro delle truppe dall'Iraq e la sconfitta repubblicana nelle passate elezioni intermedie che sono state viste come un referendum sulla guerra in Iraq.
Tuttavia, Laura Carlsen ha lamentato che questo notevole cambiamento della società statunitense non si traduca ancora in un ampio movimento contro la guerra, e che molti non abbiano una visione chiara di ciò che quel conflitto rappresenta.
"C'è un vero caos nel governo degli Stati Uniti: non c'è consenso e non si sa dove andare. Nei settori più conservatori ci sono pure delle chiare divisioni e davanti al chiaro fallimento delle sue strategie, il presidente Bush rafforza il suo discorso di inviare più truppe, fatto che dimostra l'insensibilità della Casa Bianca e la mancanza di volontà di ammettere le realtà politico-militari sian Stati Uniti come in Iraq" - ha detto la specialista dell'organizzazione non governativa che realizza analisi indipendenti.
Al convegno di lunedì era presente come invitata speciale Susana Aguayo, la madre del soldato messicano-statunitense Agustín Aguayo, incarcerato in Germania per aver rifiutato di combattere in Iraq. Insieme a Laura Carlsen c'erano John Saxe-Fernández e Gilberto López y Rivas, come moderatore Angel Guerra.
Saxe-Fernández ha parlato di questa guerra di occupazione in Iraq come della pratica di una politica coloniale, in cui le azioni degli Stati Uniti acutizzano la destabilizzazione ed il disordine, non solo in Medio Oriente, ma pure su tutto il pianeta.
Ha messo in discussione l'autenticità della presunta minaccia di Al Qaeda contro Venezuela, Messico e Canada, in quanto fornitori di petrolio per gli Stati Uniti, perché quella minaccia non comprende l'Arabia Saudita che è la principale nazione che vende greggio al vicino del nord.
Angel Guerra ha detto che questa azione militare statunitense deve vedersi come una "guerra globale di classe".
Ha sostenuto che i dati più recenti dimostrano che praticamente le truppe di quel paese "stanno diventando pazze" davanti alle azioni della resistenza irachena.
Per lui l'occupazione in Iraq impegna molto il governo statunitense, mentre in America Latina avanzano movimenti inediti di massa che, con varie sfumature, vanno a sinistra, come nel caso del Venezuela, dell'Argentina, del Brasile, della Bolivia, dell'Ecuador, del Nicaragua e, come si spera, anche del Paraguay.
Il perredista Gilberto López y Rivas ha segnalato che l'azione bellica USA ha provocato migliaia di morti e lo sfollamento di quasi 4 milioni di iracheni fuori dal loro paese. A tutto questo, già di per sé condannabile, si somma pure la persecuzione di professori universitari, intellettuali, scrittori e pensatori, oltre all'enorme perdita dell'importante patrimonio culturale della regione che subisce una distruzione ed un vero saccheggio, situazione di cui si parla molto poco.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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