La Jornada - 19 marzo 2007
Oltre al latifondo, l'esproprio di grandi imprese
Il recupero di terre in Chiapas è il risultato delle leggi agrarie zapatiste
La normativa rivoluzionaria prevede la protezione dell'ecosistema ed ordina di punire chi lo maltratta
HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Ocosingo, Chis, 18 marzo - Il processo di recupero di terre da parte di indigeni di organizzazioni indipendenti del Chiapas, iniziato grazie all'insurrezione armata del 1994, è stato ed è il risultato della "Legge agraria rivoluzianaria" resa nota dall'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) nel dicembre 1993 col suo organo informativo El despertador mexicano.

Di fronte all'attuale conflittualità riguardante alcune di quelle terre causata da gruppi filogovernativi (di cui alcuni segnalati come paramilitari) che non le occuparono o ne occuparono delle altre, è pertinente ricordare quella legge che può essere proprio letta come un programma che si è già, almeno in parte, realizzato.

"La lotta dei contadini poveri in Messico continua a reclamare la terra per quelli che la lavorano. Dopo Emiliano Zapata e contro le riforme all'articolo 27 della Costituzione messicana, l'EZLN riprende la giusta lotta del campo messicano per terra e libertà" - dicevano allora i ribelli che promulgarono la legge "col fine di normare la nuova ripartizione agraria".

Questa norma si propone di essere valida "per tutto il territorio messicano a beneficio di tutti i contadini poveri e braccianti agricoli senza che importi la loro filiazione politica, il credo religioso, sesso, razza o colore", e colpirà "tutte le proprietà agricole ed imprese agropecuarie nazionali o straniere".

Specifica come passibili di recupero agrario tutte le estensioni che eccedono i 100 ettari di cattiva qualità e/o i 50 di buona. Ai proprietari le cui terre oltrepassano questi limiti "saranno tolte le eccedenze (..) consentendo loro di rimanere come piccoli proprietari o di unirsi al movimento contadino di cooperazione, società o terre comunali".

Non sono soggette a recupero le terre comunali, ejidali o di cooperative popolari, anche se eccedono i limiti della legge.

"Le terre recuperate saranno ripartite fra i contadini senza terra e braccianti agricoli che lo sollecitino, in proprietà collettiva per la formazione di cooperative, società e/o collettivi di produzione agricola e/o di allevamento. Le terre recuperate dovranno essere lavorate in collettivo", aggiunge il testo zapatista.

"Hanno un diritto primario di sollecito i collettivi di contadini poveri senza terra e braccianti agricoli che possano dimostrare di non possedere nessuna terra o solo terra di cattiva qualità".

Per lo sfruttamento della terra a beneficio di contadini e braccianti, il recupero di latifondi e monopoli agropecuari include macchinari, fertilizzanti, cantine, risorse finanziarie, prodotti chimici e consulta tecnica, che "devono passare nelle mani di contadini poveri e braccianti agricoli, con speciale attenzione ai gruppi organizzati in cooperative, collettivi e società".

Si raccomanda ai gruppi beneficati da questa legge di dedicarsi preferibilmente "alla produzione in collettivo degli alimenti necessari per il popolo messicano", tra i quali: mais, fagioli, riso, ortaggi e frutta e l'allevamento di animali da cortile ed all'elaborazione dei relativi derivati.

Dobbiamo pure ricordare che nel 1993 i ribelli prevedevano un prolungato scenario bellico: "in tempo di guerra, una parte della produzione delle terre toccate da questa legge si destinerà al sostegno di orfani e vedove di combattenti rivoluzionari ed al sostegno delle forze rivoluzionarie".

Applicata su scala locale - cioè, nelle regioni dove attualmente ci sono i popoli autonomi in resistenza -, la legge tiene in conto l'espropriazione delle grandi imprese agricole per essere amministrate in collettivo dagli stessi lavoratori.

Ci sono pure delle restrizioni: "non si permetterà l'accaparramento individuale di terre e di mezzi di produzione. Si preserveranno le zone selvatiche vergini ed i boschi e si faranno campagne di rimboschimento. Le sorgenti, i fiumi, le lagune ed i mari sono proprietà collettiva del popolo messicano e saranno protetti evitando l'inquinamento e punendo il suo mal uso".

Scartando l'applicazione di tasse "per i contadini che lavorano in collettivo, ejidatari, cooperative e terre comunali", la legislazione disconosce pure "tutti i debiti che per crediti, imposte o prestiti contratti da contadini poveri ed operai agricoli col governo oppressore, con stranieri o con capitalisti".

Quasi 14 anni dopo, davanti al sostenuto avanzamento del neoliberalismo e della denazionalizzazione di risorse e territori, il programma di questa legge zapatista (come quello della molto celebrata "Legge rivoluzionaria delle donne") sembra conservare tutta la sua validità per i popoli indigeni e per i contadini di tutto il Messico.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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