Lettera di David Venegas Reyes
Prigioniero Politico nel Carcere Centrale di Santa Maria Ixcotel di Oaxaca
Consigliere della APPO, membro di VOCAL e aderente a La Otra Campaña

Santa Maria Ixcotel - 17 Aprile 2007

Sono prigioniero nel carcere di Santa Maria Ixcotel, nella mia cittá, Oaxaca. Sono entrato in carcere per un'accusa inventata di possesso di droga: i membri della polizia che mi hanno arrestato mi hanno picchiato e volevano fotografarmi con la droga in mano, ma non ci sono riusciti.

Dopo due lunghe giornate nelle celle della PGR- UMAN (Procuradoria General de la Republica – Unidad Mixta de Atención al Narcomenudeo), sono stato spostato in questo carcere, per scoprire di essere accusato adesso, anche di sedizione e di altri crimini contro la societá oaxaqueña, come l'incendio doloso della Corte di Giustizia del 25 novembre scorso.

Non c'é bisogno che io ribadisca a questo popolo coraggioso e degno che tutte queste accuse sono false, visto che sappiamo tutti troppo bene a che giochi sporchi ricorre il governo per vendicarsi di coloro che lottano per una società giusta, degna e fraterna.

Durante questi giorni, i miei compagni non hanno sentito nessun lamento da parte mia e voi da fuori mi avete appoggiato. Mi hanno raccontato delle azioni che sono state portate avanti per esigere la mia libertà e quella degli altri prigionieri politici del movimento della APPO e delle altre lotte. Vi ringrazio.

In questi momento sto conoscendo una nuova fase della Comune di Oaxaca. La fraternità e la solidarietà scavalcano e superano le mura delle carceri, vi sento vicini: la mia famiglia, i miei amici e questo gran popolo, grande per il suo cuore, per le sue speranze e per la sua intelligenza. Non trovo parole per dirvi ciò che il vostro sostegno e le vostre proteste hanno significato per me in questi giorni e se potessi darei a tutti un grande abbraccio. Forse la vicinanza dei nostri cuori può esprimere ciò che le parole non sono in grado di fare: la mia gratitudine e il mio amore.

Avverto una grande felicità sapendo che le mobilitazioni continuano e continueranno; dobbiamo continuare a lottare, senza odiare coloro che ci sottomettono, noi che sappiamo di essere nel giusto non abbiamo bisogno di cercare nelle rovine che l'odio lascia nel cuore le ragioni per continuare a lottare. In ogni volto antico, in ogni canto, in ogni graffito che appare clandestinamente nella notte, in ogni bambino, in ogni striscione e in ognuno di noi prigionieri esistono le ragioni fraterne per continuare a lottare: vi invito a non abbandonare mai questa lotta.

Così come nessuno meglio di una madre sa ciò di cui ha bisogno il figlio, ogni individuo, collettivo, villaggio, città e quartiere sa cosa serve per vivere una vita migliore. Il nostro destino é nelle nostre mani. Il mio incarceramento dimostra, in tutta la sua crudezza, come il governo reprima sistematicamente il movimento di Oaxaca; ma a fronteggiare la repressione c'é la mobilitazione e spero che la stanchezza delle nostre gambe e delle nostre gole non fermi mai l'intensità delle richieste di libertà e giustizia per tutti – sia per quelli dentro che per quelli fuori dalle prigioni.

Sono profondamente commosso dall'opportunità di poter comunicare con tutto il popolo di Oaxaca, degno della sua ribellione. Le mura di questa prigione tengono rinchiuso solo il mio corpo, ma il mio spirito continua ad essere con il vostro, rafforzando il morale della ribellione, della libertà e della autonomia. Gli slogan che avete urlato e che ho sentito arrivare da fuori del carcere, hanno raggiunto la mia cella e rimangono incisi nel mio cuore.

Spero che arrivi fino a voi, non come un gatto che furtivamente si arrampica sui muri, ma come un gigante che le va demolendo, la profondità della mia convinzione che questa é una lotta giusta e che alla fine vinceremo.

David Venegas Reyes
"Alebrije"

(traduzione a cura del Comitato Chiapas di Torino)

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