La Jornada - 17 gennaio 2007
Militari degli Stati Uniti chiedono la fine della guerra
Soldati in servizio attivo e riservisti invitano il Congresso a premere per il ritorno delle truppe
DAVID BROOKS – CORRISPONDENTE

New York, 16 gennaio - Più di mille effettivi delle forze armate degli Stati Uniti hanno presentato oggi una petizione al Congresso per il ritiro di tutte le truppe e le basi USA dall'Iraq, con un atto senza precedenti di dissidenza organizzata nelle file militari.

"Come statunitensi, patrioti orgogliosi di servire la nazione in uniforme, sollecitiamo rispettosamente i nostri leader politici al Congresso ad appoggiare il pronto ritiro di tutte le forze militari e basi dall'Iraq. Rimanere in quel paese non servirà e non ne vale la pena. È ora che le truppe statunitensi ritornino a casa" - è scritto nella petizione, firmata da più di mille soldati in servizio attivo e riservisti con per lo meno un turno di servizio attivo in Iraq.

Questa petizione è la manifestazione della crescente ira e dello scontento nelle file militari. Iniziata da Liam Madden, un marine di 22 anni e dal marinaio Jonathan Hutto, di 29, è stata posta in Internet (nel sito www.appealforredress.org) con l'invito a firmare ai loro compagni dell'esercito, della forza aerea e della marina.

In poco più di due mesi le firme sono diventate decine di migliaia. La maggioranza delle firme sono di soldati in servizio attivo e di riservisti, ma figurano alcuni ufficiali superiori, inclusi alcuni colonnelli. È "il movimento più significativo di soldati organizzati e dissidenti negli Stati Uniti dal 1969, quando 1.366 membri attivi delle forze armate firmarono un appello di una pagina intera sul New York Times richiedendo di finire la guerra in Vietnam" - segnala il giornalista Marc Cooper in The Nation.

Eugene Fidell, presidente dell'Istituto Nazionale di Giustizia Militare, lo definisce così: "semplicemente, senza precedenti".

L'Appello per un Rimedio (Appeal for Redress), come formalmente si intitola questa iniziativa, ha utilizzato una legge federale che permette che militari in servizio attivo possano inviare una comunicazione ad un legislatore federale su qualsiasi tema senza incorrere in nessuna rappresaglia, a patto che nel momento in cui lo facciano non siano in uniforme o in servizio. Così si proteggono da possibili accuse di insubordinazione e di violazione delle norme di condotta castrense.

Tuttavia, tutti sanno che firmare tale dichiarazione è pericoloso, in particolare per coloro che aspirano ad una carriera nelle forze armate.

"Con la recente chiamata per aumentare le truppe in Iraq, il Congresso dovrebbe ascoltare quelli di noi che siamo stati lì e che subiranno direttamente questo cambiamento di politica" - ha dichiarato oggi Hutto.

Il suo collega il sergente dei marines Madden ha aggiunto: "Stanno tradendoci. I nostri sforzi sono sfruttati perché viene impiegato in azioni illegali ed immorali".

Madden ha ribadito oggi la sua richiesta che il Congresso ascolti le truppe ed i veterani dell'Iraq ed ha chiesto la sospensione del finanziamento della guerra perché "le truppe stanno morendo mentre i politici stanno parlando e discutendo".

Ieri, in una conferenza stampa hanno annunciato che oggi si presenteranno al Congresso per consegnare la petizione e le firme. Il sergente Jabbar Magruder, della Guardia Nazionale, con al suo attivo un servizio di 11 mesi a Tikrit, ha dichiarato che "i soldati desiderano resistere, vogliono ritornare ora a casa. Abbiamo bisogno che i cittadini ci appoggino".

Il rappresentante federale James McGovern, a cui è stata consegnata la petizione, ha dichiarato che la passerà al segretario della Camera perché sia pubblicata nella relazione legislativa ufficiale. Ha affermato che "queste truppe stanno rischiando la loro carriera" ed ha detto loro: "vi apprezzo per il vostro coraggio".

La petizione è stata pure consegnata al rappresentante liberale Dennis Kucinich che ha promosso un piano per il ritiro della presenza militare statunitense.

Il rappresentante John L. Lewis, una delle figure di spicco che ha partecipato alle storiche marce organizzate per l'assassinio del reverendo Martín Luther King negli anni '60, ha dichiarato che queste truppe "hanno esercitato il loro diritto costituzionale alla libera espressione ed hanno messo in discussione una guerra ingiusta".

Rappresentanti di altre organizzazioni di dissidenti della guerra, come Veterani dell'Iraq contro la Guerra, Famiglie Militari si Esprimono, Veterani per la Pace ed altre associazioni pacifiste erano presenti per sostenere i promotori dell'iniziativa.

Hutto e Madden hanno detto che venendo a conoscenza della storia della resistenza dei soldati dissidenti in Vietnam, hanno scoperto le modalità per manifestare la crescente opposizione alla guerra dei loro compagni.

Non è la prima espressione di dissidenza nell'ambito militare. In realtà, vari generali ed ammiragli ritirati si sono già pronunciati apertamente contro la conduzione della guerra del presidente George W. Bush durante gli ultimi mesi, mentre s'intensificava il dibattito nazionale sul conflitto.

I due generali incaricati della guerra appena sostituiti da Bush avevano detto che esisteva un consenso assoluto tra i comandanti del campo di battaglia dell'Iraq che un incremento del numero delle truppe non è una soluzione utile.

Ma tra i ranghi più bassi c'è uno scontento che si esprime sempre di più in pubblico. Si conoscono casi di soldati che hanno ricusato di eseguire ordini in Iraq e di famiglie di riservisti che hanno inviato migliaia di firme in protesta per i lunghi turni di combattimento.

Ci sono versioni di costanti diserzioni, di soldati che sono scappati in Canada e casi di militari che hanno dichiarato che non possono obbedire agli ordini per ragioni di principio.

Uno di essi, il tenente dell'esercito Ehren Watada, che fra meno di un mese affronterà un processo militare per essersi rifiutato di andare in Iraq, visto che la considera "una guerra illegale" e la sua partecipazione lo obbligherebbe a commettere "crimini di guerra", sta chiedendo che si esprima pubblicamente il ripudio alla politica bellica di Bush.

"Il popolo statunitense ha il potere di mettere fine a questa guerra" - ha dichiarato la settimana scorsa in un forum nell'università di Seattle. "Gli argomenti usati contro di me sono gli stessi che hanno usato 30 anni fa. Il Vietnam è ora l'Iraq".

(a cura del Comitato Chiapas di Torino)

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