La Jornada – Domenica 16 dicembre 2007
Sono d'esempio per costruire "dal basso senza entrare in un vicolo cieco"
Attivisti internazionali: L'EZLN e le giunte di buon governo sono l'alternativa
Marcos, criticando governanti e leader del PRD: "stiamo parlando dei nostri carnefici" - Peter Rosset afferma che "è in corso un processo di appropriazione della natura come non si era mai visto"
BLANCHE PETRICH E HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristóbal de las Casas, Chis., 15 dicembre - Di fronte al portavoce ed ideologo dello zapatismo il subcomandante Marcos, un teorico dei movimenti di resistenza belga, Francois Houtart, e due organizzatori di movimenti di massA, Ricardo Gebrim, del Movimento dei Sim Terra del Brasile, e Peter Rosset, di Vía Campesina, hanno riconosciuto nell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e le sue giunte di buon governo, l'alternativa del futuro per costruire "dal basso e senza entrare in un vicolo cieco" nuove forme di lotta per affrontare il capitalismo ed i suoi effetti di distruzione della terra e del lavoro.

Questo, nella terza giornata dell'Incontro Internazionale in Memoria di Andrés Aubry, l'intellettuale francese che decenni fa mise le radici in terre chiapaneche e che è stato, per tutti i conferenzieri, un riferimento chiave per i loro studi. Questo sabato, a mezzogiorno, sempre con una grande partecipazione nella boscosa sede dell'Università della Terra, alla periferia di questa città, si è parlato delle opzioni del socialismo del XXI° secolo e del modo in cui il processo delle autonomie zapatiste o "l'antilulismo" del Movimento dei Sim Terra affontano l'attacco del capitale, in cui tutto si compra e si vende, comprese le persone e la natura, ed alle contraddizioni proprie delle nuove e vecchie sinistre.

Houtart, con molto tatto, ha messo il dito nella piaga che pare disturbare molti: l'aperta avversione del subcomandante verso i gialli, i perredisti.

È stato a proposito di quello che il sacerdote belga dell'Università di Lovaina e segretario della Forum Mondiale Alternativo, ha descritto come la sfida del potere mediare e conciliare tra "l'ottimismo antisistema e la necessità di istituzionalizzare le ribellioni". Ed ha affrontato lo spinoso tema di Brasile e Nicaragua.

"È stato difficile per i movimenti in resistenza di questi paesi scegliere di votare per Luiz Inacio Lula dà Silva o per il Fronte Sandinista, nonostante le loro devianze, per evitare l'avanzata della destra, tanto all'interno che a livello regionale. Con tutto il rispetto, mi domando se in Messico un ragionamento simile avrebbe potuto impedire l'ascesa di un governo di destra ed illegittimo". Cauto ha precisato: "È solo una domanda".

Con lo stesso tatto, la domanda non è rimasta senza risposta da parte di Marcos. Quando è arrivato il suo turno ha ricordato che quando gli zapatisti criticano i governanti e leader del PRD "non stiamo parlando di persone in generale. Stiamo parlando dei nostri carnefici, dei nostri persecutori". Ed ha ripreso un tema affrontato più volte. "Se noi avessimo appoggiato l'opzione di destra, oggi ci troveremmo in un gran pasticcio. Noi siamo solo riusciti ad intuire quello che stava succedendo".

Houtart, il primo ad intervenire, ha parlato del fallimento del socialismo del XX° secolo, "che ha dovuto camminare con le gambe del capitalismo" e che non ha raggiunto le minime premesse, come lo sviluppo dell'uso sostenibile delle risorse, di privilegiare il valore d'uso sul valore di scambio, di creare una democrazia generalizzata e di permettere la multiculturalità. Questi sono, ha aggiunto, alcuni degli assi portanti del socialismo del XXI° secolo che, ha osservato, "non potrà essere raggiunto per decreto". Al contrario, ha concluso, le lotte antisistema dovranno non solo criticare ma bensì contrastare "i processi di accumulazione ed i loro effetti distruttivi sulla terra e sul lavoro".

Ricardo Gebrim, del Brasile, ha rilevato che quando nel 2002 l'insieme della sinistra brasiliana raggiunse il suo sogno - Lula al potere - si è esaurito il ciclo nel quale tutti credevano che sarebbe cominciata la trasformazione ed è subentrata la delusione. "Lula non si è mai prefisso di costruire una forza sociale del cambiamento". Nonostante la frustrazione, ha aggiunto, però 25 anni di lotta non si smontano così facilmente ed una parte di quella sinistra, il MST, hanno iniziato un nuovo ciclo riconoscendo "che la democrazia elettorale è un meccanismo di riproduzione dell'imperialismo".

Ha citato l'esperienza bolivariana del Venezuela come "la conquista di una sollevazione per la via elettorale", e quella della Bolivia, "ancora più chiara, un'azione insurrezionale che ha combinato la mobilitazione con la lotta istituzionale". Ha spiegato la nuova fase che vive il MST del Brasile con una consultazione popolare tra i movimenti popolari per cercare di dar vita ad una nuova forma di organizzazione politica al margine del Partito del Lavoro ufficiale. Ed ha concluso con una frase di speranza: "Ogni brutto momento a la sua fine. Bisogna essere preparati e guardare l'orizzonte".

Peter Rosset, del Centro di Studi per il Cambiamento nella Campagna Messicana e frequentatore degli incontri zapatisti, ha ricordato che l'attacco delle multinazionali per appropriarsi delle risorse naturali si è acutizzato nella misura in cui si sono esaurite altre sfere di affari. "Oggi è in atto un processo di appropriazione della natura come non l'avevamo mai visto dal periodo coloniale", ha rilevato. E per raggiungere i propri scopi, il capitale prima caccia la gente dalle sue terre e poi ristruttura i territori.

In Messico, ha citato, ci sono 6,2 milioni di contadini derubati da quando è entrato in vigore il Trattato di Libero Commercio, nel 1994. In Brasile, ogni anno vengono cacciate dalle campagne 200 mila famiglie. In India si sono creati territori speciali enormi, che occupano le migliori terre, per progetti industriali ed agroindustriali. E dove c'è resistenza all'abuso, la risposta dello Stato è la stessa: militarizzazione, paramilitarizzazione, guerra. Inoltre, ha avvertito sull'ultima trappola, che stanno apprestando George Bush, "l'ex compagno Lula" e molti altri governi: le riserve ecologiche che è quello di "svuotare" le comunità rurali per consegnarle a progetti di biotecnologia, turismo o biocombustibili. "Oggi - ha detto - il capitalismo si veste di verde, ma non è altro che parte del genocidio stesso".

Ma a queste tendenze si oppongono, in tutto il mondo, movimenti rurali di nuovo tipo, autonomi, alcuni antisistema ed altri ancora con vincoli istituzionali, ma tutti che provano forme di lotta "che vanno dal pacifismo gandhiano, passando per l'azione diretta, fino, in alcuni casi, alla lotta armata".

Ha citato molti esempi. Il MST, le cui organizzazioni in Brasile abbracciano già una superficie simile a quella dell'Italia, lo zapatismo, l'Associazione dei Contadini di Cuba e movimenti molto diversi come quelli dell'Indonesia, dello Zimbawe, dal Paraguay alla Tailandia, dove si sono organizzati alcuni caracoles di ispirazione chiapaneca.

In sintesi, ha concluso Rosset, "non abbiamo perso la guerra. E non solo, credo che possiamo vincerla".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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