La Jornada – Venerdì 16 novembre 2007
Reportage – A dieci anni da Acteal
Attacco alla comitiva di Samuel Ruiz suscita allarme mondiale
- Il 4 novembre 1997 tre contadini feriti da pallottole - Tre giorni dopo la sorella del vescovo viene aggredita a colpi di martello - I responsabili degli scontri sono i priisti e le loro guardias blancas pagate dal governo, insiste il consiglio autonomo di Polhó giorni prima del massacro - Gli sfollati dalla violenza vivono sotto le intemperie e senza il minimo indispensabile alla sussistenza
HERMANN BELLINGHAUSEN /Parte Dodici

Il 4 novembre 1997 una comitiva in cui viaggiavano i vescovi di San Cristóbal de las Casas, Samuel Ruiz García e Raúl Vera, è attaccata da spari nel municipio di Tila. Sono feriti da colpi d'arma da fuoco i contadini José Pedro Pérez, José Vázquez e Manuel Pérez. L'attentato viene attribuito a Paz y Justicia ma questa organizzazione si dissocia. L'allarme è di portata internazionale. Due giorni dopo, la sorella del vescovo Ruiz García, María de la Luz viene aggredita a martellate e ferita gravemente. Il giorno 7, in maniera inusuale, la comandancia zapatista esprime solidariietà con la diocesi di San Cristóbal ed in un comunicato afferma che gli attentati "hanno l'obiettivo di fare arrivare dall'EZLN un messaggio chiaro: 'Né mediazione, né dialogo, né pace"' (La Jornada, dal 5 al 10 novembre).

Il giorno 10, il consiglio autonomo di Polhó ribadisce: "i responsabili degli scontri a Chenalhó sono i priisti e le loro guardias blancas pagate dal governo". Il dialogo è condizionato alla scomparsa delle guardias blancas ed al ritiro di polizia ed Esercito federale dalle comunità. Ed afferma che "nuovamente sono arrivate minacce e voci che i priisti attaccheranno Polhó" (La Jornada, 11 novembre).

Lo stesso giorno, il municipio priista di Chenalhó "chiede" pubblicamente - mediante uno scritto - ai "dirigenti dell'EZLN ed al PRD" che richiamino i "loro simpatizzanti e militanti affinché incanalino la loro lotta in forma pacifica". Ugualmente, nega l'accusa che gli scontri nel municipio siano stati tra priisti. "Sono quelli dell'EZLN e del PRD quelli che hanno aggredito con le armi i militanti del PRI e del Fronte Cardenista solo perché non volevano affiliarsi alla loro organizzazione". Il municipio ufficiale assicura che "in quattro occasioni abbiamo tentato di parlare" con gli autonomi, ma questi "si sono rifiutati". (Chi ha seguito queste vicende ricorderà che i tentativi di dialogo erano stati interrotti da incidenti e provocazioni governative e gli autonomi non accettavano di parlare stante le condizioni imperanti di paramilitarizzazione, occupazione poliziesca e presenza militare).

A Tuxtla Gutiérrez, il generale Mario Renán Castillo Fernández, comandante della settima Regione Militare, annuncia che sarà sostituito dal generale José Gómez Salazar. L'alto comando uscente afferma che nei tre anni in cui ha svolto l'incarico la lotta al narcotraffico "è stata frontale ed aggressiva, anche s c'è ancora molto da fare", e che i soldati al suo comando non hanno mai violato la Legge per il Dialogo e la Riconciliazione. Sottolinea il "lavoro sociale" delle truppe nelle comunità indigene; molte perfino "lo richiedevano"" (La Jornada, 11 novembre).

La mattina seguente, priisti e cardenisti sparano per il secondo giorno consecutivo sulle case di 18 famiglie simpatizzanti dell'EZLN a Yibeljoj, a pochi chilometri da Polhó, "per non voler cooperare nell'acquisto di armi dei gruppi paramilitari che stanno formando" ( La Jornada, 12 novembre). In un'assemblea, la comunità aggredita decide di non rispondere. Il consiglio autonomo informa che ci sono 455 rifugiati di Tzanembolom, 1.200 di Chimix ed un numero imprecisato di Canolal, Los Chorros, Yaxjemel, La Esperanza e Puebla.

Come riporta questo quotidiano, la situazione è più drammatica di quello che riflettono i volti dei portavoce autonomi di Polhó. Uno di loro ha in mano la denuncia di un anziano che ha appena raccontato gli eventi di Yibeljoj. "E' corso via. Non sa se gli spari hano colpito la sua famiglia", commentano i consiglieri, perché l'uomo era stato sorpreso dalla sparatoria nella sua milpa. Un'impronta digitale firma la sua testimonianza. "Non sappiamo se ci attaccheranno. I priisti ed i cardenisti armati sono a circa 2 chilometri da qui", dice il portavoce, e indica in direzione di Majomut ( La Jornada, 12 novembre).

"La presenza di membri del Partito Cardenista negli attacchi armati risponde alla partecipazione di questo partito nel municipio priista", aggiunge il consiglio autonomo. "Aggrediscono gente anche dei loro". Ed aggiunge che la casa in Majomut del giudice municipale ufficiale, Manuel Pérez Ruiz, "è diventata il quartiere della Pubblica Sicurezza perché lui è coinvolto negli attacchi". Riferisce la partecipazione diretta del funzionario nelle aggressioni contro Las Abejas il 21 ottobre, e gli zapatisti il 29 ottobre. "Il giudice è di quelli che promuovono la violenza".

A Città del Messico, il segretario della Difesa Nazionale, generale Enrique Cervantes Aguirre, ricevendo nei suoi uffici una commissione del Senato, assicura che l'Esercito Messicano "non addestra né fomenta gruppi paramilitari in Chiapas". Il legislatore perredista Carlos Payán Velver contesta al generale segretario la guerra di bassa intensità e la "possibile partecipazione di membri dell'Esercito" nell'addestramento di detti gruppi ( La Jornada, 13 novembre).

Il consiglio autonomo di Polhó tiene un'assemblea alla quale invita il governo ufficiale di Chenalhó, ma questo non si presenta, "perché la sua controparte ha aggredito militanti del PRI" ( La Jornada, 14 novembre). Gli autonomi negano di aver aggredito membri del tricolore a Chimix due settimane prima, asserendo che questo pretesto era una tattica "per non dialogare e continuare a causare violenza", e propongono una riunione congiunta per il prossimo giorno 21.

Serve ripercorrere la cronologia dei giorni seguenti. Il 14 novembre, vicino a San Andrés, sulla strada, in territorio chamula, tre persone scendono da un veicolo in corsa e senza targa ed uccidono il maestro Mariano Ariano Pérez, del PRI, chi aveva espresso pubblicamente il suo disaccordo con le azioni del suo partito a Chenalhó. Due giorni dopo, durante il suo funerale a Yibeljoj, i priisti sparano in aria ed incolpano gli zapatisti del'accaduto. Questi fuggono a Xoyep. Di quella uccisione, il sindaco priista Jacinto Arias Cruz minaccia di morte il parroco di Chenalhó, Miguel Chanteau, in presenza di alcune persone. (La Jornada, supplemento Masiosare, 14 dicembre).

Seguono i giorni di novembre: "17, aggressione e furti da parte di priisti armati in Acteal. 18, in Aurora Chica uccidono alcuni abitanti. A Polhó la Pubblica Sicurezza arresta tre autonomi; uno ha 14 anni. Il giorno 19 ci sono tre desaparecidos a Polhó, tra loro un bambino di nove anni. Diverse case bruciate a Tzalalucum. A partire dal 17 le aggressioni si generalizzano: famiglie perrediste o zapatiste fuggono da 10 comunità. Il giorno 29, coordinati dal Centro Fray Bartolomé (CDHFBC) e dalla Rete dei Diritti Umani Tutti i Diritti per Tutti, diverse ONG visitano il nord del Chiapas e Chenalhó. Constatano la presenza di 700 profughi che vivono alle intemperie vicino a Polhó. Il governatore Julio César Ruiz Ferro parla di 800 profughi in tutta l'entità, ma il suo ufficio comunicazione insiste con la stampa nazionale che sono "solo 500". Sul terreno, si calcola che ce ne sono almeno 3 mila a Chenalhó (ed in aumento) e più di 4 mila nella zona nord.

A sua volta, il CDHFBC riferisce che il giorno 15 è stato assassinato Jacinto Vázquez Luna, a Bajo Beltik, mentre era nella sua piantagione di caffè. "Era padre di tre figli e simpatizzante del municipio autonomo. Il suo cadavere è stato trovato nella sua piantagione di caffè". In seguito, priisti di Los Chorros si scontrano in prossimità di Pechiquil con un gruppo di simpatizzanti del municipio autonomo mentre questi si dirigevano a recuperare il corpo di Vázquez Luna. Il gruppo non riesce a prendere il corpo e ritorna nella propria comunità. Nel frattempo il gruppo priista brucia almeno una casa a Pechiquil".

Il 20 novembre, il municipio autonomo di Polhó invia un comunicato alla Cocopa  (Commissione di Concordia e Pacificazione) ed alla Conai (Commissione Nazionale di Intermediazione) invitandoli ad intervenire nel conflitto. Quel giorno, un gruppo di cittadini ed organizzazioni di San Cristóbal dichiara: "I corpi di Pubblica Sicurezza distaccati nel capoluogo municipale, Puebla, Yaxjemel, Majomut, Los Chorros, Yibeljoj, Jobeltik, Kanolal e Tzanembolom pullulano per le strade e le comunità; si introducono nei campi e seminano il terrore ovunque impedendo alla gente di mietere ed aumentando ancora di più la difficile situazione dei poveri. I poliziotti perseguono la pace e la riconciliazione, come insiste il governo, o piuttosto proteggono ed istigano chi ha interesse a continuare questa guerra civile? Quanti altri morti aspetta il governo prima di affrontare le sue responsabilità?"  

Il giorno 21, membri di Las Abejas chiedono aiuto: 80 famiglie (408 persone) di Yibeljoj "si trovano in una grave situazione per mancanza di medicine, poiché stiamo vivendo a Xoyep senza nessun tipo di aiuto".

È esploso un nuovo grosso problema: gli sfollati, il cui numero cresce in condizioni critiche sotto le piogge invernali, senza tetto, quasi senza vestiti. Senza cibo. Senza medicine. Senza. Senza. Senza.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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