La Jornada – Sabato 15 dicembre 2007
All'incontro Pianeta Terra si discute del rapporto tra queste due forze
EZLN, il movimento più promettente per le femministe, dice Sylvia Marcos
Il Sub racconta del primo scontro tra le donne indigene e quelle della metropoli - Gli USA sono ancora i signori della guerra e "l'impero" è in decadenza: Gustavo Esteva
Hermann Bellinghausen – Inviato

San Cristóbal de las Casas, Chis., 14 dicembre - Non più la "condizione" ma la nuova realtà delle donne oltre il femminismo, ed il loro inserimento nelle lotte di resistenza divenute oggi antisistema, è stato l'argomento-chiave della seconda giornata dell'incontro "Pianeta Terra: movimenti antisistema", per voce della psicoanalista ed attivista Sylvia Marcos e del subcomandante Marcos, che ha parlato del "calendario e la geografia della differenza".

Mentre la prima ha giudicato con ammirazione il movimento zapatista ed il posto che ha dato al suo interno alla lotta delle donne, il portavoce ribelle ha fatto una riflessione sulla relazione critica e lo scontro tra lo zapatismo indigeno del Chiapas ed il femminismo esistente. Ha ammesso che, nel clima dell'altra campagna, la distanza "si è accorciata grazie al lavoro ed alla comprensione delle nostre compagne femministe, in particolare quelle di La Otra Jovel".

L'altro argomento gravitato nella conferenza è stato la lotta della APPO, descritta ed analizzata con veemenza da Gustavo Esteva dalla sua doppia condizione di partecipante alla resistenza oaxaqueña e pensatore indipendente e rigoroso, benché egli si consideri "deprofessionalizzato". Le donne ed il femminismo e le barricate materiali ed organizzative di Oaxaca, la sera di venerdì si sono estese fino alle lotte antisistema ed alla necessità di legarle partendo dalle differenze, come hanno convenuto i conferenzieri con l'intervento di Immanuel Wallerstein nella conferenza inaugurale.

Da un'unità di propositi e di analisi sulle coordinate attuali, le differenze tra i conferenzieri aggiungono sapore all'incontro in memoria di Andrés Aubry. "L'impero" statunitense è in decadenza e sull'orlo della morte, come postulano Esteva e Wallerstein, o è ancora il nemico formidabile e signore della guerra che domina la logica del mercato e non pochi stati, - come sostiene il subcomandante Marcos?

Sylvia Marcos – presentata da Mercedes Olivera con un riconoscimento per il suo contributo al dibattito delle donne - ha riconosciuto che l'EZLN "è il movimento più promettente per le femministe", sottolineando come le donne qui siano avanzate, fino ad inserirsi "a tutti i livelli decisionali". Anticipando quello che dirà poi il subcomandante ribelle, ha sottolineato che l'hanno fatto "senza il tutor del femminismo egemonico", e si è dissociata dal femminismo che circoscrive la sua lotta all'oppressione degli uomini.

Marcos (la psicoanalista) ha ricordato il suo "spasmo" iniziale nel 1994 quando conobbe la "legge rivoluzionaria delle donne" da una "guerriglia indigena", e come da allora ha incorporato in maniera centrale nella sua analisi l'orizzonte di "quelle in basso". Da parte sua, Marcos (il subcomandante) ha detto che se prima aveva parlato "dell'abisso tra teoria e realtà, e della bulimia teorica concomitante in una parte dell'intellighenzia progressista", ora avrebbe parlato di "quel punto della geografia che si pretende scientifica che è il centro dove la pietra concettuale, cioè, la moda intellettuale, cade ed incominciano le onde che colpiranno la periferia".

Queste teorie e pratiche del centro "si estendono alla periferia non solo colpendo pensieri e pratiche, ma anche e soprattutto, imponendosi come verità e modello da seguire". Ha fatto riferimento ai "nuovi" attori sociali (donne, giovani, altri amori) per i quali nascono elaborazioni teoriche e pratiche politiche ed organizzative dal "centro emittente". Così, anche il femminismo si esporta dalle metropoli alle periferie, centro a loro volta di altre periferie.

Ha raccontato i disastrosi contatti iniziali delle femminista urbane con le indigeno ribelli, quando le prime volevano imporre i loro programmi e modi alle zapatiste, come se fossero arrivate a liberarle. "Nemmeno si curavano di accertare se le avevano ascoltate e comprese. Ritornavano nelle loro metropoli, scrivevano articoli, pubblicavano libri, viaggiavano facendo conferenze ottenendo anche incarichi governativi".

Questo "scontro iniziale" segna il rapporto successivo tra donne zapatiste e femministe, "che portò ad un confronto sotterraneo che le femministe attribuirono al machismo verticale e militarista dell'EZLN". Ha affermato che "forse, come Sylvia Marcos nell'Israele delle beduine, capiranno che le zapatiste, come molte donne in molti angoli del mondo, trasgrediscono le regole senza rifiutare la loro cultura, si ribellano come donne senza smettere di essere indigene e zapatiste".

Gustavo Esteva ha fornito al dibattito una lettura critica antiautoritaria del socialismo, che ritiene finito storicamente tanto quanto il capitalismo. Oggi, la lotta anticapitalista si dà "creando spazi autonomi di potere popolare" come si è visto in Chiapas e Oaxaca. Ha invitato a smettere di guardare "il presente come un futuro posposto" ed a "costruire in libertà un mondo nuovo dove stiano i mondi diversi: di questo trattano i movimenti antisistema", ha concluso.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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