La Jornada – Giovedì 15 novembre 2007
REPORTAGE /A dieci anni da Acteal
Gruppi armati di priisti preparavano l'offensiva da ottobre
Violenza e sgomberi crebbero fuori da ogni controllo nelle zone zapatiste

Hermann Bellinghausen - Parte Undici

Alla fine di ottobre del 1997, La Jornada copre costantemente i fatti che si susseguono a Chenalhó e tra continue vicende e complicazioni della situazione i corrispondenti non si danno tregua. Il giorno 28, uno di loro riporta, da diversi punti della geografia della zona quanto segue:  

In mezzo alla strada, di fronte alla comunità di Acteal, due camion di tre tonnellate pieni di indigeni priisti armati ed a volto scoperto bloccano il traffico. Sono 40 uomini venuti da diverse comunità che si preparano, sulla pubblica via, a raggiungere per il secondo giorno consecutivo la comunità di Chimix, dove questo martedì si sarebbe registrato un secondo scontro con simpatizzanti zapatisti.

Nelle montagne di Chimix dalla scorsa domenica 26, ci sono stati scontri tra militanti dei partiti Rivoluzionario Istituzionale e Cardenista contro simpatizzanti dell'EZLN, con un saldo di almeno otto persone ferite.  

"È una bugia che gli zapatisti abbiano teso un'imboscata a membri del PRI. I priisti sono arrivati lunedì accompagnati dalla Pubblica Sicurezza ed hanno aggredito i simpatizzanti zapatisti di Chimix; loro hanno protetto le loro famiglie e si sono difesi", assicuravano Antonio Pérez, Mariano Luna e Domingo Pérez Paciencia, membri del consiglio municipale autonomo di Polhó.

Per i rappresentanti del governo autonomo, le quattro persone ferite - Juan Pérez Hernández, Elías Pérez Pérez, Lorenzo Ruiz Vázquez ed Agustín Pérez Gómez - non furono imboscate, ma risultarono ferite negli scontri. "I compagni hanno risposto per proteggere le loro famiglie, poi sono fuggiti sulle montagne e nelle comunità vicine".  

Nella regione compresa tra la comunità zapatista di Polhó e la comunità cardenista di La Esperanza (già nei confini di Pantelhó) si vive una forte tensione. I simpatizzanti dell'EZLN hanno rafforzato la vigilanza intorno alla comunità dove si trova il consiglio autonomo e, da parte loro i priisti-cardenisti battono le principali strade e mantengono una vigilanza permanente degli accessi alle comunità considerate zapatiste.

La maggioranza delle 400 famiglie - priiste e zapatiste - hanno abbandonato Chimix. Secondo le informazioni fornite da contadini del luogo e dallo stesso consiglio autonomo, circa 170 famiglie hanno abbandonato di nuovo le proprie abitazioni a Yaxjemel, altre 54 sono fuggite da La Esperanza, 30 famiglie da Aurora Chica, circa 300 hanno lasciato Chimix e due dozzine Puebla.  

La maggioranza degli indigeni che sono fuggiti dalle loro comunità per paura di essere aggrediti da gruppi armati - priisti e zapatisti - sono rifugiati nelle comunità di Tzajalchén, Naranjatic Alto, Poconichim e Polhó, nel capoluogo municipale di Chenalhó e nella città di San Cristóbal de Las Casas.

Secondo le informazioni raccolte in giro in diverse comunità di Chenalhó, i gruppi armati priisti - come riscontrato nella comunità di Acteal - erano concentrati da cinque giorni a Bajo Beltic e, secondo il consiglio autonomo di Polhó, si aspetta una forte aggressione dei gruppi paramilitari contro altre comunità zapatiste.

Appello a negoziare

In altre informazioni della stessa data (La Jornada, 29 ottobre) fonti della Procura Generale di Giustizia dello stato informavano che circa 300 poliziotti di Pubblica Sicurezza "hanno messo in moto oggi un operativo di sequestro di armi a Chenalhó per impedire nuovi fatti di violenza". Alla luce dei fatti che non cessarono di verificarsi, il ridicolo operativo non fu mai realizzato.

D'altra parte, rappresentanti dei municipi dei ribelli degli Altos del Chiapas chiesero ai priisti di "riflettere" e "di avvicinarsi per cercare soluzioni pacifiche senza l'intervento del malgoverno e dei suoi funzionari corrotti che vogliono solo che ci siano divisioni e scontri tra indigeni".

In un documento rivolto ai priisti di Chenalhó, i rappresentanti dei municipi autonomi aggiungevano: "Non è giusto che continuiamo ad ammazzarci tra indigeni perché non siamo nella stessa organizzazione, partito o religione", precisavano. Ugualmente, accusavano i presidenti municipali del partito ufficiale di essere i provocatori della divisione tra gli indigeni e di "ingannare i priisti, con tutto il denaro che dà loro il governo, e per questo non gli conviene che ci sia una soluzione".

Gli autonomi assicuravano che "non vogliamo combattere contro i nostri fratelli indigeni, per questo ci siamo trattenuti fino a quando abbiamo potuto, ma se voi ci provocate non ci rimane altra strada che difenderci. Non possiamo stare zitti e buoni".

I fatti precipitano

Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC) scriveva nella sua relazione sui tumultuosi avvenimenti: "Il consiglio autonomo di Polhó ha informato che il 23 ottobre, a bordo di un camion di tre tonnellate, proprietà del municipio di ufficiale, un gruppo di priisti, insieme ad elementi della polizia di Pubblica Sicurezza, ha attaccato con armi da fuoco il signor Manuel Santiz Gómez nella comunità di Las Láminas. Risultato di questa aggressione, 28 famiglie (130 persone) sono fuggite sulle montagne vicine" (Verso il massacro, dicembre 1997).
Il 25 ottobre, "in uno scontro nelle immediate vicinanze di Majomut" sono risultati feriti Mariano Pérez Santiz, Lucio Luna Guzmán, Manuel Vázquez Pérez, Agustín Gómez Negocio, Juan Luna Entzín, Abelardo Girón Luna, Antonio Entzín López, Andrés Santiz Jiménez, Sebastián Gómez Arias, Cristóbal Ruiz Pérez, Miguel Vázquez Vázquez e María Vázquez Pérez. "Tutti loro sembra originari dell'ejido Los Chorros e militanti del PRI e del Partito Cardenista (PC). I feriti sono stati trasportati d'urgenza a San Cristóbal de Las Casas. Alcune delle vittime sono state dimesse lo stesso giorno. L'aggressione è stata realizzata da un gruppo presumibilmente di membri del municipio autonomo. Le autorità municipali autonome lo negano".

La mattina del 27 ottobre un gruppo di paramilitari armati di carabine di grosso calibro, originario di Los Chorros, si è recato a Chimix, nel nord del municipio. "Arrivati nella comunità hanno sparato in aria per spaventare la popolazione. Poi hanno distrutto il negozio di Manuel Pérez Luna e saccheggiato i suoi beni".

Il CDHFBC riporta: "Il giorno dopo, 28 ottobre, gli stessi individui armati sono tornati a Chimix. In questa occasione la comunità li aspettava. Si è registrato uno scontro nel quale, secondo la viceprocura di Giustizia, sono rimaste ferite quattro persone". Il 12 novembre appariva a Chimix il cadavere di Benito Moreno Hernández e la viceprocura informava che aveva perso la vita negli scontri".  

Nella comunità di Canolal, un gruppo di priisti il giorno 27 ha dato fuoco a molte abitazioni ed espulso i simpatizzanti dal municipio autonomo. Gli sfollati si sono rifugiati, sembra, nella comunità di Santa Cruz. Secondo le stime del CDHFBC, in questa occasione si sono spostate circa 1.200 persone.

Il 29 ottobre, Manuel Anzaldo Meneses (membro del comitato statale del Partito Cardenista, presunto "ex guerrigliero", perché non lo fu mai, considerato nella regione come uno dei leader dei paramilitari ed al momento rappresentante di un gruppo, Los Chorros) ha dichiarato alla giornalista Gabriela Coutiño del quotidiano locale filogovernativo Cuarto Poder "che la responsabilità di tutti i fatti violenti è degli zapatisti della regione". Quella stessa data, nelle vicinanze di Majomut, Lorenzo Jiménez viene arbitrariamente catturato da elementi della Pubblica Sicurezza e dal municipale. "Davanti alla protesta degli abitanti ed alla richiesta di mostrare un mandato di cattura, è stato rilasciato".

Il 3 novembre, il municipio autonomo di San Andrés Sakamch'en accusava il governatore Julio César Ruiz Ferro di "armare" i paramilitari e le guardias blancas. Il consiglio informava inoltre che Cirilo Hernández López, il suo segretario municipale, era stato ingaggiato con un compenso di 50 mila pesos, di rubare un veicolo. Egli stesso ammise poi che Marcos Hernández López (presidente municipale priista di San Andrés) "gli disse che all'inizio esistevano 50 guardias blancas, ma che sono aumentate in tutto il municipio nei giorni scorsi e ricevono addestramento militare nella casa di padre Diego Andrés Locket (che si è sempre scontrato con la diocesi indigena di Samuel Ruiz) per attaccare i 'perredisti'. Marcos Hernández ha detto che prima ha ricevuto 100 armi mandate dal governatore dello stato e recentemente ne ha ricevute altre che sono state distribuite, nella notte, nella casa del sacerdote" ( La Jornada, 4 novembre).

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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