Parole del Subcomandante Insurgente Marcos a chiusura della quarta riunione preparatoria
Rancho El Peñasco -
9 ottobre 2007
Buona sera
In tutto questo si tratta di vita o di morte.
Noi siamo l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. E ci siamo posti questa alternativa tra la vita o la morte già quasi 13 anni fa.
Per altri gruppi sociali, l'alternativa è tra il potere, il denaro, o vivere bene.
Per i popoli indios d'America l'alternativa è la scelta tra vivere o morire.
Come popoli di radici maya, i popoli zapatisti hanno affrontato la minaccia di essere sterminati. Non per le bombe, non per le pallottole con cui ci stavano ammazzando, ma per le malattie. Per la miseria e per la povertà. Ma la malattia più pericolosa, quella che ci stava ammazzando di più, è l'oblio.
Per questo dicemmo che ci ribellavamo contro l'oblio. La nostra guerra è una guerra contro l'oblio.
Sul cammino di fuoco che percorrevamo abbiamo incontrato voi e gente come voi. Ed abbiamo scoperto che l'arma della parola era migliore rispetto all'arma da fuoco.
Dal 1994 abbiamo sempre insistito sulla parola, anche se non ci rivolgiamo più a quelli che stanno in alto, ai governi, ma alla gente del basso, come voi.
Poco fa un compagno Tohono Odham ci ha dato questa mappa: È The Human Border, Frontera Compasivas. Se guardate da vicino questa mappa, si vede il territorio Tohono Odham.
Tutti quei puntini che vedete nei loro territori sono migranti morti. Più di mille morti ufficiali e probabilmente il doppio non registrate.
Quando noi, popoli indios, siamo stati messi al mondo, ci è stata raccomandata la vita della natura e della gente.
Ma questo è quello che stanno facendo i governi: stanno trasformando i nostri territori in un luogo di morte.
Per questo motivo, questa è una lotta tra la vita o la morte. E sto parlando del Tohono Odham perché è colui che ci ha ricevuto. Nei viaggi che abbiamo fatto lo abbiamo conosciuto. Ed abbiamo capito ed ammirato il suo apprezzamento per la vita. Non la vita individuale ed egoista, ma la vita nel collettivo, in comune, in comunità.
Mentre i governi di Stati Uniti e Messico non fanno niente per rimediare alla morte che miete, che colpisce i nostri compatrioti che muoiono per attraversare la frontiera, i Tohono Odham e molti gruppi sociali non indigeni cercano di trasformare questo in un progetto di vita e non di morte.
Dopo esserci riuniti qui in questi giorni, domani andremo a Vicam. Lì ci incontreremo con altri popoli indios che non conosciamo e ascolteremo nella loro parola questa alternativa: vita o morte.
Noi diciamo che lottiamo per la terra,
che lottiamo per la vita,
per queste bambine e bambini.
Per renderci forti in questa lotta ci voltiamo a guardare indietro,
al passato,
alle nostre radici,
a quello che siamo stati,
ai nostri anziani,
alla gente che più anni,
agli anziani ed anziane,
alla lingua,
all’abito,
al canto,
alla danza,
a quanto ci rende ciò che siamo.
Mentre da altre parti, là in alto,
si vergognano di quello che sono,
del colore della loro pelle,
della loro lingua,
del sangue che scorre nelle loro vene,
noi popoli indios lo portiamo con orgoglio,
perché quello che altri disprezzano
Significa Vita.
Di questo si tratta questo incontro, compagni e compagne.
In questo incontro c'è gente che non si nota, e noi ci sforziamo sempre di vederli ed ascoltarli, anche se non si vedono e non parlano.
Ribadiamo la nostra gratitudine alla famiglia Monroy, che ha mantenuto la sua parola di alloggiarci e riceverci in questo importante incontro: don Wenceslao, molte grazie.
Il maestro Pastel ed il suo gruppo culturale. L'abbiamo conosciuto fin dalla prima volta che siamo venuti qua ed abbiamo compreso il suo interesse nel cercare le radici e la vita. Blake, che forse, volendolo o non volendo, è stato un ponte molto importante per noi verso i Popoli Indios del Nordamerica. Don José, governatore tradizionale Tohono Odham, che fin dal primo giorno ci ha aperto il suo cuore e ci ha parlato con sincerità.
Ringraziamo i compagni e compagne che hanno redatto le relazioni, quelli che hanno installato questo palco, le luci, l'impianto sonoro, il presentatore e la traduttrice.
Vogliamo ringraziare tutti. Noi pensiamo che questo primo incontro che c'è stato tra noi diventerà più grande ora che ci incontreremo a Vicam con altri popoli.
Qui abbiamo trovato una cosa comune che è difficile trovare.
Qualcosa che ci unisce, che ci rende uguali.
Al mohok, al dakota, al rarámuri.
Ed abbiamo scoperto che ciò che ci unisce è il dolore.
A partire da dopodomani a Vicam, scopriremo che ci unisce anche la lotta per la vita.
È un onore andare a Vicam in vostra compagnia.
Per noi che rappresentiamo gli indigeni zapatisti,
che viviamo e lottiamo
nell’ultimo angolo di questo paese che si chiama Messico.
Molte grazie
Subcomandate Insurgente Marcos
(traduzione del Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)