La Jornada – Martedì 6 novembre 2007
REPORTAGE – A DIECI ANNI DA ACTEAL
 A Chenalhó i primi fatti che sfociarono nel bagno di sangue
 Il rifiuto del dialogo garantì la via paramilitare

 Hermann Bellinghausen - Seconda Parte

A maggio del 1997 a Chenalhó emergono i primi avvenimenti, tenuti in incubazione da mesi dietro, che si sarebbero conclusi sette mesi dopo nell'avvallamento di Acteal con l'esecuzione di 45 persone pacifiche ed inermi, donne e bambini la maggioranza. 

Il fatto più grave quel mese fu l'omicidio di Cristóbal Pérez Medio, il giorno 24 in Unión Yaxjemel, quando un gruppo di priisti tese un'imboscata ad una commissione del municipio autonomo di Polhó che si dirigeva a negoziare la liberazione di tre contadini zapatisti catturato ed imprigionati a Yaxjemel. Mentre i responsabili dell'attacco armato minimizzarono i fatti ed insisterono debolmente sul tentativo di aggressione da parte degli zapatisti, il consiglio autonomo dichiarò che il giorno 18 erano state "fermate" tre basi zapatiste per essersi rifiutate di "pagare" 75 pesos per un presunto passaggio che loro non approvavano: "Li minacciavano che se non cooperavano li avrebbero sistemati, ma loro dissero di no, anche se li avessero ammazzati non avrebbero cooperato, perchè il passaggio favoriva solo gli autotrasportatori" (La Jornada, 25 maggio).

Liberati e ripresi 

I tre indigeni passarono due giorni detenuti, furono liberati per intercessione del consiglio di Polhó e 48 ore dopo, dopo una riunione di priisti di sette comunità a Yaxjemel, dove erano minoranza, li ripresero. "Due li misero in un forno ed un altro legato ad un palo". Gli autonomi chiesero la loro liberazione al presidente municipale ufficiale sostituto di Chenalhó, Jacinto Arias Cruz, del PRI.

Il 24 partì dal capoluogo municipale autonomo una commissione di 16 persone per questo incontro; la guidava il professor Pérez Medio. Quando arrivarono a Yaxjemel, "la comunità era circondata da circa 500 persone del PRI che li accolsero a colpi d'arma da fuoco". Pérez Medio fu catturato e giustiziato sul posto, ma il suo corpo sparì ed a partire da quel momento i priisti avrebbero sistematicamente negato il fatto. Altri due autonomi risultarono feriti, Fidencio Guzmán Arias e José Pérez Arias.

Occupata la comunità dai priisti armati, 350 persone circa dovettero abbandonare le loro abitazioni. Il consiglio di Polhó il giorno seguente dichiarò: "La persecuzione si è estesa, anche compagni di Yabteclum, Puebla e Naranjatic Alto sono scappati perché non vogliono scontrarsi tra fratelli". Da allora cominciò a crescere il fenomeno dei profughi a Chenalhó. Al principio furono di tutti i gruppi coinvolti, poi sarebbero stati solo zapatisti e membri di Las Abejas. Sarebbero arrivati a più di 10 mila; 10 anni dopo, migliaia continuano a vivere lontano dai propri villaggi.

L'autorità municipale autonoma accusò il consigliere Arias Cruz di "provocare gli zapatisti perché dice che li distruggerà. Fu lui a dare le armi a quelli del PRI ed i compagni dicono anche che quelli che li imboscarono erano poliziotti di Pubblica Sicurezza (SP) in abiti borghesi".

Due giorni dopo, il corrispondente di La Jornada andò a Yaxjemel e trovò "una comunità fantasma" nelle mani della minoranza priista i cui membri assicuravano di essere loro ad essere stati aggrediti (La Jornada, 28 maggio), cosa che non si è mai potuta dimostrare. Un simpatizzante del governo nella vicina comunità di Yibeljoj disse: I "miei compagni del PRI mi hanno detto che ci sono tre o quattro morti dei 'contrari' (zapatisti) buttati lì sul monte, ma nessuno li ha visti. I miei compagni avevano visto i 'contrari' andare in montagna a mezzogiorno di sabato, e vedendoli avvicinarsi temevano di essere aggrediti, così gli hanno sparato e c'è stata la sparatoria" (proveniente da una parte sola: non è mai stato provato il contrario).

Due chilometri più avanti, nella colonia Puebla, i reporter trovarono circa 2 mila priisti di Yaxjemel e Poconichim, rifugiati "in attesa di che il governo statale inviasse la Pubblica Sicurezza per difenderli". La notte del 26 la Pubblica Sicurezza entrava a Puebla e riscattava lo zapatista Antonio Pérez Pérez, fermato per essersi rifiutato di cooperare con i priisti per la stessa ragione che scatenò il problema di Yaxjemel (progetto personale del sindaco priista, originario di Puebla e cacicco del trasporto). I rifugiati priisti negarono di aver visto "contrari" morti, mentre tra loro non c’erano neanche feriti. Il governo dello stato negò i fatti.

Il consiglio autonomo sostenne che l'attacco era stato causato dai priisti per giustificare l'entrata della polizia e dell'Esercito Messicano, "col fine di continuare a guadagnare terreno ed accerchiare gli zapatisti perché si arrendessero". C'erano già state aggressioni contro ribelli e simpatizzanti a Yabteclum, Puebla, Chimix e specialmente a Las Limas Chitamucum, nel vicino municipio di Pantelhó, ma da parte degli stessi gruppi del PRI e del cosiddetto Partito del Fronte Cardenista; questi, dopo ripetute minacce, il 22 maggio spararono contro la popolazione, bruciarono nove case, espulsero 85 persone e catturarono Alberto Gutiérrez Núñez e Mateo Hernández Sánchez, membri attivi del municipio autonomo (La Jornada, 23 maggio).

Il consiglio autonomo di Polhó il giorno 27 denunciò che i priisti di Yaxjemel minacciavano i 534 profughi zapatisti "di non lasciarli tornare" al villaggio. Il giorno 28 il consiglio espresse la sua disponibilità a negoziare con i priisti, ma chiese anche "che apparisse Cristóbal Pérez Medio". Quello giorno era annunciata una visita dell'agente del Pubblico Ministero Pubblico a Yaxjemel "per verificare se ci fosse stato realmente un morto" (La Jornada, 29 maggio), ma non arrivò. Invece, 70 poliziotti si appostarono a Puebla per "proteggere i rifugiati priisti" che li avevano fatti chiamare.

Questo aumentò i timori degli autonomi che prevedevano nuovi attacchi "ora che la polizia protegge i priisti", mentre questi segnalavano: "La situazione è più tranquilla perché ci sentiamo più sicuri". Da allora aumentò la persecuzione contro gli zapatisti a Yabteclum, Chimix, Poconichim, Naranjatic Alto. Dalla colonia Los Chorros (bastione filogovernativo, cardenista e priista) e l'ejido Puebla cominciarono a diffondersi le minacce contro gli autonomi.

Tavoli di dialogo

La Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa), composta da deputati e senatori federali, convocò una "riunione urgente" per la "preoccupante" intensificazione della violenza in Chiapas ed il fatto che non si erano stabiliti i tavoli di dialogo annunciati dal governo federale mediante il delegato di pace, Pedro Joaquín Coldwell. Il deputato perredista César Chávez, membro della Cocopa, espose l'allarme dei legislatori per la crescente violenza in Chenalhó, sommata a quella in atto da tempo in Sabanilla, Tila ed El Bosque. Chávez denunciò la "risposta negativa" del governatore Julio César Ruiz Ferro, che impediva l'installazione dei tavoli pomposamente annunciata il 14 maggio da Coldwell, delegato del presidente Ernesto Zedillo (La Jornada, 28 maggio).

La segreteria di Governo chiapaneca, mediante il suo delegato, Rogelio Contreras, il 28 maggio informò che il giorno 31 le parti si sarebbero riunite a Yabteclum. I priisti posero la condizione che l'incontro avvenisse a Yaxjemel, in mano ai priisti armati, mentre il consiglio di Polhó accettava la proposta di Yabteclum, il villaggio "vecchio", allora neutrale, dove risiedeva l'autorità tradizionale degli anziani di Chenalhó. I priisti si rifiutarono.

Il giorno 28, l'agente del Pubblico Ministero Manuel Valdez aveva visitato finalmente Yaxjemel, per cercare il corpo di Pérez Medio. Andò anche a Naranjatic ed intervistò i famigliari dello scomparso che gli confermarono che non l'avevano più rivisto dal giorno del fallito negoziato. Gli zapatisti sostenevano che era morto ma i priisti lo negavano sistematicamente. I resti sarebbero apparsi a settembre a Poconichim.

Elementi rivelatori

Il giorno 30, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC) rivelò elementi per spiegare sia l'escalation dei priisti sia la loro reticenza a dialogare con gli autonomi (La Jornada, 31 maggio). Per il resto, tale atteggiamento sarebbe stato sostenuto dai filogovernativi fino all'ultimo tentativo di dialogo, il 19 dicembre di quell'anno, quando il massacro di Acteal era stato messo in moto per essere consumato tre giorni dopo.

Mariano Arias, portavoce dei priisti, smentì le accuse: “I ‘contrari’ dicono che insieme al cibo che ci manda il presidente municipale (per i profughi a Puebla) ci sono le armi, ma questo è falso” (La Jornada, 1º giugno).

Secondo nuove prove (La Jornada, 31 maggio), il CDHFBC collocava l'origine dei fatti di Yaxjemel in un incidente accaduto il 12 maggio, quando lavoratori della Commissione Federale di Elettricità arrivarono nel quartiere di Petum Pale per tagliare l'energia elettrica alle famiglie autonome in resistenza. Queste si opposero e "sequestrarono" materiale dell'ente parastatale. Quindi i priisti picchiarono il padrone della casa dove si trovava il materiale che consegnarono al sindaco Arias Cruz. Questi, "a ringraziamento, diede loro diversi cartoni di birra".

Durante la “festa”, affermò il CDHFBC, il sindaco disse ai suoi correligionari "che dovevano organizzarsi per altre azioni e chiese loro di raccogliere tutte le armi disponibili". Il giorno 18 fermarono i tre zapatisti a Yaxjemel; il 21 assediarono per due giorni quattro famiglie zapatiste di Puebla; il 23 sequestrarono lì 29 famiglie "che si rifiutavano di allearsi coi priisti", ed il 24 assassinarono e fecero sparire Cristóbal Pérez Medio.

Maggio si concluse senza nessuna negoziazione. D'ora in poi, differire, abortire ed impedire le negoziazioni tra filogovernativi ed autonomi sarebbe stato il marchio di fabbrica dei governi statale e municipale priisti. La via paramilitare era garantita.

[Errata corrige: Nell'articolo di ieri si menzionano le elezioni "del 1995" per eleggere il governatore del Chiapas. Si deve correggere in 1994]

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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