La Jornada – 5 settembre 2007
A rischio la salute degli sfollati - allertano ONG del Chiapas
Elio Henríquez e Ángeles Mariscal - Corrispondenti

La salute dei 33 indigeni sgomberati dalla polizia della riserva dei biosfera Montes Azules il 18 agosto è a rischio, in particolare quella dei bambini e delle due donne incinte" - denuncia la Rete per la Pace, composta da 19 organizzazioni non governative (ONG) del Chiapas. Per il momento, gli sfollati rimangono in un rifugio provvisorio nel municipio di La Trinitaria, in un immobile che era stato un postribolo dal nome Las Vegas.

La Rete per la Pace chiede in un comunicato che si garantisca "immediatamente" alle famiglie sgomberate "le proprie necessità di base, comprese alimentazione, assistenza medica e vestiti, mentre si risolve la loro situazione".

Il 18 agosto, più di 200 poliziotti statali e federali, con personale della Marina del Messico, avevano sgomberato con la forza 39 indigeni abitanti i villaggi di Nuevo San Manuel ed El Buen Samaritano, da anni nella riserva dei Montes Azules.

Come risultato di questa operazione, sei uomini sono stati incarcerati nella prigione di El Amate, con l'accusa di presunti reati contro l'ambiente e di spoliazione di terre. Le 33 persone restanti –26 minorenni- sono state portate nel vecchio postribolo di La Trinitaria, vicino all'immondezzaio municipale.

Le ONG che compongono la Rete per la Pace hanno espresso la loro "profonda preoccupazione perché con lo sgombero si sono violati i diritti umani riconoscenti in accordi, patti e trattati internazionali firmati dal governo messicano".

Richiedono ai governi federale e statale che, nel quadro dei Principi che reggono gli Spostamenti Interni dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, accettati dal Messico, si restituiscano i diritti delle famiglie indigene sgomberate, si garantiscano indennità o riparazione dei danni causati.

Richiedono pure che si ritirino le accuse e si liberino i sei detenuti, "tenendo conto delle ragioni che li forzarono ad occupare queste terre e che si cancelli definitivamente qualunque altro nuovo sgombero di comunità collocate nella Riserva della Biosfera dei Montes Azules".

"Una soluzione di forza non risolve assolutamente le cause strutturali che stanno all'origine della distruzione ecologica della regione ed invece crea nuovi risentimenti ed offese di carattere sociale".

Chiedono ancora alle autorità che informino, consultino ed accordino coi popoli indigeni collocati in territori suscettibili di essere dichiarati riserve ecologiche, le strategie per la conservazione culturale ed ecologica di quei territori.

Tra le organizzazioni che firmano il documento ci sono: i Centri dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas e Fray Pedro Lorenzo de la Nada, il Centro dei Diritti della Donna e Maderas del Pueblo del Sudest.

Al momento, le segreterie della Riforma Agraria (SRA) federale e quella di Sviluppo Sociale del Chiapas, incaricate della riubicazione e della instaurazione di progetti di sviluppo per sfollati dei villaggi della selva, si sono rifiutati di assumersi la responsabilità del destino delle famiglie, che dal loro sgombero dai villaggi El Buen Samaritano e Nuevo Salvador Allende, hanno solo ricevuto alimenti ed un tetto, ma nessuna medicina né altri tipi di assistenza.

Arrivare al luogo per parlare con loro, o permettere loro di andarsene non è neppure possibile, poiché poliziotti municipali di La Trinitaria ed effettivi della Polizia Statale Preventiva chiapaneco -armati pure di AR-15 - impediscono qualsiasi spostamento.

Attraverso fessure tra le assi del rifugio temporaneo, Lázaro Ruiz Jiménez, di 17 anni, ha spiegato che le autorità hanno consegnato loro un po' di alimenti, soprattutto latte, che non è facile per loro consumare visto che non sono abituati a quel tipo di prodotti.

"Non c'è molto cibo e fa molto freddo e non sappiamo ancora dove ci porteranno, perché nessuna autorità si è avvicinata a vederci per dirci che cosa ci succederà" - ha spiegato Lázaro.

Parte degli aiuti che hanno ricevuto gli sfollati dei Montes Azules era stata donata dall'organizzazione cattolica Caritas: acqua, scarpe, secchi e giocattoli per i bambini.

Alle domande sul destino di queste famiglie, personale della SRA ha risposto ufficiosamente che per la dipendenza non c'è possibilità né di riconoscere il diritto alla terra dove abitavano, né di dotarli di nuovi terreni da altre parti.

La fonte ha segnalato che una volta che gli abitanti dei villaggi El Buen Samaritano e Salvador Allende hanno accettato la ricollocazione, la SRA ha dato per concluso il caso e l'ha passato al governo dello stato affinché procedesse nel caso che qualcuno avesse deciso di fermarsi all'interno della selva: in questo caso le 33 persone sgomberate.

Da parte sua, la segretaria di Sviluppo Sociale del Chiapas, María de Los Ángeles Cruz, ha spiegato che la dipendenza a suo carico non ha mezzi per assegnare nuove terre agli indigeni, per cui la sua azione si limita a rifornirli di alimenti.

In questo caso, la Segreteria di Governo del Chiapas sarebbe l'incaricata di dare un'alternativa a queste famiglie, in modo che quando sia permesso loro di muoversi in libertà, abbiano dove rifugiarsi e desistano dal ritornare nella selva - ha sostenuto la fonte della SRA.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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