La Jornada – Venerdì 4 maggio 2007
Gilberto López y Rivas
Sedena: il manuale della repressione

Prima che i legislatori di estrema destra equiparassero, nelle recenti riforme al Codice Penale, la lotta sociale al terrorismo, in base ai loro interessi di classe ed alle loro inclinazioni imperialiste, la seconda sezione (Servizi Segreti Militari) dello Stato Maggiore della Segreteria della Difesa Nazionale Sedena), nel Manuale dei tumulti civili pubblicato nell'ottobre del 1991, aveva classificato i movimenti di opposizione e protesta sociale come "gruppi antagonisti o elementi sovversivi che approfittando della situazione imperante portano avanti azioni di proselitismo a loro favore, col fine di provocare disordini e destabilizzazione del governo legalmente costituito".

In questo manuale, elaborato secondo la Sedena "in virtù del fatto che il paese attraversi problemi interni ed esterni originati da squilibri in ambito politico, economico e sociale, così come da possibili sovvertimenti dell'ordine che potrebbero verificarsi nei diversi settori della popolazione", i militari definiscono il termine tumulto civile come "applicabile a tutti i tipi di disordini ed emergenze civili che accadano in territorio nazionale che generano violenza illegale da parte di civili, così come risultato di proteste per diversi motivi, istigazione di gruppi sovversivi nazionali o stranieri (...) che producono alterazioni nell'ordine pubblico, disorganizzano i processi normali di governo e mettono in pericolo la vita e la proprietà".

La Sedena ritiene che "un disordine è commesso da chi, facendo uso di un diritto o cercando pretesti il suo esercizio o per impedire l'applicazione di una legge, si riunisce tumultuosamente e disturbi l'ordine pubblico, con l'impiego della violenza su persone o cose e minacci l'autorità per intimidirla od obbligarla a prendere qualche provvedimento". (Qualsiasi somiglianza con le ultime riforme al Codice Penale è pura coincidenza!). I teorici della Sedena proseguono definendo il tumulto come un "disordine al quale partecipano indirettamente numerose persone, utilizzate in alcuni casi per dare forza ad un movimento sovversivo, estranee al tumulto, come curiosi e spettatori (sic), creando con ciò martiri per obbligare il governo ad utilizzare forze di polizia o militari per affrontare il problema, intervento che poi sarà interpretata come 'forza di repressione del popolo' e grazie al quale aumenterà lo scontento delle masse attraendo sostenitori al movimento antagonista, facendo credere all'opinione pubblica che deve stare dalla parte dei deboli".

Il manuale stabilisce che "i tipi di armi e munizioni di cui hanno bisogno le truppe per ristabilire la legge e l'ordine nel caso di un tumulto civile, in principio saranno quelle in normale dotazione - vale a dire, tutte! -, tuttavia, a seconda dalla situazione e per determinate missioni, le unità possono essere dotate di armamento speciale: fucili, lanciagranate chimici, granate chimiche a mano, fucili di precisione, eccetera". Gli strateghi militari raccomandano anche l'uso di "unità blindate per missioni speciali oppure per sortire effetti psicologici (i carri armati nella repressione del 1968); occasionalmente ed in base alla situazione presente, si possono utilizzare altri tipi di unità, come truppe speciali, paracadutisti, eccetera. Blindati di qualsiasi tipo agiranno da rinforzo delle unità delle altre armi, facendo sempre in modo di fornire protezione al veicolo blindato, perché potrebbe essere facile preda della moltitudine (sic), potrebbe essere attaccato, colpito da ordigni esplosivi o incendiari al suo interno, tenendo sempre presente la sua principale caratteristica e modo di azione, che è il potere schiacciante per l'uso della sua massa".

Svolgendo operazioni in un tumulto civile, "il comandante militare può usare le seguenti misure: A) Dimostrazione di forza. B) Uso di agenti chimici. C) Fuoco di tiratori scelti. D) Impiego di parte del volume e potenza di fuoco". Si raccomanda inoltre di fermare "gli individui che si presentano con cappucci o altri che incitino i disordini ed a commettere azioni illegali, facendo attenzione ad eseguire questi fermi con la massima discrezione possibile per non alterare il tumulto (sic) e dare altro motivo per commettere ulteriori atti di violenza".

Il manuale della repressione scende nei dettagli: "Le baionette sono efficaci quando si usano contro manifestanti che possono ritirarsi con facilità" - allora, perché si usarono a Tlaltelolco, dove non c'era "facilità" per un "ritiro"? -. "Quando è richiesto fuoco di armi di piccolo calibro, si istruiscono le truppe a mirare in basso: in nessuna circostanza si deve sparare avventatamente contro un gruppo dal quale un manifestante ha sparato; non si usano pallottole a salve contro il tumulto e non si sparano raffiche di armi automatiche al di sopra delle teste dei manifestanti (...) si collocano tiratori scelti in posizioni idonee dalle quali abbiano un buon campo di tiro - come le terrazze degli edifici di Tlaltelolco?-. Gli spari in aria non sono una procedura adeguata né seria per gli elementi dell'Esercito, la serenità deve essere assoluta". Niente deve essere lasciato all'immaginazione: "Le barricate costruite dai manifestanti si attaccano, quando possibile, dai fianchi oppure dall'alto. Sempre che sia praticabile, si dovranno impiegare idranti o agenti chimici quando siano falliti i metodi sopra menzionati, le barricate possono essere rimosse mediante l'utilizzo di veicoli blindati, artiglieria o granate".

Se questa era la mentalità dei militari nel 1991, quale sarà quella delle forze armate di un governo spurio come quello di Felipe Calderón?

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

logo

Indice delle Notizie dal Messico


home