La Jornada - 5 gennaio 2007
Incontro dei Popoli dell'EZLN con gli altri del mondo
Non permetteremo che ci tolgano la terra, dice un indigeno zapatista

ANGELES MARISCAL ed HERMANN BELLINGHAUSEN - CORRISPONDENTE e INVIATO

Oventic Chis. 4 gennaio - "Noi zapatisti abbiamo l'impegno di difendere la nostra terra, non permetteremo che ce la tolgano di nuovo, in qualsiasi modo la difenderemo perché i nostri figli non abbiano padroni né soffrano umiliazione e disprezzo. Se qualcuno è spogliato della sua terra, abbiamo preso l'impegno di difenderlo, sia zapatista o no, a patto che abbia ragione. Il nostro lavoro, come autorità, è difendere il poco che abbiamo" - ha detto un rappresentante del caracol di Morelia durante l'Incontro dei Popoli Zapatisti con i Popoli del Mondo.

La lotta per il recupero di terre ha fatto un altro passo di fronte alle azioni per la conservazione dell'ecosistema e la lotta contro i transgenici nei villaggi zapatisti e nei territori di coloro che resistono alle politiche egemoniche di altri continenti. Sembrava che il recupero di terre e dei territori fosse un’esclusiva dei paesi sottosviluppati e che l'uso di nuove tecniche e di sistemi di conservazione spettasse solo a coloro che hanno risolto il problema della sopravvivenza. Lo scambio di esperienze nell'incontro di Oventic ha evidenziato il contrario.

Amaya, della Spagna, appartiene a Sotto l'asfalto c'è l'orto. I 200 membri di questa cooperativa agroecologica "hanno recuperato" terre alla periferia di Madrid per "coltivare i propri alimenti senza distruggere l'ecosistema, in un rapporto di rispetto della terra".

Uno zapatista de Los Altos ha esposto i progetti di agroecologia che si praticano nelle regioni con presenza dell'EZLN: "Con l'obiettivo di cercare alternative ci sono già corsi di preparazione per alcuni compagni, promotori di agroecologia eletti dai loro villaggi. Nei laboratori studiano la conservazione delle terre, come preparare i concimi organici, a fare vivai, a rimboschire appezzamenti, a migliorare la razza degli animali domestici.

Per conservare le nostre risorse naturali e così recuperare la forza e la fertilità delle nostre terre, stiamo cercando di conservare i semi naturali delle nostre coltivazioni, evitando l'entrata dei transgenici" - ha spiegato al tavolo su terra e territorio autonomo. "Per proteggere e conservare la nostra madre terra e per proteggere noi stessi dalle malattie, ora evitiamo l'uso di concimi chimici, erbicidi, insetticidi che avvelenano la salute dei nostri villaggi e di tutta l'umanità".

Quasi alla fine dell'incontro, alcuni musicisti tzotziles di una delle bande aspettava il suo turno, quando hanno sentito un annunciò sulla vendita di mais ecceduto da quello destinato all'alimentazione dei presenti. Tra le risate hanno commentato: "non sarà mica transgenico, veleno per la terra".

Nell'atto un rappresentante del caracol de Los Altos ha spiegato: "In questa zona non ci sono terre recuperate come in altre regioni e ci sono delle zone dove davvero non ci sono più ranchos né proprietà da recuperare e da distribuire. Ne Los Altos, questo fa sì che i nostri popoli non sappiano dove vivere e lavorare". Quindi la giunta di buon governo "non può distribuire terre" perché non ha né terreni né risorse economiche.

Zapatisti e presenti di altre regioni del Messico hanno discusso le riforme del governo di Carlos Salinas de Gortari all'articolo 27 costituzionale che davano per conclusa la distribuzione agraria, così come la politica che si è implementata per smembrare terre comunali ed ejidi. "L'entrata di Procede e Procecom ha incominciato a dividere negli ejidi e nei beni comunali. Era un'idea del mal governo di continuare a trasformare in piccole proprietà tutti gli ejido ed i beni comunali".

Edgar Ibarra, della fattoria del Sud Centro di Los Angeles, California, ha raccontato che il 13 giugno, 350 famiglie sono state sgomberate dalla loro terra dove per 14 anni avevano coltivato piante medicinali. Era considerato uno dei pochi spazi autosostenibili di quella regione degli Stati Uniti.

Pedro Figueroa, di Nuovo Orizzonte, municipio Santa Ana, Guatemala, ha spiegato che nel 1998, dopo la firma della pace tra il governo e la guerriglia, era stata loro promessa la terra. Ma, per degli interessi di una miniera straniera, il loro governo ha chiesto loro 5 milioni di quetzales per non sgomberarli. "Si sono organizzati, i nostri genitori, hanno detto che non avrebbero pagato, le comunità della zona si sono unite ed hanno bruciato il macchinario dell'impresa. Così ci hanno lasciati tranquilli".

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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