La Jornada – Sabato 4 agosto 2007
Appello al boicottaggio del Café La Selva, principale socio della UES
Denunciano la repressione contro le basi di appoggio zapatiste da parte della Unión de Ejidos La Selva
L’organizzazione viola il suo impegno di responsabilità sociale, ecologica, morale ed etica
HERMANN BELLINGHAUSEN

San Cristobal de las Casas, Chis., 3 agosto - Davanti alle minacce di membri della Unión de Ejidos La Selva (UES), contro la comunità zapatista 24 de Diciembre nel municipio autonomo San Pedro de Michoacán, diversi organismi civili appoggeranno un boicottaggio contro la catena di caffetterie El Café La Selva, il cui socio e principale distributore è proprio la UES.

Il Centro di Analisi Politica e Studi Sociali ed Economici (Capise) ha ricordato che la catena di caffetterie ha ottenuto il premio New Ventures 2002, conferito dal Resources Institute, che sostiene "iniziative in tutta l'America che contino sullo sviluppo sociale, sostenibile ed imprenditoriale". Il riconoscimento definisce El Café La Selva "una delle proposte di commercio con 'responsabilità sociale ed ecologica più solide di tutta l'America' che nel 1990 ha ottenuto certificazione biologica dall'Organic Crop Improvement Association (OCIA) e da Naturland".

Due terzi del caffè coltivato dai contadini della UES sono esportati come caffè grezzo, non tostato, in Olanda, Danimarca, Germania, Inghilterra, Stati Uniti e Canada. "Il terzo restante è venduto nella sua catena di negozi, con l'aiuto dell'organizzazione Vínculo y Desarrollo. Esistono più di 20 punti vendita di Café La Selva in Messico, Europa e Stati Uniti".

Capise ha invitato la società civile, le organizzazioni messicane e l'altra campagna "a realizzare una campagna nazionale ed internazionale di informazione sulla repressione della UES e Café La Selva contro le basi di appoggio zapatiste, profughi di guerra". Ha invitato ad un "boicottaggio di consumo" e ad inviare lettere di protesta ad OCIA e Naturland, così come a Certificación de Comercio Justo FLO Internacional, "per il fatto di continuare a concedere la certificazione di Commercio equo a UES, mentre viola il suo impegno di responsabilità sociale, ecologica, morale ed etica".

Su questo argomento, La Jornada ha ricevuto un messaggio di posta elettronica semianonimo (l’indirizzo hotmail, nel caso fosse autentico, si riferisce ad un "agricoltore" tra i 25 e 34 anni, presumibilmente abitante della zona): "Prima di tutto bisogna chiarire che il giornalista sta dando notizie che non sono vere. Sta pubblicando quello che dicono i presunti zapatisti, la vera informazione tuttavia non sta venendo fuori, questa gente che sta occupando queste terre, è gente che vive da un posto all'altro e non sono persone che lavorano, e mai sono state cacciate dall'Esercito, queste persone hanno venduto le loro terre e continuano a prendere terra dove non gli appartiene".

La versione, che non si regge sui fatti, è molto simile a quelle impiegate in precedenza dai gruppi di Paz y Justicia ed Opddic, in altre regioni dove ci sono comunità autonome su terre recuperate in vicinanza di basi militari, con argomenti quali: non sono zapatisti/sono ladri/non lavorano/hanno venduto le loro terre. Di sicuro, quando questi zapatisti furono espulsi nel 1995, le terre ejidali non si potevano ancora vendere; non era arrivato il Procede.

Durante la conferenza della comandancia dell’EZLN con rappresentanti contadini del mondo, il 19 luglio in questa città, il comandante Tacho fece riferimento a questo luogo. Ricordò i tempi non lontani in cui queste terre appartenevano ai finqueros. "Praticamente controllavano un territorio sulle spalle di noi indigeni che lì vivevamo acasillados nelle fincas. Le condizioni di vita erano di estrema povertà. Morivamo per malattie curabili, non c'era educazione, la maggioranza della gente non sapeva né scrivere né leggere. Non c'erano strade per andare in città, per andare e tornare ci volevano 9 giorni; se era per trovare delle medicine, a volte il malato era ormai morto.

Mentre i finqueros disboscando migliaia e migliaia di metri cubi di legno, il signor Belisario Domínguez governava e comandava grandi estensioni di terre, che poi passarono nelle mani del signor Matías Castellanos che tramandò di padre in figlio lo sfruttamento di migliaia di alberi, come sappiamo bene". Il comandante tojolabal spiegò ai presenti "ve ne renderete conto quando andrete verso il caracol di La Realidad, passando per Las Margaritas e l’ejido Chiapas, fino a raggiungere l’ejido Nuevo Momón, tutta la valle è stata sfruttata per la terza volta da Absalón Castellanos Domínguez ed Ernesto Castellanos".

Lì si trova 24 de Diciembre, così come la base di operazioni dell’Esercito federale di Rancho Momón, le comunità Nuevo Momón, El Edén e Cruz del Rosario, ed a partire dal 17 luglio il "villaggio" pilota Nuevo Gracias a Dios, insediato minacciosamente da persone che non vivono lì, con l'appoggio materiale della base militare. L'accesso "all'ejido" dei membri della UES è la strada tracciata dall'Esercito federale tra il suo posto di osservazione permanente con soldati senza uniforme, ed il quartiere all'interno. Ricorda metodi molto usati negli anni neri di Guatemala e Colombia per far scontrare gli indigeni tra loro.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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