La Jornada – Domenica 4 febbraio 2007
Difficile l’integrazione dei giovani indigeni che sono fuori dalla resistenza dell’EZLN
L’altra campagna apre opportunità di lotta per comunità e famiglie non zapatiste
Dai 15 anni in avanti emigrano negli Stati Uniti, in Quintana Roo o Jalisco
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Selva Lacandona, Chis. 3 febbraio - I giovani indigeni delle organizzazioni tradizionali nelle vallate della selva incontrano crescenti difficoltà ad integrarsi alla vita produttiva e politica, specialmente quelli fuori dalla resistenza zapatista.

Alcoolismo, emigrazione, induzione consumista, strumentalizzazione politica governativa e crisi di credibilità dei partiti presenti nella regione (PRI e PRD) producono una crisi di azione e identità. Per quanto visto, l'altra campagna promossa dall'EZLN ha aperto nuove opzioni di lotta indipendente che stanno rompendo l'accerchiamento militare ed istituzionale che subiscono anche le comunità e famiglie non zapatiste.

Miguel Angel Ruiz Díaz, del villaggio Salvador Allende, nei Montes Azules, aveva sei anni all’epoca dell’insurrezione zapatista. Ora ne ha 19: "Sono sempre stato dell'Aric Indipendente, perché mio papà lo era, solo che io ho vissuto molto fuori del mio villaggio perché mi hanno mandato a studiare ad Ocosingo; poi sono andato in Jalisco a studiare alla secondaria, e nell'istmo di Tehuantepec e a San Cristóbal del las Casas ho completato la preparatoria. Nell'Università Autonoma del Chiapas ho iniziato l'università ma l'ho appena lasciata per mancanza di soldi. Adesso sono qui al villaggio, ad aiutare come posso nell'organizzazione e seguendo i passi dell'altra campagna".

Ritiene che nelle comunità "adesso è molto difficile il lavoro politico, quello che si vede è che i giovani della mia età vanno negli Stati Uniti, a Cancun, Playa del Carmen e Arandas (Jalisco). Dai 15 anni in poi incominciano a partire". "Mancano consapevolezza, educazione, denaro e terre". E poi, in "verità, vanno via anche solo per qualche scarpa da tennis nuova, o un registratore, o perché vedono che qualcuno ritorna e porta capricci e ambizione".

Ma la situazione è più complicata, aggiunge: "C'è una grande responsabilità del governo, da quando ha cominciato ad introdurre quei maledetti progetti nelle comunità affinché gli indigeni lasciassero le loro terre. Lì è cominciato tutto, quando la gente si è basato sugli aiuti ed ha cominciato a lasciare la sua piantagione di caffè, la sua milpa, e quando finiva il denaro che gli davano, incominciava a guardare chi aveva di più... così incomincia l'emigrazione. Questo avviene da cinque anni. Ma ora, curiosamente, è diminuito. Il fatto è che il successo non c'è stato. Molta gente non è ritornata né ha mandato denaro. Le donne sono rimaste sole e la comunità si sta disintegrando".

Descrive altri problemi dei giovani. Uno, "molto grave è l'alcolismo". "Si comincia molto presto a consumare tabacco ed alcool. Ci sono bambini ubriachi di 10 o 12 anni. Sappiamo che nelle comunità zapatiste non si beve, ma non è facile applicare questa regola in altri villaggi. L'alcool colpisce tutti ed è difficile controllarlo, perché chi denuncia il male del bere si trasforma in nemico della comunità. Non c'è una chiara coscienza sulle conseguenze dell'alcolismo ed è molto poca la gente che osa parlare di questo male. Tutti sono complici".

Ammette che non sono molti i giovani dell'Aric-I che capiscono che nell'altra si cerca si arrivare all'unità. "Ma nemmeno si uniscono alle attività della nostra organizzazione né a niente, purtroppo se ne vanno via". Lui non ha mai pensato di essere zapatista. "Non ho quasi mai vissuto nella mia comunità", si giustifica.

Dell'altra, alla quale ha aderito, pensa: "vorrei che si sviluppasse di più in tutto il paese, che ci sia molta più collettività, che la lotta continui. Ora ho l'età per votare, ma penso che votando o no, per il popolo le cose non cambiano. Non credo nel governo né alle sue promesse. Per questo non votiamo, né giovani né grandi".

Segnala che l'Aric-I ha invitato a votare per Juan Sabines, "ma nella nostra regione non votiamo, e molte organizzazioni che avevano l'indicazione di votare per il PRI o il PRD non l'hanno fatto. Non è più così semplice trattarci così; non c'è credibilità".

L'Aric-I, alla quale appartiene Miguel Ángel, è uno dei tre versanti in cui si è divisa l'Associazione Rurale di Interesse Collettivo-Unione delle Unioni, a causa dell'insurrezione zapatista. Erede di un processo iniziato nel 1974 dopo il Congresso Indigeno che segnava una nuova tappa per le lotte indigene, l'Unione degli ejidi Quiptic ta Lecubtesel (1975) verso il 1980 si univa ad altre unioni ejidali della selva, in quello che sarebbe diventata Aric nel 1988. A partire dal 1994, il governo salinista "attaccò" al carro del PRI una parte di questa organizzazione, conosciuta da allora come "ufficiale", dalla quale successivamente si sarebbe separata una Aric "Unione di Unioni" di tendenza oscillante, anche se dentro lo spettro filogovernativo.

Non è un segreto che negli anni precedenti l'insurrezione molte comunità abbiano lasciato l'Aric per unirsi all'allora clandestino EZLN. Gli indigeni che non si unirono alla lotta armata né passarono al PRI formarono la "indipendente" che senza scontrarsi con lo zapatismo si legò PRD ed accettò in parte i "programmi" governativi che piovevano sui villaggi indigeni per approfondire la differenza tra i ribelli in resistenza e le altre organizzazioni.

Nel 2000, con l'arrivo del PRD al potere statale, l'Aric-I si distanziò più apertamente dallo zapatismo e dai suoi municipi autonomi, che inizialmente aveva appoggiato. È stata una complessa storia di scontri. L'altra campagna è la prima iniziativa zapatista in un decennio alla quale rispondono comunità intere di membri dell'Aric-Indipendente.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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