Lettera di David Venegas Reyes dal carcere di Ixcotel - Oaxaca - Messico

Il Primo Maggio, al mattino, ho ricevuto la visita inaspettata di una persona che non conosco. Invece di dire il suo nome si è presentato come "Tacho Canasta" e come inviato di Ulises Ruiz Ortiz e di Sergio Segreste Rios. I due mandatari lo hanno incaricato, in una riunione tenutasi teoricamente il 30 Aprile, di parlare con me. Il messaggio era chiaro, mi hanno invitato ad accettare che qualcuno della mia famiglia dialoghi con il governo per la mia libertà. Mi ha minacciato dicendomi che erano al corrente che alcuni membri della mia famiglia era in mezzo a ciò che lui ha chiamato il "desmadre" (casino, le mobilitazioni) e che la smettessero di muoversi nel movimento; in più ha aggiunto qualora la mia famiglia non accettasse di "dialogare" mi trasferiranno ad un altro carcere, l'Altiplano o Almoloya, e che il governo ha tutti gli elementi per "distruggermi", quest'ultime sono le parole testuali.

So che la nozione politica pragmatica indica che dovrei "dialogare", mantenere segreta questa visita, e cercare, fin dove la mia dignità lo permette, di ottenere la mia libertà ed evitare di essere "distrutto". Io però, non sono un politico, e per me tra pragmatismo politico, negoziato e tradimento non c'é molta differenza. Qualora dovesse accadermi qualsiasi delle cose sopra menzionate, voglio che tutti coloro che leggono questo messaggio sappiano che i responsabili hanno nome e cognome. Nutro molta fiducia nel popolo degno e combattivo di Oaxaca, e nel fatto che la lotta e la mobilitazione otterranno la mia liberazione e quella di tutti i prigionieri politici di Oaxaca.

Oggi il governo mi ha fatto capire che c'è di peggio che essere rinchiuso in un carcere, ossia essere minacciato assieme alla mia famiglia. Non è sufficiente per il governo tenermi come prigioniero, adesso vogliono usarmi come pacificatore della insurrezione popolare. Non metto in discussione che per ottenere la propria libertà molti lo avrebbero fatto, ma come si può gridare "negoziato" mentre il popolo urla "ribellione"? Ciò che mi sostiene é la convinzione chiara ed onesta dei miei fratelli e sorelle del popolo di Oaxaca di lottare per la mia libertà e per quella di tutti i prigionieri politici. Se cosí non fosse, se il popolo di Oaxaca dovesse diventare vigliacco e smettesse di lottare, neanche in quel caso sarei disposto a "dialogare" o a negoziare la mia libertà.

Ricardo Flores Magón davanti a tanto abbandono dei sindacati e del popolo, quando era prigioniero, disse che questo abbandono non gli dava il diritto di divenire vigliacco né di tradire i suoi ideali. Io penso che sia come prigioniero politico che come ex-carcerato addomesticato, al servizio del governo, non potrei guardarvi negli occhi o il vostro volto pulito e onesto, fratelli e sorelle, che là fuori lottate per un mondo migliore.

David Venegas Reyes

(a cura del Comitato Chiapas di Torino)

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