La Jornada – 3 gennaio 2007
Per tre giorni hanno spiegato come intendono la democrazia, la giustizia e l’educazione
Avanzati apprendisti nel compito di governare
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Oventic, Chis. 2 gennaio - Da un lato del palco, in fondo a questo caracol che scende al cuore centrico degli zapatisti davanti al mondo, come si chiamano qui, una cumbia cadenzata si sovrappone progressivamente alle voci della società civile qui presente che lancia avvisi ed indicazioni dal microfono. Delicatamente, la cumbia elettrica prende forma questo mezzogiorno, ed improvvisamente il corista incappucciato del gruppo canta: "Desde el hondo crisol de la patria/se levanta el clamor popular/ya se anuncia la nueva alborada/todo el pueblo comienza a cantar". L'hanno annunciata come "un bel inno rivoluzionario", per il piacere del pubblico.

Venceremos, il famoso inno popolare cileno che la APPO ed i maestri di Oaxaca hanno adottato come proprio e conservano oggi come simbolo della loro dura lotta, i tzotziles zapatisti hanno deciso di trasformarlo in dolce cumbia. "Tutti insieme faremo la storia" canta con innocenza il corista per allietare i prologhi della cerimonia di chiusura dell'Incontro dei Popoli Zapatisti con i Popoli del Mondo, che è risultato, oltre ad una congregazione internazionale di gente sul piede di lotta, una notevole presentazione di quello che i governi autonomi ribelli, al livello più basso della cosiddetta scala sociale, hanno realizzato in pochi anni. Una testimonianza collettiva di quello che i popoli hanno appreso.

Circa 200 uomini e donne, in maggioranza giovani, hanno parlato senza pause per tre giorni davanti a migliaia di persone, spiegando come intendono la democrazia, la giustizia, l'educazione, la cultura. E soprattutto, come li praticano. La partecipazione delle donne raggiunge ormai un peso straordinario. È una lotta dentro la lotta, ma non più una questione in sospeso. L'educazione in termini indigeni e ribelli, e la salute preventiva e consapevole, rustiche e globali contemporaneamente, hanno generato centinaia di nuovi quadri e leader comunitari.

Senza paura del microfono né delle domande capziose di un pubblico paneuropeo, panamericano e perfino più lontano, spiegano quello che fanno. Come applicano la giustizia nelle questioni agrarie, commerciali e perfino penali. Non sono comandanti, né capi insurgentes. Contadini, promotori di educazione, responsabili di salute nella loro comunità. Madri che portano in braccio i loro figli mentre parlano in pubblico, la stessa cosa che fanno quando partecipano al governo dei loro caracoles o municipi. Possono essere analfabete, anche se la maggioranza non lo è. Come ha detto una di loro, "sappiamo pensare". Rosa, che governa nella zona nord del Chiapas, nella JBG di Roberto Barrios, ha rivelato con semplicità il segreto: "Siamo donne libere".

Tutti loro hanno realizzato i lavori dell'incontro, nonostante la presenza ed anche la parola nelle cerimonie di numerosi comandantes, tra i quali Tacho, David, Hortensia, Moisés, Javier, Felipe, Abel, Abraham, Brus Li, così come il teniente coronel Moisés ed il subcomandante insurgente Marcos.

Mentre l'accademia locale e nazionale li dichiara inesistenti, all'unisono con l'intellighenzia dominante del paese, i popoli zapatisti hanno cambiato la loro vita, e non perché non siano più poveri, ma perché si sono trasformati negli apprendisti più avanzati del delicato compito di governare. Sono venuti a constatarlo persone da Cina, Australia, Russia, Polonia, Colombia, Costa Rica, Kurdistan, Israele e molte nazioni dei quattro continenti, compresi centinaia di visitatori di origine più abituale, come italiani, catalani, statunitensi, greci, tedeschi, svedesi, baschi, argentini o canadesi.

L'esperienza di più di mille popoli nuovi, vecchi ed anche ancestrali, di decine di migliaia di choles, tojolabales, tzeltales e tzotziles, e non pochi zoques e mames che non compaiono nei conteggi istituzionali, è stata al centro di queste giornate inedite. Un tipo nuovo e civile di popoli indios che lottano e resistono con altre armi e costruiscono un'opzione di governo democratico. Il Congresso Nazionale Indigeno è venuto a condividere l'esperienza. Così come le resistenze di Atenco, Oaxaca, la frontiera nord, od anche, delle strade di New York, nella voce di un giovane attivista originario dello Sri Lanka, o degli anarcoecologisti di Francia.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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