La Jornada – 1° settembre 2007
Perché continuiamo a stare dietro le sbarre se non c'è nessuno che ci accusa? - domandano al giudice
A dispetto dei ritardi legali, si avvicina la sentenza per 19 dei prigionieri di Atenco

HERMANN BELLINGHAUSEN (INVIATO)

Molino de Flores, Méx. 31 agosto - Dietro ai vetri, come in un acquario, il primo giudice Alberto Contreras va e viene, rivede grossi fascicoli, si mangia un melone, riceve o consegna documenti alla sua segretaria che entra ed esce. Da questa persona dipende una liberazione veloce o no dei prigionieri politici di San Salvador Atenco, oggi così vicina ed ancora così lontana.

Guardando dall'affollata la sala delle udienze, l'ufficio del giudice Contreras brilla luminoso. Tutta solo una messa in scena della "trasparenza". In contrasto, all'altro estremo della sala c'è la vetrina dei prigionieri. Opaca, permette a mala pena di distinguere le loro sagome nella divisa blu dei detenuti. Poi dietro il vetro ci sono anche le sbarre. Attraverso un piccolo orifizio tirano fuori due dita per toccare i loro parenti ed amici, e tentano di comunicare alcuni frasi al di sopra della confusione di notai, agenti ministeriali, visitatori, testimoni, fiscali, avvocati, uscieri, vigilanti.

Dalla sua vetrina, il giudice Contreras non guarda verso l'altro lato della sala. Presto o tardi dovrà farlo: per quanto le istanze giudiziali s'impegnino in rallentare il processo, si avvicina il giorno in cui dovrà dettare sentenza. Oltre ai volumi di leggi e trattati che popolano i suoi scaffali, c'è una presenza inquietante, e contraddittoria in termini di divisione dei poteri.

I versetti sotto vetro del Deuteronomio appiccicati ai due finestroni del giudice Contreras che lodano la giustizia retta ed incorruttibile in termini biblici, non mitigano l'eloquenza del ritratto ufficiale del governatore Enrique Peña Nieto che pende sulla testa del giudice. Come in qualsiasi altro ufficio direttivo del governo mexiquense. E io che pensavo che il Potere Giudiziario fosse indipendente da quello Esecutivo! Non so che cosa ne dica l'Antico Testamento, ma di sicuro c'è scritto nella Costituzione.

Il giudice Contreras si mostra attivo, cosciente della sua presenza scenica, anche se in realtà nessuno l'osserva. Nella sala ognuno ha qualcosa di più importante da fare. Dalla loro opaca vetrina, dentro una stanza di muri nudi, in piedi, in doppia fila, tentando di avvicinarsi al vetro, di parlare, di fare qualche segno, ci sono i 19 prigionieri di Atenco reclusi in questo carcere texcocano. Dieci permangono in Santiaguito e ce ne sono tre condannati in eterno nella prigione di massima sicurezza di La Palma.

Gli imputati hanno alcune domande per il giudice Contreras, ma da lì dove stanno non possono raggiungere il vicino ufficio del magistrato. C'è molta confusione. Ed inoltre, da quando in qua sono i prigionieri quelli che possono far domande? Ci mancava solo questo! Forse è per questo che un agente del Ministero Pubblico interrompe le quasi ingenue domande degli imputati.

"Sig. giudice" - domandano - "perché continuiamo a stare dietro le sbarre se non c'è parte accusatrice? Perché ci continuano a negare la libertà senza argomenti né testimoni? Non vengono letti neanche gli incidenti processuali, ma si dettano nuovi verbali di formale prigione. Non ci sono flagranza né indagini previe. Grazie a che cosa ci tenete in prigione?".

Nella sala si trovano anche un buon numero dei processati dopo l'occupazione di Atenco. Vengono a rendere dichiarazione, anche se continuano ad essere "colpevoli". Ci sono Pedro Alvarado Delgado e Bárbara Italia Méndez, vittime della repressione del maggio 2006, ex-carcerati, il cui caso è stato anche denunciato da Amnesty International. C'è il lavoratore dei telefoni Jorge Salinas, visto da tutto il mondo con la testa ed il viso insanguinati, trascinato da poliziotti e con la mano a pezzi.

Questo, sarà un mondo a rovescio? Sono gli accusati quelli che dovrebbero essere gli accusatori della barbarie che hanno subito, del processo manipolato... Il 5 giugno 2006 c'è stata la prima udienza in Santiaguito per le dichiarazioni di 70 poliziotti e testimoni. Dopo un anno e 30 udienze, questo 14 maggio sono comparsi gli ultimi quattro agenti. In un processo normale tutto questo avrebbe dovuto durare tre giorni. Come giustificherà questo il giudice Contreras?

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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