La Jornada - Martedì 31 ottobre 2006
Il subcomandante Marcos si è riunito con gli indigeni rarámuris sulla sierra Tarahumara
L’altra campagna raccoglie testimonianze di “come lotta chi resiste senza piegarsi
"L'Assistenza Popolare non ci assiste, e forse non guariamo e così moriamo"
HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Sisoguichi, Chih. 30 ottobre - Prima di parlare col subcomandante Marcos, decine di anziani e adulti si sono raggruppati davanti alla croce del Comerachi di questa località nella Tarahumara, ed uno ad uno hanno stretto la mano al rappresentante zapatista, per poi darsi la mano tra loro con impressionante rispetto, in quello che sembrava lo svolgersi di una chiocciola che a poco a poco si è trasformato in un cerchio in cui erano presenti anche il governatore tradizionale di Choguita ed il rappresentante del coordinamento del movimento dei governatori rarámuris, Francisco Palma.

Un indigeno ha salutato l'altra campagna con un'invocazione, "affinché l'Onorurame ci aiuti, i rarámuris, a finire bene questo condividere i nostri problemi", e Marcos ha posto, "con tutto il rispetto", una richiesta ai suoi anfitrioni: "abbiamo una richiesta da fare: che il rarámuri ci regali la sua parola per metterla nel nostro cuore, affinché impariamo da lei, e chiediamo di poter portare nella nostra bisaccia il dolore del rarámuri, il dolore che causa il bianco, il ricco, per mostrarlo ad altri popoli del Messico e del mondo", ed anche conoscere "come lotta chi resiste senza piegarsi".

“Se ci arrendiamo, non andremo in cielo”

Conclusa la Cerimonia della Croce, ultimo prodotto del sincretismo cristiano-pagano e di grande significato per questi popoli, è iniziato l'incontro, in cui i partecipanti hanno fatto ricorso al rarámuri almeno per la metà del tempo, e senza traduttori per il pubblico ma a tratti per il delegato Zero. L'organizzazione Bowerasa (Facendo strada) ha spiegato in dettaglio la lotta legale in difesa della terra a Baquerachi ed i suoi dintorni, e la costante resistenza che gli indigeni devono sostenere contro il chabochi (uomo bianco), le sue leggi ed illegalità.

Un rappresentante di Pino Gordo, nell'ejido Choreachi, ha raccontato che un buon numero dei suoi compagni volevano partecipare a questa riunione, ma hanno incontrato "molte difficoltà sul cammino". Poliziotti e pistoleri del municipio Guadalupe y Calvo li hanno minacciati di morte ed impedito loro di "salire dalla gola". Ha spiegato come lottano per il riconoscimento dei loro diritti ejidali per conservare i boschi e la terra per il mais ed i fagioli. "Se i rarámuris non si uniscono, non possiamo difendere la nostra terra, e se ci arrendiamo, non andremo in cielo, perché non abbiamo compiuto il nostro dovere in vita: avere cura della terra. Noi indigeni viviamo per preservarla", ha dichiarato.

Tra la ricchezza dei boschi su questa catena montuosa monumentale (già tanto deteriorata dai taglialegna legali ed illegali), i rarámuris ed organizzazioni civili che lavorano con loro hanno raccontato delle condizioni attuali da queste parti, molto militarizzate, e sotto il brutale assedio del narcotraffico che ha trasformato la Tarahumara in un immenso campo di marijuana ("l'erba maledetta", la chiamano, perché distrugge la volontà e l'identità dei giovani, oltre a creare sacche di criminalità dove quello che paga, come sempre, è l'indio).

Una rappresentante della Consulta Tecnica Comunitaria ha descritto l'avanzamento di un megaprogetto minerario di multinazionali canadesi, avvertendo sui pericoli di avvelenamento di suolo ed acqua, e la possibilità che si creino "posti di lavoro" basati sullo sfruttamento illegale dei futuri minatori. Ha inoltre avvertito sulla privatizzazione dell'acqua grazie ad una legge promossa dal governo priista di Chihuahua, e la pretesa della Segreteria dell'Ambiente e delle Risorse Naturali di trasformare il cuore della sierra in riserva della biosfera, a scapito dei popoli rarámuris, per garantire la maggiore ricchezza idrica del nord messicano alle multinazionali Aguas de Barcelona, Vivendi e Suez.

“Se non ci curiamo da noi, chi sennò?”

Un uomo di Cusarari si è pronunciato nella sua lingua a favore della "medicina naturale che sta nella montagna", pensando alla cattiva assistenza che ricevono i rarámuris. "L'Assistenza Popolare non è buona. Non ci offrono una buona assistenza perché siamo indigeni. O forse è perché così non guariamo e moriamo. Se non ci curiamo da noi, chi sennò?". L'autorità comunale di La Laguna ha denunciato l'intenzione del Tribunale Unitario di Chihuahua di consegnare terre ejidali ad un cittadino francese. Un giovane indigeno ha affermato: "L'altra campagna ci permette di opporci a quelli che ci fanno del male, e di organizzarci nelle quattro sierre (della Tarahumara)".

Luis Palma, della Bassa Tarahumara, ha insistito nell'impegno del suo popolo di "prendersi cura del mondo", perché lottare "è amare i nostri figli", ed ha lamentato "la perdita di rispetto dei giovani", catturati dall'alcool, le droghe e la violenza, che "non vogliono più ascoltare i governatori". Le scuole del governo "ci obbligano ad abbandonare la nostra lingua", e ci mettono davanti il Procede (Programma di certificazione dei diritti ejidali e titoli di proprietà) per permettere lo sviluppo di un corridoio turistico. "Non vendete le vostre terre", ha consigliato alle centinaia di indigeni presenti. "Abbiamo messo fratelli indigeni responsabili al governo dei municipi, ma non escludiamo i bianchi. Vogliamo solo avere gli stessi diritti", ha affermato.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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