La Jornada 28 novembre 2006
Riflessioni per una sinistra non subordinata
Adolfo Gilly

1. Dalla frode elettorale del 1988, passando per l'assassinio di Luis Donaldo Colosio nel 1994, fino alla manipolazione di tutto il processo elettorale del 2006, il neoliberismo come ordine socioeconomico non riesce a trovare in Messico le sue forme di legittimazione politica. Ci troviamo oggi di fronte ad una rottura delle regole di riproduzione del potere e, pertanto, davanti ad una crisi del rapporto tra comando/obbedienza consustanziale all'equilibrio di qualsiasi regime politico.

In altre parole, ci troviamo in una situazione di mancanza di legittimità e di frammentazione del potere politico messicano, che non si rifà alle sue forme e cerimonie ma alla sua essenza come relazione tra governanti e governati riconosciuta da tutti. La tentazione di risolvere questa crisi attraverso la violenza statale è grande. Ogni volta che in passato si è ceduto a questa, i risultati sono stati catastrofici.

2. L'indizio più sicuro della manipolazione dei risultati elettorali è, fino al momento, l'irrimediabile nonsenso giuridico della sentenza dettata dal Tribunale Elettorale del Potere Giudiziario della Federazione riguardo alle elezioni del 2 luglio. Questa sentenza è stata smontata, pezzo per pezzo, in un impeccabile scritto dell'ex consigliere Jaime Cárdenas, "Undici assurdi giuridici sul Tribunale Elettorale". Gli argomenti del Tribunale dovevano condurre ad un nuovo conteggio dei voti o all'annullamento delle elezioni. Invece, hanno portato a dichiarare Felipe Calderón presidente eletto. Un processo così manipolato non può dare origine ad un mandato legittimo.

Orbene, questa illegittimità raggiunge i due poteri sorti da queste elezioni, l'Esecutivo ed il Legislativo, poiché la manipolazione ha colpito tutto il processo elettorale. In tal caso tanto il Presidente quanto la composizione attuale del Congresso dell'Unione sono illegittimi. Non è ammissibile che deputati e senatori del FAP dicano che la poltrona presidenziale sia "illegittima" ed i suoi seggi no. Questo dato della realtà, anche se nessuno lo dice, configura una crisi di riproduzione di tutti i poteri della Federazione.

3. La frammentazione del potere fa sì che questo tenda a tornare ai suoi componenti originari: i poteri locali dei governatori e dei cacicchi. Da qui l'impotenza dei cosiddetti "Poteri dell'Unione" di fronte ai dispotismi dei governatori Ulises Ruiz, Mario Marín, Enrique Peña Nieto ed altri, e l'importanza acquisita dalla Conago e dalle sue solidarietà interne: il potere di ogni governatore, di qualunque partito sia, non si tocca. Il cosiddetto potere del narco prolifera negli interstizi di questa frammentazione, e sebbene i suoi effetti siano deleteri, non è lecito esagerarne la sua autonomia.

4. La frammentazione inoltre fa sì che gli altri centri di potere reale siano spinti a rappresentarsi in prima persona, invece di ricorrere alla tradizionale mediazione dei politici. Quattro pilastri del potere reale parlano ognuno con la propria voce e senza mediazioni: il Consiglio Coordinatore Imprenditoriale (ed ognuno dei grandi industriali e finanzieri); la Chiesa cattolica e le sue gerarchie; l'alleanza PRI-PAN, mai smentita in casi gravi dal 1939 in poi e gli Stati Uniti ed il loro complesso militare-finanziario in quanto potenza operante in territorio messicano. In mezzo alla crisi questi poteri deliberano in pubblico, mentre relegano il personale politico ad un piano subordinato.

5. D'altra parte, la frammentazione ha lacerato le reti immaginarie del potere politico e svalutato i suoi simboli ed i suoi riti. Questa frattura accresce la presenza e l'importanza di una serie di movimenti. Possiamo citare i tre più noti:

a) l'obradorismo, che duplica per conto proprio i simboli del potere, preme dalle piazze per negoziare dentro le istituzioni (compreso tra queste il PRD) e riunisce nello Zócalo della capitale ad un'enorme moltitudine di offesi, defraudati, esasperati messicani e messicane, derubati perfino del loro voto;

b) la APPO, organizzata come una rete di organismi popolari autonomi, e che da questa posizione di forza cerca di imporre ai poteri istituiti un negoziato in condizioni favorevoli, senza cedere la propria autonomia;

c) l'EZLN, con la sua Altra Campagna ed il movimento indigeno, che disconosce in toto queste istituzioni (compresi i loro partiti) e non vuole negoziare né trattare con loro, ma collegarsi con i gruppi subalterni organizzati in molte maniere ed oggi diffusi su tutto il territorio nazionale, per organizzare su scala nazionale una formazione fuori dall'istituzionalità e da qualsiasi dei suoi settori.

6. Gli occhi di politici, analisti e commentatori si concentrano oggi sulle peripezie della politica istituzionale, i suoi partiti, i suoi politici di tutti i colori, le sue istituzioni, le sue querelles grandi e piccole. È ossessiva la discussione su quello che succederà o non succederà sul Grande Palcoscenico del Congresso dell'Unione e dintorni.

Al contrario, per una sinistra che non si sottometta all'universo istituzionale è essenziale guardare e considerare quello che succede tra quelle moltitudini offese ed irritate all'estremo: chi spera in López Obrador; chi si organizza per conto proprio nella APPO, a Oaxaca, nel Congresso Nazionale Indigeno; chi dice la sua parola nell'Altra Campagna. Per comprendere e prevedere è necessario guardare lì e guardare da lì. Il resto è schiuma di un mare avvelenato.

7. Oaxaca e la APPO non sono un caso isolato. Sono come la valvola dalla quale esce a tutta forza il vapore di una pentola a pressione. Come sempre, autorità, forze repressive e politici vogliono chiudere la valvola ed ignorare la pentola. A Oaxaca stanno affiorando l'esperienza di organizzazione, la violenza, la flessibilità e la capacità di negoziaziato che sono patrimonio degli sfruttati, offesi e defraudati del Messico. Non combattono per il potere, ma per un diverso rapporto non subordinato col potere, e per il consolidamento delle relazioni autonome interne al popolo ed al suo movimento. Chiedono quello che tutto il paese esige: rispetto e giustizia. Oggi il metro di misura della situazione della nazione messicana è a Oaxaca, non nel Congresso dell'Unione e nelle sue battaglie nel deserto.

8. Nella politica e nelle analisi superficiali, sembra diventato di moda negare o togliere qualsiasi significato al periplo del Subcomandante Marcos e dell'Altra Campagna, alle comunità indigene organizzate del Chiapas, alla tenace resistenza di Atenco, i suoi detenuti ed i suoi perseguitati, alle assemblee indigene e popolari che si riuniscono e raccontano le loro offese, esili, soprusi, resistenze, al Congresso Nazionale Indigeno ed ai suoi portavoce e rappresentanti. Le sorprese possono venir fuori dopo, per chi dà per vani o secondari questi movimenti.

Non ha senso proporre a queste forze di unirsi alla Convenzione Nazionale Democratica, cioè, di sommarsi ad un movimento nel quale non credono e di sottomettersi alla sua guida ed alle sue prospettive, rinunciando così alla ragion d'essere che hanno proclamato dalle loro origini. Sarebbe, né più né meno, un suicidio etico, politico ed organizzativo. Altra cosa è chiedere loro di non ignorare, dalla loro autonomia, la grandezza e le ragioni della mobilitazione popolare che sostiene López Obrador.

9. Il movimento elettorale di massa che ha dato quindici milioni di voti alla coalizione Por el Bien de Todos è stato ora raggruppato nella Convenzione Nazionale Democratica, sotto la guida di Andrés Manuel López Obrador. Per i suoi obiettivi e le sue strutture, non è un movimento sociale: dargli tale definizione sarebbe confondere le cose.

Così come è stata organizzata la CND il 15 settembre, la sua direzione è stata nominata con un plebiscito per alzata di mano in un'assemblea affollatissima. Non c'è stata nessuna Convenzione con discussione politica e delegati. La direzione reale è concentrata nella persona e sotto il comando di López Obrador. In nessun momento la CND ha chiamato, convocato o proposto di promuovere qualsiasi forma di organizzazione dal basso, autonoma e non clientelare, per lottare per gli obiettivi fissati ora.

Gli affiliati alla CND vengono dichiarati "rappresentanti" diretti di López Obrador nella sua qualità di "Presidente Legittimo" e sono riconosciuti come tali da una credenziale personale firmata dallo stesso López Obrador. Cioè, un "Presidente legittimo" darà mandato con la sua firma a milioni di suoi rappresentanti, che saranno dunque i suoi mandatari, invece di milioni di elettori che designano come loro mandatario chi scelgono come presidente. Questo investimento in cartellini di identificazione, al di là di quello che può credere o intendere chi l'ha pensato, stabilisce una relazione unipersonale totalitaria tra dirigente e massa. Mi rimetto qui a Elías Canetti, in Masa y poder, o ai Quaderni dal carcere, di Antonio Gramsci.

Il tipo di conduzione politica personale (la leadership) di López Obrador non è eredità diretta di Benito Juárez, ma di Tomás Garrido Canabal, politico tabasqueño degli anni '30. Il movimento elettorale di massa centralizzato sitti il suo comando e nella sua persona corrisponde ad una tipologia definita ed a una situazione di frammentazione e di equilibrio catastrofico come quella studiata da Antonio Gramsci nell'Italia degli anni '30.

La scenografia del "insediamento" nello Zócalo il 20 novembre, col Presidente solitario che protestava col braccio teso, l'aquila immensa dietro, e tutta la pompa cerimoniale, sembrava estratta da un film di quei tempi. I simboli non sono neutri: hanno senso e messaggio, anche se i loro disegnatori non lo sanno.

Grandi masse offese ed esasperate possono muoversi dietro tali guide e cercare attraverso questa via importanti istanze che gli screditati politicanti trascurano. È necessario prenderli sul serio e prestare attenzione alle loro motivazioni ed ai loro modi. Ma la cosa sorprendente, e perfino sconcertante, è che tanti intellettuali e figure politiche della vecchia sinistra si allineino abbagliati ed acritici dietro questa guida.

10. La CND, il FAP ed il PRD sono in una situazione intrinsecamente contraddittoria. Da una parte dicono di porsi al di fuori delle istituzioni esistenti ed intorno al "governo legittimo" di López Obrador. Dall'altra, fanno parte del Congresso dell'Unione i cui testi legali dovranno passare per l'approvazione del Potere Esecutivo, cioè, di Felipe Calderón. Per quanto si dica, questo è un conflitto dentro le istituzioni esistenti, che modifica il rapporto di forze interne attraverso la pressione esterna delle piazze mobilitate. Cioè, che questa pressione e le sue forme organizzative, la CND, in questo caso, restano subordinate alla logica delle istituzioni dichiarate "false". Da questa contraddizione non c'è via di scampo visibile.

11. Voglio qui annotare, per concludere, alcune premesse per l'organizzazione di una sinistra non subordinata alle vicissitudini della presente implosione delle istituzioni e della loro legittimità:

a) Guardare dal posto e dalle istanze dei oppressi, sfruttati e subalterni.

b) Tracciare una chiara linea sull'ideologia della sinistra istituzionale: dove questa dice "disuguaglianza", bisogna scrivere "sfruttamento"; dove dice "povertà", bisogna scrivere "sopruso" e "razzismo"; dove dice "politica estera", bisogna scrivere "alleanza ed unità con l'America Latina" e "organizzazione con gli emigranti ed i lavoratori negli Stati Uniti".

c) Comprendere i motivi e le esperienze per le quali queste moltitudini appoggiano e seguono López Obrador; e spiegarlo senza subordinarsi, senza creare illusioni, senza scontrarsi.

d) Collegare con idee, azioni e ragioni quello che ormai su tutto il territorio è organizzato o in via di organizzarsi tra il popolo.

Più di quanto normalmente si pensi, ci sono già tanti e tante che nei fatti e nelle loro vite, ognuno a modo suo, stanno facendo proprio questo. Questi sono gli altri frammenti, quelli che stanno cercando come unirsi.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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