La Jornada - Venerdì 28 luglio 2006
Prosegue l'allerta rossa nei villaggi zapatisti in appoggio ad Atenco
Le truppe insurgenti, pronte a combattere, ricorda Marcos
Questa è la nostra solidarietà, dice il subcomandante al FPDT
HERMANN BELLINGHAUSEN

Inavvertitamente per l'opinione pubblica, ma in modo convinto, le comunità zapatiste in resistenza e ribellione sono da tre mesi in allerta rossa e con loro i municipi autonomi del Chiapas e le cinque giunte di buon governo (JBG), che presto compiranno tre anni di funzionamento. La situazione di allerta significava questa volta una protesta difensiva dello zapatismo ed una dimostrazione di solidarietà con la popolazione di San Salvador Atenco, la sua lotta ed i suoi prigionieri politici. Ha generato anche una certa inquietudine e disorientamento tra coloro che, "dal di fuori", hanno cercato le autorità autonome da maggio ad oggi.

Come si ricorderà, il 4 maggio il subcomandante Marcos ha annunciato la più recente allerta rossa dell'EZLN, come risposta alla repressione dei poliziotti federali e mexiquensi contro la popolazione di Atenco e le decine di persone che si trovavano lì in solidarietà col Fronte dei Popoli in Difesa della Terra, FPDT. Quel giorno, l'altra campagna ha sospeso il suo giro per tutto il territorio nazionale. Questo 23 luglio si celebrava l'anniversario della fondazione del FPDT ed in un'assemblea di questa organizzazione il subcomandante Marcos ha descritto in che è consistita e come si sviluppa la nuova allerta rossa nei territori ribelli del Chiapas.

"Noi zapatisti abbiamo il nostro modo di appoggiare una cosa. Non appoggiamo solo a parole. Cioè: 'Ah, che bella che è la tua lotta! ti appoggiamo', e poi ci mettiamo a fare qualche cos'altro. Quando noi compagni e compagne siamo in allerta rossa vuol dire che le truppe insurgenti si preparano a combattere se ci attaccano. E vuol dire anche che le comunità si mettono in sciopero", ha spiegato il delegato Zero. "Far conto che un giorno arriva qualcuno qui ad Atenco e tutti i negozi sono chiusi. Allora domandano alla gente: 'Senti, perché è chiuso?'. 'No, perché il governo ha fatto una malvagità contro una comunità zapatista'".

Ha descritto come, in questi giorni, la gente che arriva nelle comunità, nei caracol e dalle JBG, trova tutto chiuso. Alla domanda del perché, gli zapatisti dicono: "È che i nostri compagni di Atenco li hanno incarcerati e stiamo chiedendo che li liberino". Allora, quella gente "deve voltarsi a vedere che cosa sta succedendo ad Atenco", ha detto Marcos.

"Tutto quello che è commercio verso l'esterno si chiude, è aperto solo quello che c'è all'interno di ogni comunità. Così, ci sono pure le truppe pronte a combattere se ci attacca il malgoverno... Quindi se voi andate ai caracol, che è dove arriva gente da tutto il mondo, è tutto chiuso. Non stanno funzionando le cooperative ecc.

È il nostro modo di fare. Non lo fanno vedere in televisione, non esce sui giornali. Voi non lo potete vedere. I compagni e le compagne dicono: 'noi sì, lo sappiamo: sappiamo che stiamo facendo questo per quei compagni'. Come siamo sicuri che se succedesse qualcosa là, voi fareste qualcosa. Forse la gente lo saprà o no, ma voi sapete che (gli zapatisti) stanno facendo qualcosa. E questo è quanto stiamo facendo nelle comunità. È difficile, perché significa che si chiudono molte cose e non ci sono contatti con la gente che viene da tutto il mondo. Ma qualcosa dobbiamo fare e questo è il nostro modo di fare. Ed adesso che sono già tre mesi, i compagni dicono 'è la lotta'. Se prima la facevamo per noi stessi, ora il parola 'compagno' e 'compagna' è più grande". Gli ejidatari, i contadini, gli uomini e le donne di Atenco - ha continuato Marcos - "sono uno di noi".

"Questa è l'allerta rossa. Se qualcuno va là, non trova con chi parlare. Non può parlare con i comandanti, con le giunte, né con i municipi autonomi. Continuano a funzionare, ma solo per noi, non per l'esterno. È il nostro modo di appoggiarvi, compagni. Sì, è difficile, ma molta gente del mondo sta voltandosi a guardare voi per questo motivo".

Marcos ha spiegato che continuano a funzionare i servizi di educazione e salute. "Ma, per quanto difficile possa essere la nostra situazione, rimane sempre più difficile quella di Nacho, Galindo e Felipe (gli atenquensi incarcerati nella prigione di massima sicurezza di La Palma). Stanno peggio di noi. Noi non siamo in buone condizioni, ma non siamo tristi. Continuiamo a fare feste ed inoltre siamo molto divertiti dal casino che c'è lassù nei malgoverni. Siamo contenti che ci sia stata molta solidarietà con Atenco, vogliamo che ce ne sia ancora di più. Non siamo insomma tristi ed afflitti per la nostra lotta. Noi pensiamo che sia da fare". Ha ribadito che "non ci sono contatti con l'esterno, ma se qualcuno si ammala se ne occupano i nostri promotori di salute e le lezioni continuano nelle scuole dei municipi autonomi".

 

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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