El Universal - domenica 28 maggio 2006
Bambini di Atenco: il sorriso perduto
Vivono con la paura che ritornino i granaderos. Sanno che, se si ripetono i fatti del 3 e del 4 maggio, devono cercarsi un nascondiglio sicuro - I loro giochi sono cambiati: alcuni diventano poliziotti che con tubi e pali fanno finta di picchiare i contadini - Questi ultimi "vincono sempre"
CINTHYA SÁNCHEZ

SAN SALVADOR ATENCO - Nella spianata di Atenco si trova il nascondiglio di Sebastián, un serbatoio d'acqua che dall'alto vigila sul paese. Per arrivarci bisogna salire circa 50 scalini di ferro. Sebastián li ha studiati bene. Dice che se arrivano i granaderos si nasconderà lì. "Mi affaccerò con la testa dal buco, ma non mi vedranno mai, aspetterò che se ne vadano via e poi scenderò a cercare il mio nonnino".

"Non mi piace nascondermi, ma non mi rimane altro da fare; se fosse più grande, prenderei il mio machete", perché la sua maggior preoccupazione è ora suo nonno, che partecipa nel Fronte di Popoli in Difesa della Terra di San Salvador Atenco.

"Ho paura che lo picchino e lo mettano in prigione", dice.

Sebastián nasconde il suo sguardo sotto la visiera del berretto quando riconosce che a 10 anni non ha forza fisica per difendersi. Se gli toccasse vedere dal suo nascondiglio come picchiano suo nonno, potrebbe solo chiudere gli occhi, stringersi le mani perché smettano di tremare ed aspettare. L'ha già fatto l'alba del 4 maggio quando la polizia è arrivata nel paese, ma il nascondiglio non è stato il serbatoio d'acqua, ma la parte posteriore dell'auditorium, dove i contadini stavano discutendo che fare.

Ricorda come fosse adesso il resoconto del suo migliore amico, Carlos. "Si son portati via suo papà ed hanno rotto la televisione, hanno buttato a terra tutte le sue cose. Lui mi ha raccontato che si è nascosto sotto al letto insieme alla sua nonnina e che i granadoros non li hanno picchiati", racconta.

Sebastián esce da scuola alle 12 e 30. A partire da quell'ora è testimone delle conversazioni di quelli del Fronte. Gioca nella spianata, fa il compito vicino ai cartelli di protesta, ascolta i suoi zii ed i papà dei suoi amici parlare dei carcerati e delle donne violate. Non sa quando ritorneranno i granaderos, ma la sua famiglia e lui pensano che possa succedere in qualsiasi momento.

La maggioranza dei bambini che abbiamo incontrato dicono che "la vede brutta", non trovano altre parole per esprimere paura, angoscia, impotenza e preoccupazione. Vedono nei granaderos delle persone cattive che hanno attaccato la loro gente senza un motivo.

Fuori dall'auditorium c'è un cartello che invita ad un festival infantile: risalta la scritta "Restituendo il sorriso ai nostri bambini". È stato realizzato dalla comunità di Atenco e dalle organizzazioni che l'appoggia. Lì i bambini hanno potuto scrivere e disegnare su cartoncini quello che sentivano. Anche nelle vetrine dove si pubblicano gli avvisi alla comunità ci sono alcuni messaggi dei piccoli.

I giochi sono cambiati. Oggi i bambini di Atenco si divertono a diventare granaderos. Con tubi e pali fanno finta di picchiare un gruppo di contadini. "Vinciamo sempre noi contadini", dice Carlos, di nove anni.

La maestra Esther racconta come le bambine parlano mortificate: Samantha di neanche quattro anni, è figlia di una signora che vende pannocchie e verdure al mercato: l'hanno portata nella prigione di Santiaguito. Adesso è uscita dopo aver pagato una cauzione di 50mila pesos.

"Samantha piange nel suo banco a scuola. Ha paura. Dice che sua mamma non l'hanno violata, grazie a Dio, ma che ora devono molto denaro. Ogni volta che parliamo di quello che è successo chiede alla sua migliore amichetta di lasciarci sole".

La paura più grande che si percepisce nei bambini intervistati è che ritornino i granaderos, che entrino in casa e che si portino via senza alcuna ragione i loro familiari, che picchino i loro nonni e che violentino le loro madri, che rubino i soldi e la televisione.

I figli degli uomini e donne del movimento di Atenco vedono i leader come loro parenti. Sono cresciuti con loro. Talí, per esempio, vede in Nacho Del Valle, leader del movimento, uno stretto parente. Ha appena tre anni. Sua nonna racconta che alla sera prima di mettersi a letto si mette in ginocchio di fronte alla croce che pende dal suo guardaroba e chiede: "Dio, tira fuori Nacho dalla prigione, per favore".

Domandando a Talí che cos'è la prigione, risponde: "Un posto brutto dove ci sono gli uomini neri".

Ha un piccolo bambolotto grassoccio che ha chiamato Nachito, con affetto; con lui va al mercato. Su di un braccio carica Nachito e dà l'altra mano a sua nonna, madre del leader del Fronte.

Suo fratello Alejandro ha 12 anni. Ha vissuto tutta la sua vita per ora in Atenco. Dal 2001 andava con i suoi zii nella spianata col suo piccolo machete. "Ora non ce l'ho più, ma sono stato fotografato quando ce l'avevo".

Alejandro per una settimana non ha mangiato. "Non avevo fame. Pensavo a mio zio continuamente ed a tutto quello che hanno fatto al mio paese. Ho paura. Ora non esco in strada, vado solo alla scuola ed a pregare perché non torni la polizia".

La sua famiglia ha dovuto nascondersi. Suo zio è sparito per una settimana. Cerca di continuare la vita di tutti i giorni, ma sogna elicotteri. "Dico a mia nonna che dobbiamo andarcene via di qui, perché i poliziotti sono più forti di noi. Non rispettano niente, hanno rivoltato le case dei miei amici, hanno buttato a terra tutte le loro cose, hanno solo lasciato in pace i loro santi, ma Dio li castigherà lo stesso".

Una delle lettere dei bambini che in vetrina dice così: "Perché quelli che violano e feriscono non sono incarcerati?". È firmata Fátima. L'ha scritta domenica 21 durante il festival realizzato dalle organizzazioni che appoggiano il movimento.

"Provo molta tristezza e contemporaneamente molta paura, perché se succedesse qualcosa alla mia famiglia non gliela perdonerei mai. Mi piacerebbe che le famiglie dei granaderos sentissero allo stesso modo che noi perché provino pietà. Non sanno quanto danno ci hanno fatto", firma Fátima.

Proteggono la loro innocenza

Dopo le 12 e 30 all'uscita dalla scuola, le strade di Atenco cominciano a riempirsi di bambini. Passano in gruppo, in coppia, dando la mano alla nonna o in bicicletta con la mamma. Escono per le tortillas, giocano a pallacanestro sulla spianata. Però: non si parla con gli estranei, niente fotografie, nessun nome. Sono amichevoli, ma limitano i saluti ed i sorrisi agli estranei.

Sono i più protetti. La gente ha paura che parlino. Temono che si possano utilizzare. Pensano che la Segreteria di Governo o il governo statale stiano inviando poliziotti travestiti da civili per ottenere informazioni da loro.

"Vogliono sapere dove vivono, di chi sono figli, chi nascondono in casa", dice la signora Marcia, abitante di Atenco.

Spiega che dà cinque minuti ai suoi nipoti per tornare a casa: se tardano di più, esce correndo a cercarli. "Se non arrivano è perché sta succedendo qualcosa di brutto. Non possiamo fidarci ed i bambini non possono parlare perché lo fanno innocentemente e non sanno che quello che dicono può essere usato contro di loro", afferma.

Sono i più amichevoli di Atenco, perché alla fine di tutto i bambini non misurano il pericolo. Rispondono a quasi qualsiasi domanda una volta che sia stato dato loro il permesso di parlare, altrimenti corrono a casa e cercano rifugio presso un adulto informandolo che qualcuno di estraneo ha cercato di abbordarli.

I più piccoli chiedono alla mamma, come Rafa, di cinque anni, che quando gli domandiamo come si sente in Atenco dice a sua madre con un sorriso tenero ed innocente: "Lasciami rispondere, mamma, dai mamma, lascia che mi facciano una foto, mamma!".

La mamma è Maribel e dice che le fa paura uscire coi suoi figli per strada. "Si dicono molte cose e qui nessuno è di fiducia. Se lascio parlare i miei figli e dicono come si sentono, corro il rischio che mi brucino la casa per vendetta. Qui è meglio non intromettersi in niente e stringere forte la mano dei bambini quando camminiamo per il paese".

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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