La Jornada – 27 novembre 2006
Nella riunione con il delegato Zero, denunciano che Vicente Fox ha assistito solo i meticci
Indigeni pames denunciano manovre del governo per sottrarre loro le terre
Assicurano che la segretaria Xóchitl Gálvez non fa niente per risolvere la situazione
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Las Palmas, SLP., 26 novembre - La "guerra nazionale" del Procede contro le proprietà comunali dai popoli indios scatena in questa comunità del municipio di Tamasopo una delle sue battaglie più rappresentative. Come in tutti i luoghi in cui si stabilisce questa "guerra" silenziosa e legale, si cerca rendere invisibili i contadini originari, li si minaccia e persegue, si tenta di dividerli attraverso la corruzione e la disinformazione. Ma come in molte regioni indie del Messico, i popoli oppongono resistenza totale ai programmi di assegnazione di titoli di proprietà e privatizzazione che i governi di Carlos Salinas hanno promosso da queste parti con le buone e con le cattive.

Quando il presidente Vicente Fox recentemente ha visitato La Palma, ha deciso che i pames non esistevano. "E' venuto a servire i meticci", dice un anziano di questo popolo xi'uy (come chiamano se stessi i pames) rivolgendosi al delegato Zero, durante un'ampia assemblea degli indigeni di questa parte della Huasteca, nel contesto dell'altra campagna. "Fox si è messo con i ricchi. Aveva vergogna a stare con gli indios". Questo, nonostante siano la maggioranza della popolazione. I meticci sono 300, gli indigeni più di mille.

Li hanno dichiarati inesistenti anche la Segreteria della Riforma Agraria, la Procura Agraria e l'Istituto Nazionale di Statistica, Geografia ed Informatica, "radiandoli" dall'anagrafe ejidale, lasciando solo i 300 estranei che cercava Fox. Un anziano lo dice crudo: "Il nostro principale problema sono i meticci". Sebastián de la Cruz Olvera, attuale governatore tradizionale di questo popolo ancestrale, la mette così: "Qui tutti hanno sofferto a causa dei nostri mezzi fratelli meticci".

Nei fatti neanche esistono per Xóchitl Gálvez, l'amministratrice degli affari indigeni nel governo di Fox. Ha ricevuto personalmente la documentazione e le domande dei xi'uy. Anche se gli indigeni hanno insistito, la funzionaria e l'istituzione di sua competenza non dicono né fanno niente, come dice il governatore tradizionale davanti a centinaia di contadini pames di Las Palmas e di altri villaggi, ranchos e municipi, tutti riuniti con il subcomandante Marcos.

E se c'erano dubbi, "la polizia ci cerca, perquisisce le nostre case ed i meticci ci minacciano di ammazzarci, impiccarci, solo per togliere la terra ai xi'uy". La comunità di Las Palmas, che esisteva prima dell'arrivo dei conquistatori, possiede 34 mila 780 ettari per decreto presidenziale del 1922. Da allora ne reclamano 45 mila, ma nessuno li prende in considerazione. Ora, mediante il Procede, il governo li vuole "privatizzare" e spogliarli di quello che hanno. Le istituzioni si sono alleate con i latifondisti e sono ricorse al metodo di comprarsi qualche "alleato": il commissario ejidale Celerino Castillo Castillo e circa 30 seguaci. Con la sua firma "autorizzerebbe" il procedimento di esproprio.

In un'assemblea ancora più partecipata di questa (oggi il salone è stracolmo di uomini con il loro cappello di palma e di molte donne di tutte le età), Celerino fu destituito come "traditore" del suo popolo, ed il primo gennaio del 2006 fu eletto un nuovo commissario, Joaquín González, che afferma: "Se la Procura Agraria non mi vuole riconoscere, non importa. Il popolo mi elegge e mi caccia". Ammette: "È pesante, ma ho le prove, loro vogliono solo il denaro. Con l'appoggio di tutto il mio popolo andrò avanti. Senza unione, non conto niente".

I xi'uy dovettero pagare alla corona spagnola le terre dove vivevano da secoli, ma non furono mai sconfitti dalle armi del conquistatore. Li hanno sempre voluti derubare; ora, la modernità neoliberale. Vederli e sentirli dà una certezza: ce la faranno ancora. Don Luis Sánchez ("vivo e lotto in questo mondo da 87 anni") prende il microfono e con voce ruggente dice ai presenti: "Il governo dice che gli indigeni sono spariti. (...) La terra è nostra. Non dobbiamo avere paura né vergogna. C'è la legge, ma non rispetta i diritti degli indigeni. Per questa terra abbiamo versato sangue. Ci fa male il cuore perché i nostri genitori e nonni hanno versato il sangue per difenderla".

Parlano rappresentanti xi'uy di diversi municipi. I problemi sono simili. Un uomo di Tierras Coloradas dice: "Non lasciamoci intimorire da quelle persone che vogliono imporre d'autorità il Procede. Non dobbiamo permettere che ci impongano regole da fuori. Paghiamo le tasse e siamo i padroni di questo posto. Dobbiamo difenderlo per i nostri figli e figlie, per il bene della nostra nazione messicana".

Sono presenti vari ex governatori tradizionali che godono di riconoscimento generale. Francisco de la Cruz, Panchito, merita un'ovazione. "Ha affrontato il cacicco Jonguitud Barrios", ricorda la donna che lo nomina dal microfono. Tutti lottano per conservare boschi, acqua, territorio. Un altro uomo dice a Marcos: "La proprietà dei xi'uy è un seme dimenticato, calpestato, ma fiorirà. Lei, cittadino, porti il messaggio affinché si sappia quello che vogliamo: una nuova Costituzione che ci difenda".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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