La Jornada – Martedì 25 luglio 2006
Marco Rascón
2 luglio

Pensiamoci. Questo 2 luglio ha dato un mandato alle messicane ed ai messicani: la fine del vecchio regime. È un momento di cambio tra la continuità di un paese ingiusto o la trasformazione sociale, economica e democratica. È un momento di definizione tra politica senile, vecchi interessi, vecchi partiti e la possibilità di una nuova cultura politica ed una profonda consapevolezza tra i cittadini dei loro diritti e doveri.

Questo 2 luglio il mandato delle urne è l'unificazione, essenzialmente, delle forze democratiche, progressiste, riformatrici e rivoluzionarie, riconoscendo i contributi di tutte le radici programmatiche che sono stati piani e proclami di trasformazione del paese da quando il Messico ha lottato per la sua indipendenza.

Oggi è arrivata l'occasione di porci correttamente di fronte al mondo, nel modo più avanzato della scienza politica e della formazione degli stati, mantenendo l'anelito permanente di salvaguardare la nostra sovranità ed indipendenza e con ciò elevare i nostri valori culturali.

Sulla base della coerenza e ricerca della legittimità, i risultati elettorali del 2 luglio sono stati contestati. Tra qualche giorno ci si aspetta la risoluzione del tribunale elettorale, il quale deciderà a partire dalle regole e dagli accordi sottoscritti in precedenza. Davanti a ciò, questa forza espressa dalle urne e dalla mobilitazione per la trasparenza elettorale non può finire in frustrazione, perché sarebbe fare il gioco della contrainsurgencia.

Che si vinca o si perda la presidenza, il mandato profondo delle urne deve essere rispettato: riformare il paese a fondo, perché il sistema politico attuale è finito e con lui la maggioranza del paese perde. Il risultato attuale rende tutte le forze parte del governo o le obbliga ad esercitare un veto permanente.

Dunque, la via d'uscita è un congresso costituente, dove i 200 deputati plurinominali siano aperti alla rappresentanza cittadina diretta, senza passare per i partiti. Una nuova costituente per rivedere completamente i termini, gli squilibri e le norme dei trattati commerciali sottoscritti dai precedenti governi, recuperando la capacità di decidere.

Il mandato delle urne è la trasformazione economica per difendere la centralità dello Stato nell'economia e nell'organizzazione del sistema finanziario, affinché questo risponda ai bisogni nazionali e non a quelli della speculazione, del lusso e la mancanza di risorse per lo sviluppo. Una politica sociale integrale, prodotto di riforme strutturali legate a forme distributive. La politica sociale dello Stato non può reggersi sulla carità e la filantropia, ma creare condizioni per l'uguaglianza di opportunità.

In questo senso la centralità dello Stato richiede riforme nel settore dell’energia, indigeno, dell'istruzione, del lavoro, fiscale, culturale ed un accordo minimo di 30 anni per recuperare il potere d'acquisto reale dei salari, migliorare le entrate dei lavoratori, creare fonti di impiego e rafforzare con questo il mercato interno. Non è una soluzione la creazione di posti di lavoro effimeri con opere faraoniche sessennali.

Il messaggio delle urne si è espresso col 35% dei voti e con un distacco dello 0,58% dal discusso vincitore delle elezioni. Sopra o sotto, per tutti i contendenti questo segna limiti precisi per l'esercizio di governo. È un chiaro segnale per le forze del vecchio regime e per tutti i partiti politici, senza eccezione, di richiesta di un nuovo sistema di rappresentanza politica.

Questa forza del 35% espressa dalle urne e dalla mobilitazione non potrà essere esclusa. Questo significa che non potranno esercitare impunemente una politica di intolleranza, di vecchi valori, di politiche privatizzatrici e conservatrici contro le libertà e i diritti civili. Non potranno privatizzare le risorse petrolifere né l'elettricità a beneficio della vecchia oligarchia. Per questo l'iniziativa è urgente davanti alla tentazione che il PRI, il PAN ed il Panal concordino un governo di esclusione mettendo insieme tra loro il 60% della rappresentanza nel Congresso. Il Messico non potrà essere tagliato fuori dal resto dell'America Latina. Con questo 35% è fondamentale definirsi nuovamente come latinoamericani.

Lo Zócalo non sarà un vicolo cieco, ma una forza che dice al resto dei messicani e al mondo che questo paese cambierà. Ben oltre le risoluzioni elettorali del tribunale elettorale, è fondamentale convocare tutte le organizzazioni sociali, civili, culturali, professionali, l'intellighenzia, gli scienziati, a costruire un nuovo progetto di costituzione e fare di questa forza un riferimento per il Messico del secolo XXI.

Da questa base e dal 35% espresso dalle urne si esortano PRI, PAN, PASC e Panal, più tutte le associazioni politiche nazionali, mezzi di comunicazione, università, a creare lo spazio in cui definire le regole di una nuova costituzione e riforma dello Stato.... Pensiamoci.

[marcorascon@alcubo.com]

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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