La Jornada - Sabato 25 febbraio 2006
Arriva il delegato Zero in una "triste, povera ed abbandonata" Città Sahagún
"Politici e ricchi hanno umiliato la bandiera come mai nella storia"
In Tlaxcala ha ascoltato contadini: la Cervecería Modelo impone il prezzo dell'orzo
HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Città Sahagun, Hgo, 24 febbraio - Questo pomeriggio l'altra campagna è arrivata in una città industriale dove il collasso è già arrivato ed oggi è il fantasma di se stessa. "Città triste, povera ed abbandonata", la definisce uno dei giovani che ricevono questo pomeriggio il delegato Zero nel parco Rodrigo Gómez, in quello che formalmente è il centro di un posto senza centro. Ubicata ad un estremo delle pianure di Apan, Città Sahagún conserva qualcosa della sua attività industriale, ma mostra le rovine delle "nuove" fabbriche che nessuno si è disturbato di concludere che sono solo scheletri di travi o pesanti strutture di cemento che non hanno mai avuto, né avranno mai finestre o rifiniture. O le unità residenziali semiabbandonate, sulle terre degli eredi del milionario porfirista Torres Adalid.

Un altro di quei sogni di sviluppo che punteggiano la storia del Messico. Il governo di Luis Echeverría ha posto qui un ambizioso polo industriale che un tempo si è popolato di operai qualificati provenienti da altre città che fecero funzionare automotrici, costruttrici di vagoni ed altri giganti industriali. La bonaccia industriale si era portata dietro non poche battaglie sindacali degne di memoria, quando la lotta degli operai democratici palpitava nel cuore del paese, nonostante il sindacalismo giallo, ai tempi del Fidel Velázquez e di tutta quella banda priísta.

Nella sua apparente normalità -mi ricorda il Flint (Michigan) di Michael Moore- Città Sahagún mostra i disastri del progresso che se n'è poi andato lontano. Buona parte della sua popolazione maschile è emigrata al nord, dall'altra parte, lasciando alle sue spalle quanto si può vedere.

Bandiera resa

Rivolgendosi ad un gruppo ridotto di persone nel centro di questa città (perché l'atto è iniziato con cinque ore di ritardo), il subcomandante Marcos ha detto questo pomeriggio: "Oggi che è il Giorno della Bandiera è importante che ci riferiamo a quanto sta succedendo lassù, nei governi, perché si presume che Fox ed i governatori ed i presidenti municipali stanno facendo atti in onore della bandiera, ma la realtà che stiamo vedendo nel nostro paese non ha niente a che vedere con quegli onori. Quello che stiamo vedendo in realtà è che hanno fatto arrendere la nostra bandiera agli stranieri".

... "Con un gruppo di cittadini e cittadine, prima centinaia, dopo migliaia, dopo decine di migliaia, ora già centinaia di migliaia, abbiamo detto che non siamo d'accordo con questo, che nel mondo si capisca che i governi che sono in Messico non ci rappresentano. Non siamo d'accordo che quelli che stanno lassù ci rappresentino ed inoltre vivendo alle nostre spalle".

Un giovane aveva detto poco prima: "La vita da studente sta per sparire, o si sta privatizzando, il che è lo stesso".

Non lontano, in Calpulalpan, il subcomandante Marcos aveva parlato dopo mezzogiorno davanti a centinaia di persone che lo hanno salutato ai confini dello stato di Tlaxcala: "Cinque anni fa, un 24 febbraio, iniziavamo la marcia del Colore della Terra. Insieme a milioni di messicani, siamo andati al Distretto Federale per esigere dal governo che riconoscesse i diritti e la cultura dei popoli indios. Allora, nello Zócalo di Città del Messico e di fronte al palazzo del governo federale, abbiamo sventolato la nostra bandiera ed abbiamo detto che chiedevamo l'appoggio di tutti affinché non ritornasse l'alba in questo paese senza che quella bandiera fosse dei popoli indios e li riconoscesse. Dopo è successo ciò che è successo, ed è risaputo... i grandi partiti politici, quelli che oggi c'ingannano dicendoci di votare per loro, perché ora cambieranno davvero le cose, voltarono la faccia di fronte alla richiesta di tutti quei milioni di messicani e della gente in tutto il mondo".

Parlando a livello della strada, con uno striscione alle sue spalle che annunciava l'altra campagna e che serrava il passo ai veicoli, il delegato zapatista ha detto: "Durante questi 12 anni abbiamo visto che quella bandiera che non ci ha accettato, ha continuato ad espellere dei colori patri molti più milioni di messicani. Ha espulso bambini, donne, giovani, lavoratori della campagna e della città, anziani. Quelli che stanno lassù in alto hanno afferrato quella bandiera come se fosse un straccio, l'hanno infangata, l'hanno riempita di merda ed ogni volta che arriva l'ordine di Bush o della sua gente, la mollano al suolo per passarci sopra con le loro scarpe. I politici ed i ricchi hanno umiliato quella bandiera come mai prima nella storia di questo paese".

Noi zapatisti "pensiamo di dover fare un grande movimento. Cercare uomini e donne come voi che non possono star a guardare, senza far niente, come questa bandiera è stata infangata e sporcata. Senza fare un'altra bandiera ed innalzarla da dove si innalzano le bandiere che è dal basso, con gente umile e semplice come noi".

Facendo riferimento ad Ernesto Zedillo e Vicente Fox, ha sottolineato: "È una vergogna che questo paese sia rappresentato da gente così. È una vergogna che quella bandiera stia essendo onorata ed innalzata dal governatore di Tlaxcala che è anche un ladro. Ed è una vergogna che in ogni stato della Repubblica, governanti che sono del PRI, del PAN, del PRD, del PT, di Convergenza, del PVEM, stiano innalzando quella bandiera quando l'unica cosa certa è che stanno tirandola giù tutti i giorni, davanti alle richieste dei ricchi soprattutto stranieri. Non provano vergogna a salutare quella bandiera, se stanno ridendosene e stanno ridendo anche di noi".

Dopo aver percorso migliaia di chilometri di strade e viali in nove stati del sud e del centro messicano, Marcos ha detto oggi che "le campagne elettorali sono puri annunci ridicoli che non dicono niente. Ed ogni volta che li ascoltiamo alla radio, o li vediamo alla televisione o sui giornali, sentiamo che si stanno burlando di noi, che stanno dicendoci: 'Io ti ho tolto il denaro, te l'ho rubato, io ti ho tolto la tua terra. Io ho un sistema legale che permette che il ricco non paghi mai e che il povero che lotta finisca in prigione. Sono colui che permette che tu come donna sia perseguitata e molestata, colui che permette e fa leggi affinché tu come giovane sia trattato da delinquente. Sono colui che permette e promuove che ti disprezzino per il colore indigeno e la cultura e la lingua che hai. Io sono colui che permette che nel lavoro i padroni ti umilino, non rispettino i tuoi diritti e ti paghino una miseria. Sono lo stesso che fa leggi affinché i prodotti del campo non valgano niente. Sono colui che ti sta espellendo da questo paese affinché tu vada a cercare lavoro dal mio padrone Bush'.

Come ci possono chiedere rispetto? Loro che si sono burlati di noi tutte le volte che sono arrivati al potere. Quello che stiamo dicendo è che non bisogna né guardare né ascoltare in alto. Non bisogna far caso alle voci che stanno diffondendo. Non è vero che la soluzione per questo paese sta lassù in alto. E non è vero che il riscatto della Bandiera Nazionale lo faranno quei politici. Noi diciamo che dobbiamo guardare verso il basso, guardare gente come quella con la quale stiamo qui, che non importa se siamo molti o se siamo pochi, ma è gente che è decisa a cambiare".

Il delegato Zero ha approfittato del Giorno della Bandiera per dichiarare: "Ora che si stanno facendo le elezioni, noi abbiamo già scelto e scegliamo di guardare in basso, di ascoltare gente come voi in tutto il paese e di unire tutte queste lotte e di alzare un grande movimento nazionale che mandi in prigione tutti i grandi politici. E con loro i grandi proprietari, i grandi padroni. Che se ne vadano via insieme ed allora inizieremo ad alzare insieme la Bandiera nazionale ed un altro paese. Oggi 24 febbraio siamo venuti a dire che il nostro movimento vuole alzare un'altra bandiera, quella del Messico, però adesso con orgoglio e dignità".

Capitale assetato

Prima che il subcomandante Marcos prendesse la parola in Calpulalpan il dottor Francisco Castro Pérez, commissario per l'ecologia nelle pianure tlaxcaltecas, si è interrogato sul futuro del luogo.

"Questa è una zona riservata per quando il Distretto Federale sarà assetato", ha commentato in una breve intervista il dottor Castro Pérez, che c'era anche ieri in Acuitlapilco, un altro luogo dove il tema dell'acqua è molto sensibile. Ci ha raccontato che Camilo García, del gruppo Modelo, può disporre liberamente delle risorse idriche della zona, gli abitanti no.

L'impresa produttrice di birra che regna su queste terre, obbliga i contadini a vendere l'orzo ai prezzi che lei, la Modelo, impone. E se i produttori chiedono un prezzo migliore, sono immediatamente minacciati: il loro orzo non è assolutamente indispensabile, la Modelo può andare a comprarlo da qualsiasi altra parte.

Il professor Filiberto Ruiz Torres, parlando nella piazza di Calpulalpan, "nel cuore del mondo acolhua", parla dell'altopiano, noto pure col nome di Pie Grande, e racconta che ci lavorano 50mila produttori di orzo. "Su Calpulalpan, il neoliberalismo ha impresso il suo marchio". Ed i partiti politici, ha aggiunto, "si sono dedicati ad amministrare la povertà".

Si è riferito a Mariasún (María Asunción Aramburuzavala), una delle cinque donne più ricche dell'America Latina, personaggio di punta della Cervecería Modelo ed ospite abituale delle riviste di società e "del cuore". Lei rappresenta il potere quasi totale del capitalismo su migliaia di produttori agricoli.

Finendo l'atto in Calpulalpan, la carovana del delegato Zero ha attraversato i dorati campi di orzo di Apan, in altri tempi capitale mondiale del pulque, verso Città Sahagún, per iniziare il percorso hidalguense dell'altra campagna passando per "la porta grande", come proclamano le insegne municipali che segnalano il passaggio da Tlaxcala e Hidalgo in questo punto, non lontano da Texcoco, dove tempo fa c'è stato uno dei più grandi disastri ecologici, con la morte dell'acqua e l'esplosione della "macchia urbana" che, assetata, spunta dalla valle di Anáhuac.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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