La Jornada – Venerdì 24 novembre 2006
Calderón comincerà a cadere fin dal primo giorno di insediamento, avverte il capo ribelle
Marcos: “Siamo alla vigilia di una grande insurrezione o di una guerra civile
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Bagdad, Tamps., 23 novembre - L’insediamento di Felipe Calderón il primo di dicembre sarà "il principio della fine di un sistema politico che dalla Rivoluzione Messicana si è incistato ed ha iniziato ad ingannare, generazione dopo generazione, fino ad arrivare ad oggi e dire 'basta'", ha avvertito il subcomandante Marcos in conferenza stampa. Calderón, ha aggiunto, "comincerà a cadere fin dal primo giorno".

Ed ha affermato: "Siamo nella vigilia di una grande insurrezione o di una guerra civile". Alla domanda su chi l'avrebbe guidata, ha risposto: "la gente, ognuno nel suo posto, in una rete di mutuo appoggio. Se non facciamo che sia così, ci saranno sollevazioni spontanee, esplosioni civili dappertutto, una guerra civile dove ognuno baderà al proprio benessere, perché ci sarà ormai la possibilità di attraversare dall'altra parte". Ha citato il caso di Oaxaca, dove "non ci sono leader né capi; è la stessa gente organizzata. Sarà così in tutto il paese".

Rispetto all’attuale tappa dell’altra campagna, ha detto: "dopo che gli zapatisti hanno sollevato il velo che occultava la realtà delle comunità indigene del Chiapas, siamo partiti per incontrare la povertà in campagne e nelle città, e che adesso vediamo anche per mare. Nel paese esiste una scenografia montata dai partiti politici, ed ultimamente da Vicente Fox, che mostra che tutti stanno bene".

Nel caso del nord del paese, ha aggiunto, "è da brivido" la differenza tra com'è e quello che si dice: "Che il nord è panista ed ama Fox, che tutti vivono bene. Ma vediamo che è uguale a quello che succede nelle comunità indigene più umili del sudest".

Sostiene che Oaxaca è "un indicatore" di quello che succede nel paese. "In Nuevo Laredo ci dicevano che il problema di Tamaulipas è che qui tutti sono Ulises Ruiz: il presidente municipale, il Congresso dello stato, il governatore. Ci sono troppi Ulises Ruiz e la gente è stufa. Se non ci sarà una soluzione civile e pacifica, che è quanto proponiamo nell'altra campagna, allora sarà il 'si salvi chi può'".

Ha aggiunto: "non riconosciamo il presidente ufficiale né il legittimo. Per noi non conta nulla chi sta in alto. Quello che conta è ciò che sorgerà dal basso. Quando faremo questa sollevazione, spazzeremo via tutta la classe politica, anche quelli che si definiscono della sinistra parlamentare".

Sulla violenza ed il potere del narcotraffico, ha affermato che questa è "un'altra scenografia" che colpisce soprattutto gli stati del nord, dove il principale problema è la sicurezza, e non la situazione di povertà. "Si enfatizzano le lotte tra narcos, o tra narcos ed i politici, perché sappiamo che i politici sono legati a qualcuno dei cartelli, e poi si dimentica la cosa fondamentale: per esempio, ciò che succede a Playa Baghdad, Nuevo Laredo o Reynosa, per parlare di Tamaulipas. Diventa notizia solo quando ci sono scontri tra i gruppi criminali e si dimentica quello che succede alla gente che lavora e lotta".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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