La Jornada – Martedì 24 ottobre 2006
Sulla costa di Sonora esprimono la loro identificazione con il Congresso Nazionale Indigeno
Ad essere di troppo qui, sono i politici, dice Marcos ai rappresentanti comca'ac
Quando stiamo con quelli che ci sostengono non servono le armi, afferma il delegato Zero
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Punta Chueca, Son. 23 ottobre - La resistenza del popolo comca'ac (chiamato "seri" dal dominio yaqui, e poi dagli yori, o meticci), risalta le contraddizioni e l'irrazionalità del "progresso" come lo intendono politici ed investitori; non solo per il razzismo e la discriminazione tipici della classe dominante verso i popoli originari, ma pure per la tendenza suicida del capitale rispetto alle risorse naturali che sono proprietà di tutti i messicani.

Il subcomandante Marcos, portando al collo le collane di conchiglia e pietre offertagli dalle donne comca'ac, si è rivolto affettuosamente a questi pescatori e raccoglitori. "Voglio raccontarvi la nostra storia. Siamo indigeni e come per il comca'ac il cuore sono l'isola ed il pescecane, così per noi il cuore è la montagna. Arrivò un giorno in cui il ricco voleva rubare anche la nostra montagna perché ha petrolio, acqua, alberi. Ci avevano già rubato la terra buona, ce l'avevano i proprietari terrieri. I nostri capi si riunirono, come voi, e dissero adesso basta, basta tanta ingiustizia; ci siamo sollevati in armi ed abbiamo cacciato i proprietari terrieri dalle terre; le abbiamo prese e distribuite collettivamente tra le comunità. Da allora nelle nostre terre non comanda il governo, né l'Esercito, né la polizia; comandano le comunità.

Ma ci siamo accorti che quando siamo soli dobbiamo combattere con le armi, mentre quando stiamo insieme con altri che ci aiutano non si ha bisogno delle armi, si ha bisogno della parola, dell'accordo. Ed abbiamo visto che era necessario camminare per tutto il Messico per cercare i popoli indios ed imparare da loro. Siamo andati in Bassa California ed abbiamo visto il popolo cucapá che vive di pesca ed il governo non gli dà il permesso, ma al ricco sì. Abbiamo proseguito il cammino ed il popolo odd'ham ci ha raccontato che le sue terre le usa il ricco per metterci la spazzatura che avvelena la terra, e per loro il deserto è il loro cuore. Ci stanno togliendo la terra con leggi molto furbe".

Marcos ha raccontato: "Abbiamo fatto una lotta perché ci fosse una legge che si rispetti. Come dice il cartello all'entrata di questo villaggio, non si può toccare pietra, animale né pianta senza il permesso dell'autorità tradizionale, e noi diciamo che questo deve essere valido in tutti i paesi dell'America, non solo del Messico. Sappiamo che quando il ricco viene e si porta via un sasso è solo per fare danni con quel sasso. Sappiamo che vogliono distruggere queste spiagge. Vuole il gambero per trasformarlo in merce, e domandiamo perché il governo arriva con questa stronzata dall'ordinamento ecologico se il comca'ac è qui da migliaia di anni e la natura è contenta".

Popolo scomodo al potere yori

I rappresentanti di questo popolo hanno parlato ieri sera con Marcos e questa mattina, nel contesto dell'altra campagna sulla costa di Sonora, hanno sottolineato la loro identificazione col Congresso Nazionale Indigeno (CNI), al quale si sono uniti recentemente. Carlos González, a nome dello stesso CNI, ha esposto la situazione di questo popolo sonorense tanto scomodo al potere yori: "I rappresentanti delle grandi industrie, i governi stranieri ed i più ricchi del paese vogliono fare lo scalo Escalera Náutica, un gigantesco progetto promosso dal governo federale e dai governi di Sonora, Bassa California e Bassa California Sud (rispettivamente, uno priista, un altro panista ed un altro perredista), spingendo un piano del governo degli Stati Uniti e delle imprese che vogliono impadronirsi del Golfo della California".

Questo progetto "ha come finalità la privatizzazione delle coste, delle spiagge e delle isole di Bassa California, Sonora e Sinaloa, con hotel, progetti turistici, zone di caccia, sfruttamento intensivo della pesca ed 'esplorazione' di tutto quello che nasce in terra e in mare", ha aggiunto González davanti a più di un centinaio di uomini e donne comca'ac.

Si tratta "di tentare l'esproprio sfacciato delle terre e delle spiagge di centinaia di comunità contadine". Questo progetto congiunto della classe politica messicana e del governo statunitense vuole strappare i territori ancestrali ai popoli indigeni "che da migliaia di anni vivono in questo luogo che solo 200 anni fa incominciò a chiamarsi Messico, ma che è già stato battezzato prima dalle lingue che hanno abitato e percorso la regione. Il governatore Eduardo Bours Castelo minaccia continuamente di impadronirsi dell'isola Tiburón e di espropriarla". Se succede questo, ha affermato González, la nazione comca'ac potrebbe scomparire. "Tuttavia, fratelli e sorelle, ricordiamo bene le vostre parole, voi ci avete raccontato come avete resistito alla voracità ed alla violenza del conquistatore spagnolo venuto a distruggere questa nazione che oggi è ancora viva, sul piede di lotta, che dialoga con altri popoli indigeni".

Il rappresentante del CNI ha aggiunto che le comunità mayo e yaqui sono minacciate da espropri simili. "Sappiamo del progetto di realizzazione di una strada diretta a Las Guásimas che permetterà agli impresari di avere accesso alla zona di spiaggia che spetta per decreto alla tribù yaqui. Con i popoli mayo fanno la stessa cosa, tanto in Sinaloa come Sonora; stanno distruggendo l'attività della pesca di entrambi i popoli. In Bassa Cailifornia, ai kiliwa e cucapá sottraggono i loro territori ancestrali. Ed il popolo tohono o'odham, che corre dall'Arizona a Puerto Peñasco, qui in Sonora, da anni è stato espropriato a favore degli investitori".

Davanti al processo "di spogliarci dei nostri territori e distruggere i popoli più antichi di questo paese, vediamo la necessità che i nostri popoli si uniscano e lottino contro il nemico di tutti: il capitalismo ed i suoi rappresentanti, il governo e le grandi imprese.

Dice il compagno che c'è una sovrappopolazione di coyote; quelli che sono in soprannumero sono i politici, sono loro che sono di troppo in queste terre: in tutte le terre dei popoli indios chi è di troppo è il ricco che sta portando via tutto".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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