La Jornada - Sabato 24 giugno 2006
Si presentano davanti al giudice 13 dei 21 poliziotti accusati di abuso di autorità
Scarcerano Arnulfo Pacheco, paraplegico detenuto in Atenco
Esce da Santiago libero da accuse

Avvocati del FPDT denunciano tortughismo giudiziario
ISRAEL DAVILA ED EMIR OLIVARES - CORRISPONDENTE E REPORTER

Almoloya de Juárez, Méx, 23 giugno - In mezzo ad applausi di familiari, avvocati e simpatizzanti del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra di San Salvador Atenco, Gregorio Arnulfo Pacheco Cervantes è uscito oggi dalla prigione statale di Santiaguito dopo che i suoi difensori hanno dimostrato la sua innocenza rispetto alle accuse di sequestro aggravato ed attacchi alle vie generali di comunicazione, dopo che era stato arrestato in Atenco all'alba del 4 maggio.

Pacheco Cervantes, di 55 anni di età, che soffre per una infermità cronico-degenerativa che lo obbliga all'uso della sedia a rotelle, e che appena riesce a parlare, è stato scarcerato quando il giudice penale di Toluca, Jaime Maldonado, ha dettato la sua libertà per inconsistenza di prove, come promosso dagli avvocati aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, con a capo Juan de Dios Hernández Monge.

Quest'ultimo ha dichiarato che si è presentato nel caso di Pacheco l'esame peritale del Collettivo contro la Tortura e l'Impunità, certificati medici dell'Ospedale Juárez del Distretto Federale e dell'Adolfo López Mateos di Toluca, nei quali si fa constatare l'incapacità di Pacheco Cervantes a camminare. Resta da segnalare che è il primo dei 25 arrestati accusati di sequestro che ottiene la libertà completa.

Hernández Monge ha segnalato che la difesa dei detenuti presenterà un altro ricorso per la sparizione di prove presentate contro Jorge Armando Ramírez Aguilar, che soffre di ritardo mentale ed è pure accusato degli stessi reati.

Ha denunciato pure che la giudice del distretto di difesa e processi civili federali di Toluca, presso la quale la difesa ha promosso 10 ricorsi affinché siano liberate le persone che rimangono detenute per i fatti di Atenco, "porta avanti un processo irregolare, perché sta accampando pretesti come il fatto che alcuni parti delle carte non sono leggibili e ha deciso di differire le udienze costituzionali, allungando il processo".

Alle 17 e 45 ore di oggi, Gregorio Arnulfo Pachecho ha superato l'ultimo sbarramento della prigione di Almoloyita per trovarsi con sua moglie, Floyra Sánchez, e suo figlio Ulisse, sui quali pesa pure la presunzione di reato di attacco alle vie generali di comunicazione e che sono in libertà sotto cauzione.

La ventina di persone che lo aspettava nell'accampamento con aderenti all'altra campagna dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, a lato dell'entrata principale della prigione, gli ha riservato una così bella accoglienza che lo ha fatto scoppiare a piangere, mentre teneva in mano le trecce che sua moglie si è tagliata, proprio nel momento in cui è uscito dalla prigione. "Là dentro ci sono ancora molte persone innocenti", è riuscito a dire Arnulfo, poi è salito sull'auto che lo ha portato a casa.

Intanto, 13 dei 21 poliziotti accusati di abuso di autorità, per gli eccessi commessi negli operativi di Texcoco ed Atenco all'inizio di maggio, si sono presentati oggi davanti al tribunale del distretto giudiziario di Tenango del Valle per affrontare le imputazioni.

Durante la seduta ci sono rilevate inconsistenze nel fascicolo depositato dalla procura, poiché le accuse erano generiche e si riconoscono solo dei presunti responsabili mediante video o fotografie diffuse dai mezzi di comunicazione.

Con una sospensione provvisoria, che quindi impedisce gli arresti, gli uniformati sono arrivati in tribunale per ratificare le testimonianze rese all'autorità ministeriale ed hanno sfruttato l'occasione per negare, ora davanti al giudice, le loro responsabilità nei fatti loro attribuiti.

Consigliati dal loro rappresentante legale, Antonio Martínez, i poliziotti non hanno sollecitato la duplicità del termine costituzionale, per cui lunedì si risolverà la loro situazione giuridica, cioè, se sarà dettato l'atto di formale prigione per sottoporli ad un processo penale, oppure, se saranno dichiarati liberi per mancanza di prove.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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