La Jornada - Venerdì 24 marzo 2006
Denunciano pressioni delle transnazionali per introdurre mais transgenico
Lo zapatismo invita alla rinascita dei popoli nahuas di Tuxpan, Jalisco
Il delegato Zero si è riunito con 300 famiglie nel parco centrale di quella comunità
HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO
Tuxpan, Jal. 23 marzo - Nel sud di Jalisco e della sierra, l'identità indigena recuperata continua a smascherare l'aggressiva depredazione che hanno sofferto le comunità per decenni da parte dei governi e dei loro progressi moderni (allevatori, commercianti di legname, imprese minerarie). E c'è anche un risveglio dei villaggi, così tanto dimenticati ed impoveriti che ufficialmente erano spariti.
I nahuas della regione di Manantlán, e più recentemente nei quartieri della città di Tuxpan, esistono ancora, ed è una sorpresa. Accogliendo mercoledì notte il delegato Zero nel parco centrale, le 300 famiglie che formarono da un anno l'Organizzazione delle Comunità Indigene e Contadine di Tuxpan si sono scrollate di dosso la condizione folcloristica alla quale li hanno ridotti i governi locali grazie all'applicazione di politiche nazionali - ed ora mondiali - con la finalità di cancellarli dai censimenti e, alla lunga, anche dalla carta geografica.
Per accogliere il subcomandante Marcos e l'altra campagna, alla quale hanno aderito, le autorità nahuas di Tuxpan sono salute sul palco - ed alla presenza di tutta la città meticcia - erano rappresentati: il popolo wixárica (huichol), i purépechas della Meseta Tarasca e tutte le comunità nahuas di Jalisco. Tutti portano al collo una collana di fiori. Anche il delegato zapatista.
Dall'entrata di Tuxpan gli indigeni originari hanno accolto Marcos e quanti l'accompagnavano in tutto il percorso attraverso la città fino al centro. Ci sono stati coriandoli, slogan ed una piccola moltitudine di indios in movimento. Da altri parti questo avrebbe potuto essere qualcosa di normale, ma qui no. Per una volta nella loro vita, gli indios hanno occupato le strade e nessuno li ha picchiati, anche se c'era abbastanza polizia.
All'inizio dell'atto, i presenti hanno intonato l'Inno Nazionale. Un'affermazione simultanea di identità e di pluralità. Il rappresentante degli anziani di Tuxpan, Félix Vázquez Ceballos, si è rivolto al pubblico con queste parole: "È per il nostro popolo un onore ricevere l'EZLN attraverso il suo delegato. Avevamo notizia della loro esistenza e della loro degna lotta per i nostri popoli che essendo i più antichi di queste terre sono i più sfruttati, i più dimenticati ed i più poveri.
Dal 1994, anno in cui si alzarono contro il governo, noi comunità nahuas di Tuxpan abbiamo accompagnato il loro passo, perché abbiamo capito che la loro lotta è la lotta di tutti i popoli indigeni".
Ed ha narrato la storia di una spoliazione legale di lungo respiro che si è imbattuta ora in una vera resistenza indigena nei villaggi di qui, di contadini senza terra, mal pagati come braccianti nelle terre che furono dei loro genitori e dei loro nonni. Che succede quando una storia che sembrava conclusa si risolleva all'improvviso e inverte il suo corso?
"Il popolo nahua di Tuxpan, o Tochan, come lo chiamarono i nostri nonni, è uno dei più antichi e dei più importanti popoli nahuas di tutto l'occidente. Quando gli spagnoli arrivarono in queste terre, riuscirono quasi a sterminare la nostra gente ed il ricordo di tanta tristezza e di tanta malattia si fissò nei nostri cuori e nella nostra memoria. Così nacque la danza dai chacayates che esiste ancora oggi, per simbolizzare la resistenza dei nostri antichi di fronte alla selvaggia guerra di conquista. Durante secoli la comunità indigena perse quasi tutte le sue terre che caddero in mano di ricchi proprietari terrieri che sfruttarono e continuano a sfruttare molte famiglie indigene e non indigene".
Prima dell'anziano nahua aveva parlato J. la Trinidad Chema Guzmán, inviato del governo tradizionale wixárika di San Sebastián Teponaxhuatlán. Come estremo contemporaneo di questa storia comune dei popoli indios, aveva denunciato: "Il governo ci divide con i suoi programmi, come quello dei 'focolai rossi' (applicato dalle autorità federali agrarie), che paga all'invasore così tanti soldi che noi non vedremo mai in tutta la nostra vita".
Trinidad Chema faceva riferimento alle restituzioni di territorio ottenute dai huicholes in tempi recenti, ancora incomplete, grazie alle quali gli invasori meticci sono stati "indennizzati". Ha quindi manifestato il disaccordo del suo popolo per questo atto di complicità ufficiale con coloro che hanno usurpato per anni le terre degli indigeni.
Don Félix, a nome dell'organizzazione dei nahuas di Tuxpan, ha raccontato che: "L'arrivo della ferrovia nel 1909, il mancato riconoscimento dei titoli di proprietà delle nostre terre da parte del governo nel 1919 ed in più le scuole introdotte dal governo, quasi annientarono la comunità indigena di Tuxpan, le sue terre, la sua lingua, le sue abitudini e il suo governo di tlacayanes che portavano il bastone del comando".
Ma nonostante tutto questo la "nostra comunità non terminò, i nostri nonni ed i nostri genitori continuarono a seminare il mais che ci ha alimentati per secoli e non abbandonarono nè i loro usi né la loro religione. Oggi quell'identità che è stata conservata, sta rinascendo, e se prima i ricchi ed i meticci ci umiliavano chiamandoci indio patarrajadas, oggi ci sentiamo orgogliosi delle nostre origini e dei nostri costumi.
Le nostre comunità cercano oggi una loro propria organizzazione. Ma vediamo pure come nella comunità ci sono quelli che si autonominano nostri dirigenti; questi presunti dirigenti hanno prostituito le nostre danze e la nostra cultura e sono diventati ricchi con i soldi che, secondo loro, servirebbero per appoggiare lo sviluppo delle nostre famiglie".
C'era una certa sorpresa fra gli abitanti di Tuxpan nel vedere gli indios parlare all'improvviso della loro situazione e delle loro rivendicazioni col subcomandante Marcos.
Dopo gli slogan ai popoli indigeni di Jalisco e del Messico, all'EZLN ed all'altra campagna, l'esposizione di Don Félix ha offerto una radiografia di una storia che nessuno vuole vedere. Ed ancor meno vuole vedere che le sue vittime si risvegliano.
"Con tristezza abbiamo visto come i nostri figli e famiglie intere debbano andare a lavorare negli Stati Uniti o in Guadalajara perché non c'è qui lavoro; seminare il campo non dà oramai per sopravvivere. Attualmente molte famiglie vivono con 70 pesos giornalieri che sono guadagnati con gran sacrificio lavorando tutto il giorno nelle peggiori condizioni, senza previdenza sociale né altre prestazioni, nella raccolta dei pomodori o nelle serre degli stranieri".
I wixáritari ed i purépechas presenti sono, come i nahuas di Jalisco e di Michoacán, figli del mais. Nonostante ciò, "riusciamo appena a mettere da parte per la successiva semina", dicono quelli di Tuxpan. "Le imprese ci hanno fatto molte pressioni per usare i loro prodotti chimici e perché seminiamo mais migliorati, che sono invece peggiorati perché non servono neanche per la tortilla. Ora ci dicono che le grandi imprese stanno facendo pressioni per poter seminare mais transgenico".
Il messaggero wixaritari, Trinidad Chema, aveva detto che il suo popolo protegge i cinque punti cardinali in luoghi molto precisi della geografia messicana. "Proteggiamo il territorio, l'acqua ed i boschi". Il suo popolo sta all'altro polo del risveglio indigeno, nel polo di una forte identità, indistruttibile e con un'autogestione comunitaria in progresso, con riappropriazioni di terre e l'orgoglio di essere quello che sono.
I nahuas, da parte loro, si risvegliano da un crudele letargo. Ritornano alla lotta per i loro diritti, i loro usi e costumi e, chissà, anche la loro lingua. Ha pure detto Don Félix: "Le nostre comunità non hanno una buona sanitá. Abbiamo appena un medico per più di 30mila abitanti. La maggioranza delle famiglie vive ammucchiata in case molto piccole".
Stando così le cose, l'organizzazione dei nahuas di Tuxpan, una specie di cooperativa di produttori agricoli che cerca oggi di organizzarsi anche come comunità per rispondere alle necessità delle famiglie. "In questo percorso è molto importante per noi conoscere la parola e l'esperienza di altri popoli indigeni e di altre organizzazioni di contadini, operai e cittadini".
Per finire la sua perorazione a favore del "l'unificazione e della restituzione delle terre alle nostre comunità" - nello stile delle rivendicazioni del Congresso Nazionale Indigeno, al quale già appartengono questi nahuas che si sono rifiutati di "svanire" dalle statistiche e dalle mappe -, l'organizzazione dei nahuas di Tuxpan ha ribadito al subcomandante Marcos, agli aderenti all'altra campagna, ai rappresentanti di altri popoli ed alla gente ed alle autorità meticce della città: "Sappiano che il nostro passo non si fermerà fino a che otterremo che i diritti delle comunità indigene e del popolo povero siano rispettati".
Alla conclusione dell'atto, il delegato Zero ha pernottato in una casa privata di Tuxpan. Oggi si addentrerà nella sierra di Manantlán per incontrarsi in Ayotitlán con centinaia di nahuas delle comunità del sud di Jalisco e rimanervi fino a venerdì.
(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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