El Universal -Domenica 23 Luglio 2006
Verso l'abisso
MARCO VICENZINO *

Quando avevo visitato il Libano, alla fine di febbraio del 2005, immediatamente dopo l'assassinio di Rafik Hariri, vi avevo trovato un certo clima di sfida. Stanca dello status quo, la popolazione esigeva un cambiamento e la ritirata dei siriani, il che è successo finalmente nella primavera del 2005, dopo di che ci sono state le elezioni parlamentari.

Quando sono tornato in Libano, in maggio, quest'anno, ho rilevato un certo clima di delusione per lo status quo. La percezione prevalente era quella di una paralisi politica. Ma nonostante la frustrazione, i libanesi erano decisi a creare un nuovo futuro ed a rompere col loro passato turbolento. Fazioni libanesi di tutto lo spettro politico si erano impegnate nel dialogo nazionale e si erano sforzate di giungere ad accordi sui punti più importanti. Senza importare quanto difficile o lento fosse il processo, la cosa importante è che i libanesi stavano tentando di risolvere le loro differenze attraverso il dialogo e non con le armi.

La pazienza e lo spirito di dialogo che una volta erano parole strane qui, si stavano convertendo in parole all'ordine del giorno. Non si voleva ripetere la guerra civile del 1975-1990, che era costata la vita di migliaia di persone, né altri 15 anni di occupazione siriana.

Ma gli eventi del 12 luglio hanno distrutto questo lume di speranza. Di nuovo, la violenza sta cambiando il volto del Libano. Gli Stati Uniti sembrano voler concedere un tempo illimitato ad Israele ed al suo tentativo di eliminare Hezbolá.

Si è sbagliato Hassan Nasralá nel suo attacco? Pensare che il leader di Hezbolá non si aspettasse una reazione israeliana come quella che si è prodotta, sarebbe sottovalutare la sua intelligenza. Bisognerà aspettare per vedere se le azioni di Nasralá risulteranno politicamente fruttifere per la sua organizzazione a lungo termine. Ma, quello che è chiaro è che la nazione è in rovina, intrappolata di nuovo in un fuoco incrociato tra interessi regionali contrapposti.

Gli attacchi sono un enorme colpo psicologico alla coscienza nazionale libanese, ancora segnata dalle cicatrici e dai fantasmi della guerra civile (1975-1990), nella quale sono morte più di 200mila persone.

Gli attacchi attuali hanno devastato l'infrastruttura civile libanese: i suoi porti marittimi, i ponti, le vie di comunicazione ed altre strutture indispensabili per la sopravvivenza economica nazionale. È più che possibile che, quando e se le ostilità cesseranno, l'infrastruttura civile sarà altrettanto, se non più, danneggiata che nella guerra civile.

La portata finale dei danni può essere tanto enorme che l'idea che l'aiuto internazionale permetterà di ricostruire quell'infrastruttura è scorretta. Il Libano si vedrà obbligato ad indebitare sempre di più il suo futuro per poter coprirne i costi. Il suo debito nazionale è attorno ai 40mila milioni di dollari. Le sfide economiche del Libano sono inaffrontabili a breve termine, il che renderà il paese ancora e sempre più dipendente dall'aiuto degli altri.

Si prevedeva che questa estate sarebbe stata la migliore stagione turistica per il Libano, con entrate stimate tra i 2mila ed i 3mila milioni di dollari. Ma gli attacchi hanno fatto sì che il paese sia tornato a dare l'immagine di instabilità e conflitto che tanto lavoro gli è costato scrollarsi di dosso. Anche se il livello del conflitto attuale può decrescere, possono continuare attacchi della guerriglia, assassini selettivi, scontri di frontiera regolari e sporadici attacchi aerei.

Nel breve periodo, gli attacchi potrebbero debilitare e neutralizzare per un po' Hezbolá. Ma sul lungo periodo, la devastazione creata dagli attacchi - segnata dalla distruzione dell'infrastruttura civile libanese -, la fuga di migliaia di persone ed il rischio di una crisi umanitaria, debiliteranno e probabilmente provocheranno il collasso di un governo centrale democratico e pro-occidentale, e quindi una retrocessione ai tempi in cui Siria ed Iran erano più influenti, con un reinizio delle divisioni settarie e di conflitti che potrebbero dar di nuovo vita ad una guerra civile.

Una situazione così instabile stimola la radicalizzazione che a sua volta genera terrorismo ed il rischio di creare una nuova generazione di estremisti. Hezbolá nacque a partire dal caos della guerra civile libanese e dell'occupazione israeliana nel sud del Libano. Forse sarebbe opportuno imparare alcune lezioni dal passato.

* L'autore è il fondatore e direttore esecutivo di Global Strategy Project. È stato vicedirettore esecutivo dell'Istituto Internazionale di Studi Strategici a Washington

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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