La Jornada – Giovedì 23 marzo 2006
Denunciato che nello stato ci sono due attori che detengono il potere: il cardinale ed il governatore
Intolleranza e repressione, le principali proteste ascoltate da Marcos in Jalisco
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Zapotlán El Grande, Jal., 22 marzo - Nel suo cammino verso la terra del grande Juan José Arreola ("Io, signori, sono di Zapotlán El Grande"), la carovana dell' altra campagna si è fermata a Sayula. Un luogo che, sotto la falsa apparenza di tranquilla provincia jalisciense è diventato invivibile per i giovani. Fino a che a Sayula si è levata una voce di protesta secondo la quale il sindaco è un ex ufficiale dell'Esercito federale che, come testimoniano i giovani, concepisce la polizia come gruppo paramilitare che li ha torturati perfino fino alla morte, ed il governo come un'estensione dei quartieri militari.

A Sayula si sono organizzate bande e gruppi giovanili per difendersi dalla violenza, a volte anch'essi impigliati in spirali violente. Un rappresentante del collettivo Bandera Negra ha denunciato che hanno già "provato" i governi del PRI, del PAN e del PRD. "E' sempre uguale, perché dietro ci sono sempre gli stessi signori". Alcuni anni fa a Sayula la piazza centrale era proibita al passeggio dei poveri. Ora, il "sviluppo" neoliberale minaccia di chiudere tutto il centro storico ai poveri, gli indios ed ai giovani di aspetto "anormale" o ribelle.

Riprendendo la sua strada, la carovana dell'altra campagna è arrivata a Città Guzmán, dove si è svolto un incontro con aderenti e simpatizzanti nell'auditorium della scuola normale rurale che è risultato insufficiente ad accogliere tutti i presenti. Collettivi urbani, come quello "dell'85", formatosi dopo il terremoto di quell'anno, perché come si ricorderà, il sisma che scosse il Distretto Federale colpì anche questa città, ed anche qui dalla distruzione sorsero la solidarietà, l'organizzazione e la resistenza che, per quanto visto, continuano ad essere vive.

Anche collettivi di anarcopunk chiedono, tra rabbia e tenerezza, spazi di incontro e mercatini senza essere repressi dalla polizia. Certamente bisogna riconoscere che gli anarchici, i punk e le loro varianti autoctone, sempre vestiti di nero ma con differenti stili di capigliatura, sono diffusi in tutto il paese e nutrono una forte identificazione con lo zapatismo, ed ora con l'altra campagna. Quelli di qui, oltre a fare fanzine e concerti autogestiti, praticano il collettivismo e celebrano il Giorno dei Morti con offerte di cempasúchiles [fiori usati per la ricorrenza dei defunti – n.d.t.] in memoria dei "caduti nella lotta".

Contadini di almeno sette municipi della regione hanno sfilato davanti al delegato Zero, esponendo gli imminenti pericoli di usurpazione di terre, boschi ed acqua. L'inquinamento del fiume Santiago Lerma è ormai di una gravità scandalosa. Dicono che le esalazioni di ammoniaca del fiume, a certe ore del giorno, provocano nausea e perfino svenimenti. Il sistema agroindustriale che impera nella zona, e raccoglie gli agenti inquinanti industriali di Guadalajara e di altre aree urbane dello stato, minaccia le terre e la salute umana, secondo le testimonianze esposte nella sessione dell'altra campagna. Ritornano anche le denunce contro la prevista diga di Arcediano che darebbe il colpo di grazia a grandi estensioni rurali e urbane.

Ma si sviluppano anche esperienze come la Rete di Alternative Sostenibili Agropecuarie che lotta a San Isidro, Juanacatlán, La Ciénaga e in altri municipi "contro i borghesi e le multinazionali appoggiate dal governo". Gli attivisti che si oppongono alle dighe chiedono fermare la costruzione delle centrali idroelettriche, il recupero dei bacini fluviali ed il controllo efficace dell'inquinamento.

L'altra campagna "è l'unica alternativa pacifica, civica e degna per trasformare il paese", ha detto Martín González, professore universitario, ricercatore indipendente e promotore dell' altra campagna a Zapotlán El Grande. La comunità di Nueva Esperanza, che ha occupato le terre nel 1992 ottenendone poi il riconoscimento, ora si ritiene minacciata dal progetto Procede, dalle privatizzazioni e dalle multinazionali, che "sono un cancro ".

Al suo arrivo a Ciudad Guzmán, il subcomandante Marcos ha visitato la Casa dell'Arte per vedere il murale "Sogno ed incubo del potere" di Antonio Ramírez, che insieme alla sua compagna, la pittrice mazateca Domi, i suoi figli, nipoti ed altri pupilli, mantiene a Guadalajara il Colectivo Callejero y la Casa de las Preguntas, e con questo un'autentica fabbrica rinascimentale di creazione artistica che ha accompagnato lo zapatismo per più di un decennio.

Lo stesso Ramírez oggi ha osservato: "Non pretendo di illustrare lo zapatismo", cosa che in effetti non hanno fatto né lui né Domi. Piuttosto l'hanno illuminato, nel doppio senso della parola: gli hanno dato luce, ed anche colori. L'affresco di Ramírez ricorda quanto la sua opera, quasi tutta su quadro, possieda un impulso muralistico, in maniera simile a quanto accade con il muralista José Clemente Orozco (sicuramente il più universale dei jaliscienses universali).

Popolati di personaggi e figure ispirate allo zapatismo chiapaneco, le due pareti e le due arcate che cingono il murale, sono la prova della potente eloquenza corporea dell'opera di Antonio Ramírez, trasferita ora sulle pareti e si scopre che questo è il suo posto naturale. Ci sono il vecchio Antonio, le incarnazioni di Votán, il gigante del potere vorace ed il suo specchio oltrepassato da un giaguaro che si addentra nella selva dove si celano ribelli incappucciati. Su un'altra parete, un'assemblea di uomini nudi e liberi è inondata da un'onda marina, di un azzurro vivo che contrasta con le tonalità smorzate dell'insieme.

Dipinto nel 2000, e ben oltre il suo contenuto politico di forte ascendenza espressionista, "Sogno ed incubo del potere" è a livello della stupenda opera grafica e pittorica di Antonio Ramírez, sempre elettrizzata da una potente percezione del dolore e del piacere umani, della violenza, l'orrore, ed anche della liberazione radiosa.

Gli "altri tapatíos"

In una società civile gravemente ferita ed offesa dal regime panista di Ramírez Acuña, risalta la cicatrice lasciata dalla repressione poliziesca e giudiziaria del 28 maggio 2004, un avvenimento ancora indelebile nella gioventù di Guadalajara. La riunione del mattino dell' altra campagna, che questo martedì ha riempito l'auditorium Salvador Allende dell'Università di Guadalajara, ha rivelato la grande complessità sociale della capitale jaliciense, e la persistenza di offese che l'autoritarismo conservatore non smette di acutizzare giorno dopo giorno.

Come ha affermato Gabriela Juárez, gli eventi che hanno segnato la sua vita e l'hanno colmata di coraggio e ribellione sono la repressione degli altromondisti che protestavano il 28 maggio (furono aggrediti, poi repressi, torturati e centinaia di loro imprigionati) e le esplosioni del 22 aprile del 2005. Le due facce di uno stesso stato di cose.

Da qui il valore catartico dell'altra campagna che "non solo offre l'opportunità di parlare, ma rinnova la speranza per lottare contro il governo fascista di Jalisco". Qui si applica una "politica di Stato, dove i giudici sono manipolati dall'Esecutivo". Dove i corpi di polizia sono la faccia del governo autoritario per i cittadini.

Come ha dichiarato un altro partecipante, in Jalisco sembrerebbero esistere solo due attori, più che conservatori, che concentrano il potere: il cardinale Sandoval Iñiguez (il "cavernal", lo chiamano) ed il "mafioso" governatore Ramírez Acuña. Questi giorni, un quotidiano locale assicurava, e non esattamente in tono critico, che il primo è la personalità più influente dell'entità.

Nella tumultuosa riunione di aderenti e simpatizzanti col delegato Zero c'era di tutto: ex guerriglieri che non si sono dati per vinti dopo la prigione, lo sterminio dei loro compagni e la distruzione delle loro utopie; lavoratrici del sesso che vogliono l'autogestione ed accusano i poliziotti tapatíos di essere "i primi corrotti" ed estorsori; gay eccezionalmente orgogliosi della loro preferenza sessuale; uno di loro ha osato baciare Marcos sulla guancia, col passamontagna di mezzo.

Indigeni migranti che imparano ad alzare la voce; ragazze che vogliono vivere in una città che le rispetti; un'educatrice che cerca opzioni alternative e progressiste, solo per essere repressa direttamente dal governo statale; membri dell'Associazione Latinoamericana di Medicina Sociale, sezione Guadalajara, che cercano una sanità umanizzata; promotori della medicina olistica ed alternativa; sindacalisti dell'UdeG e di Euzkadi; difensori dei diritti umani.

Il presidente dell'Associazione Jalisciense di Judo ha denunciato la corruzione della Codeme e delle autorità sportive dello stato, dove regna l'ingiustizia. "Abbiamo due nemici: l'uomo che calpesta l'uomo, e l'uomo che si lascia calpestare".

Un artista di strada, quasi a ritmo di rap, si è presentato come "apritore" dei grafittari ed ha ribadito l'intensità della repressione della polizia. Ci sono stati ambientalisti che hanno aperto il dibattito sulla prevista diga di Arcediano, che porterà nuovi sgomberi, furti massicci (e "legali", chiaro) di acqua e distruzione dell'ambiente.

C'è stato talmente tanto di tutto che verso la fine hanno occupato il palco tre giovani di aspetto paramilitare ed un poco fanatici, vestiti di bianco e nero, taglio di capelli militare, che mostravano una misteriosa insegna triangolare. Si sono presentati come "membri di un gruppo studentesco autonomo" senza nome per quanto visto, e ricorrendo ad un'oratoria accesa e melodrammatica, con un discorso anticomunista e protofascista, hanno criticato il "finanziamento multinazionale" dell'EZLN, hanno incitato Marcos a togliersi il passamontagna, e col pugno destro levato e le vene del collo inturgidite, hanno risposto alla disapprovazione generalizzata con strani evviva all'EZLN.

C'erano anarcopunk, membri del movimento urbano popolare, comunisti, promotori della cultura e, chiaramente, molto in risalto, membri del Movimento 28 de Mayo.

In poche ore, l'altra campagna ha fatto da rivelatore delle viscere della società tapatía. Come sta facendo nei molti luoghi in cui passa, dove è accolta da aderenti, seguaci e qualche antagonista, aperto od occulto.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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