La Jornada - Giovedì 23 febbraio 2006
"Sono le autorità ad aver prostituito le leggi; hanno messo mano alla Costituzione"
Le lavoratrici del sesso di Apizaco trovano sostegno nella Sesta e nel delegato Zero
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Apizaco, Tlax., 22 febbraio - "Le autorità che parlano di sradicare la prostituzione sono prostitute; sono delinquenti; vivono saccheggiando il paese senza che gli importi se la gente senza lavoro debba rubare o andarsene". Parlano le lavoratrici sessuali di Apizaco, questa mattina sul loro posto di lavoro, sedute attorno ad un tavolo con il subcomandante Marcos. Loro appartengono all'altra campagna e con molto onore.

Estela, Gloria, Eloísa, Candelaria, Marisol, Rocío, Maribel ed altre, parlano diretto e chiaro. Rivendicano il loro diritto di andare per strada. "È il momento di non restare più in silenzio. Il lavoro sulla strada per molte donne sole, con figli e senza istruzione è la sola alternativa. D'altra parte, le autorità ci perseguono e ci mettono in prigione perché siamo quelle che siamo", segnala Eloísa, forse la più preparata, la portavoce del gruppo. All'inizio sono 12, più tardi si uniscono alla riunione altre sei, i più giovani.

"Loro hanno prostituito ancor più le leggi. La nostra Costituzione l'hanno maneggiata a loro proprio vantaggio. Per noi c'è solo la repressione ed il carcere se cerchiamo di dare un sostentamento alle nostre famiglie", prosegue.

Prende la parola Rocío. Si alza e si avvicina a Marcos per farsi sentire bene. "Vorrei far capire bene al governo che essere lavoratrice del sesso non significa essere maltrattate. Non permetteremo che il governo continui a superare i limiti. Abbiamo una dignità, in basso e a sinistra".

Non tutte osano dire qualcosa. Ma si vede bene che tra loro ne hanno parlato a lungo. Si conoscono, si accompagnano. Sono compagne. È il turno di Estela: "Stiamo imparando a difenderci. Abbiamo cercato appoggio nell'altra campagna perché siamo stanche di tanta ingiustizia e disprezzo verso la donna". Accusa direttamente di persecuzione il presidente municipale di Apizaco, Reyes Ruiz (del Partito del Lavoro).

Un'altra aggiunge: "Veniamo umiliate dal personale amministrativo, di polizia e del settore sanitario. Vorremmo più rispetto anche se siamo solo una piccola parte di Tlaxcala. Siamo tutte donne sole. Le autorità dicono che nessuna legge ci protegge. Non sono d'accordo. Dobbiamo poter andare dappertutto". Ed un'altra ancora: "Vogliamo libertà, non libertinaggio". La frase è nota ma in questo contesto assume un significato più forte, è come un impegno.

"Abbiamo presentato un esposto alla Commissione Nazionale dei Diritti Umani (CNDH) ma non ci hanno dato nessuna risposta positiva. Che cosa dobbiamo fare?", dice Eloísa. "Sono venuti a cercarci per dirci di ritirare le denunce contro il presidente municipale e così lui non si sarebbe più messo contro di noi. Ci hanno detto che non avevamo prove. Le abbiamo portate ed è venuta la funzionaria della commissione a proporci di giungere ad un accordo perché se viene emessa la raccomandazione da parte della CNDH, per noi si metterà male. Pensiamo che la CNDH ci stia tradendo. Se tentenniamo, le aggressioni proseguiranno e non potremo poi far più niente".

Il posto dove esercitano è una stanza di circa quattro metri per 15 con pareti di mattoni dipinte di colore salmone, tetto di lamiera sostenuto da travi di legno molto vecchie. In un angolo, una tenda di plastica rosa nasconde il bagno dove le donne si lavano. È una casa con la porta rossa nel centro di Apizaco, città di camionisti e, in altri tempi, di ferrovieri.

Una donna anziana prende la parola: "Queste ragazze non meritano di essere relegate solo perché svolgono questa professione. Queste ragazze hanno bisogno di lavoro, in un posto dignitoso". Racconta di possedere una birreria che il municipio ha chiuso, senza ragione. Il presidente municipale si rifiuta di riceverla. "E qui sono aperti tutti i bar. Hanno chiuso solo il mio". Esattamente quello solidale con le lavoratrici del sesso.

Parla Candelaria: "Loro sono nuove. Io lo faccio da molto tempo. Ho vissuto oltraggi più duri di loro. Prima non sapevamo come difenderci. Ad ogni momento ci prendevano per i capelli o ci buttavano dentro. Vengo da una famiglia molto povera, di Guerrero. Io aiuto i miei genitori, che sono malati, ed una sorella. Sono l'unica che li sostiene".

Eloísa interviene nuovamente: "Il presidente municipale ci dice di imparare a fare qualcosa d'altro, di andare a lavorare nella maquila. La situazione lì, come nel paese, è deplorevole. Se ti va bene ti pagano 300 pesos la settimana. Così i bambini non vanno a scuola. Siamo lavoratrici del sesso per amore dei nostri figli, affinché non debbano lavorare o stare sulla strada a vendere gomme da masticare. È incredibile che il governo ci offra lavori pagati una miseria".

E dice direttamente al delegato Zero: "Andremo avanti unite. Andremo avanti con te. Ed anche se siamo donne, saremo coraggiose e resteremo fino alla fine a lottare con tutte le altre persone nell' altra campagna. Vogliamo che le cose cambino, che il paese sia più giusto. Che non ci siano più lavoratrici del sesso. Costerà caro, ma ce la faremo".

Dietro la sua fiducia, l'indignazione sempre presente: "Il nostro paese si trova in una grave crisi. Se non lottiamo, i nostri figli e nipoti saranno schiavi. Il capitalismo ci ha quasi lasciato senza patria. Ci rimangono i colori della bandiera che presto sarà made in China o made in USA. Noi lottiamo per i nostri figli ed i nostri padri".

Non si trattiene e dice: "Sì, che si sradichi la prostituzione. Ma prima deve essere sradicata la povertà. Che la ricchezza del Messico sia per tutti. Se gli uomini che hanno lottato per questo paese potessero ritornare, morirebbero di vergogna. Rendiamo onore a loro e a te, che hai il coraggio di affrontare il governo. Non ci sono più uomini così. Tutti hanno paura, e con la paura non si fa niente.

Mi piace molto che nella Sesta si cerchi il modo di fare una nuova Costituzione che sia a beneficio di quelli che stanno in basso, i deboli, che non sia a favore dei governanti", prosegue. Fuori c'è una certa agitazione per la presenza di poliziotti, spie, curiosi e giornalisti. È un avvenimento nella povera casa dalle porte rosse. Arrivano alcune lavoratrici del sesso. Una di loro si siede al tavolo. È molto giovane e bella, con tutte le implicazioni del caso. È anche la più triste. Il suo sguardo è spaventato, come se ascoltando rivedesse o ricordasse qualcosa. Il suo sguardo non è qui.

Tutte sono serie, dignitose, con lo sguardo ferito. Eloísa conclude: "Vogliamo che tutti abbiano giustizia e democrazia vera, non questa porcheria che abbiamo adesso. Per questo c'è l' altra campagna, e seguiremo l'EZLN, perché siamo con voi".

Il delegato Zero non ha smesso di prendere nota e di guardarle. Ora Eloísa parla in prima persona ma per tutte: "Quello che ci ha fatto fare questo lavoro, è un sistema, e poi proprio perché facciamo questo lavoro arrivano lo sfruttamento, la persecuzione, il disprezzo, il razzismo, gli insulti e tutto quello che subiamo come lavoratrici del sesso.

Sempre più di frequente non c'è lavoro e quello che c'è, è mal pagato e senza alcun diritto. Il lavoratore è come se fosse schiavo, tutto il giorno. Il lavoro nelle maquilas è di 10, 12 ore al giorno e a volte di più. Ed è peggio se sei una donna giovane che magari devi sopportare il direttore o il capo reparto che ti dice 'vieni qua se no ti licenzio'. Questa situazione si vede in tutto il paese, la stessa persecuzione e disprezzo per le donne in generale, i giovani, le lavoratrici e lavoratori del sesso, è la stessa cosa che sentiamo come indigeni.

Quello che noi vediamo sono tutte queste condizioni di miseria senza soluzione, e vediamo che a nessuno importa niente. L'idea che si ha delle lavoratrici del sesso è quella che viene fuori dai film. E noi siamo molto d'accordo che non siamo prostitute. Prostitute sono quelle che stanno in alto, le ricche che vendono la loro dignità. Noi siamo lavoratrici, come tali pensiamo e come tali abbiamo dignità, perché sia quello che sia, quello che non mettiamo mai in vendita è la nostra dignità di donne".

Il tono del subcomandante Marcos è colloquiale, stringato: "Allora quando ci organizziamo, dobbiamo organizzare doppiamente. Uno è per cambiare il sistema che ci ha fatto fare questo lavoro. Ci sono buoni lavori e buone scuole, allora perché accidenti siamo qui. Noi lo stiamo facendo perché ai nostri figli non accada la stessa cosa. Perché non vengano maltrattati, violentati, perché sappiamo che i ricchi ed i governi prendono le bambine per il proprio piacere.

Bisogna organizzarsi adesso per cambiare questa situazione, ma adesso viviamo il problema di essere lavoratrici, e sappiamo che non è facile perché ci sono molti pericoli, alcuni si conoscono ed altri no; li sappiamo solo noi che siamo qui, per esempio le malattie veneree che ci sono adesso mortali come l'AIDS. Un altro è che ci capiti un pazzo e stai rischiando perché sei sola con lui, e se capita ti picchia, come è già successo. Al governo non importa vedere questo crimine perché dice 'sono donne di strada, se la sono cercata'. Come se questo desse il diritto di ammazzarne qualcuna.

Perché non gridate questo al presidente municipale? Che dice di essere di un partito di sinistra, così dice il PT, io sono di sinistra, io lotto per i poveri. Fa parte dei partiti che appoggiano il PRD per la Presidenza. Pensiamo che dovreste andare dalla funzionaria della commissione dei diritti umani e dirle 'sai che noi non siamo sole, con noi c'è l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, c'è già un'organizzazione nazionale che si chiama l' altra campagna, e ci sono avvocati".

Il delegato Zero quindi dice: "Perché non facciamo una cosa? Perché non facciamo un appello a tutte le compagne lavoratrici del sesso del paese perché si conosca la storia di tutte, e tutte insieme lottiamo per i nostri diritti? Vediamo se il presidente municipale di Apizaco affronterà un movimento nazionale".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

logo

Indice delle Notizie dal Messico


home