La Jornada - Sabato 22 aprile 2006
Le elezioni sono una "burla" che pagano i messicani con le loro tasse
Il Delegato Zero: "Politica, la puttana più cara e inutile del mondo"
Ribadisce l'invito zapatista a dare battaglia a "quelli in alto" con mezzi pacifici

HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Iguala, Gro. 21 aprile - "In alto hanno trasformato la politica nella puttana più cara e più inutile del mondo. Con le nostre imposte ed il nostro lavoro stiamo pagando le campagne elettorali più care nella storia di questo e di molti paesi del mondo, ed ancora vengono a dirci che loro, quelli che stanno in alto, ci salveranno", ha detto nel pomeriggio di giovedì il Delegato Zero, durante l'ultimo evento dell'altra campagna in Guerrero che si è svolto nella piazza centrale di Iguala.

Ha fatto riferimento anche alle dichiarazioni di alcuni funzionari governativi: "Il governo dello stato ed il PRD dicono che noi ormai ce ne stiamo andando dal Guerrero ma che loro ci restano. Noi zapatisti, in effetti, andiamo via, ma ritorneremo per stare con voi. Non verrò più solo, verranno i compagni comandanti e le comandanti a lottare con voi per un altro Guerrero ed un altro paese. Cacceremo via quelli che stanno in alto non solo dal Guerrero, ma da tutti gli stati della Repubblica, ed anche dalla Presidenza".

Il delegato della Commissione Sesta dell'EZLN ha riferito che durante il suo percorso attraverso lo stato del sud, l'altra campagna ha visto "uno stato distrutto, adesso sotto il governo del PRD con Zeferino Torreblanca. Non abbiamo incontrato nemmeno una sola voce in favore del suo governo, invece, molte critiche, sofferenze ed ingiustizie".

Davanti a circa un migliaio di persone, nel luogo dove si firmò l'Atto di Indipendenza del Messico nel 1821, Marcos ha osservato: "Trascorriamo la vita aspettando giustizia, sperando che qualcuno risolverà i nostri problemi. E dall'alto riceviamo solo disprezzo e scherno, ed ora la più grande truffa, quella elettorale. Chiunque abbia un po' di dignità non può fare a meno di arrabbiarsi per le campagne elettorali, dove tutto si riduce a scegliere una faccia. Non c'è nessuna risposta reale ai nostri problemi.

Ogni volta che ci ribelliamo per i nostri diritti subiamo sparizioni, prigioni e morti. Il popolo di Guerrero è stato sempre l'esempio del popolo che si ribella per gli altri popoli. Questo è stato il messaggio di Lucio Cabañas Barrientos, di Genaro Vázquez Rojas; il messaggio di tutti quelli che a Iguala e nel resto di questo stato si sono ribellati per la giustizia. Mai un guerrerense ha combattuto solo per se stesso, ha combattuto sempre per il nostro paese".

Ha chiesto "che la storia che scorre nelle vene degli uomini e delle donne di queste terre ritorni ad essere viva, non solo nel Guerrero del basso, ma anche in tutto il Messico del basso. Tra indigeni, operai, contadini, studenti, insegnanti, anziani, donne, bambini e giovani. Tra tutti quelli che siamo qua in basso e che siamo oggetto dello scherno e dell'umiliazione di quelli che stanno in alto.

Voi sapete che i partiti politici sono diversi solo nel colore e nel candidato, ma non nel loro modo di governare e neppure nel modo di rubare. Fino a quando sopporteremo la burla, l'inganno e la distruzione? Non molto, non più. Questo grande movimento dell'altra campagna ha trovato in tutto il Guerrero ed in tutto il paese gli uomini e le donne di cui ha bisogno. Cinque anni fa siamo venuti a chiedervi di appoggiarci nella nostra lotta, ora veniamo a chiedervi di essere i nostri compagni e compagne, di lottare insieme per un'altra Iguala, per un altro Guerrero, per un altro Messico".

Si è pronunciato affinché il governo "con le sue corruzioni, con i suoi furti non ci trovi soli a guardare verso l'alto e ad ascoltare le loro bugie. Che ci trovi a guardare verso il basso, guardandoci tra noi, ascoltandoci", con la mano tesa verso il basso, "non più verso l'alto a chiedere perdono di esistere nel paese che è nostro, nel quale facciamo funzionare le macchine e facciamo produrre i campi. Mai più alzare la mano verso l'alto per chiedere permesso, ma adesso alzarla col pugno per sfidarli una volta per tutte".

Ed ha annunciato che i partecipanti dell'altra campagna hanno già preso la decisione: "Li affronteremo con mezzi civili e pacifici ed alla fine dovrà rimanere uno solo dei due. Loro o noi. Se loro rimangono non ci sarà un paese, non ci sarà più niente in queste terre. Se rimaniamo noi, allora tutto tornerà giusto e chi lavora vivrà con dignità e chi non lavora non avrà niente".

Una scuola normale straordinaria

Nel tragitto dalla Montagna verso il centro di Guerrero, il Delegato Zero nelle vicinanze di Chilapa, in tre occasioni, è stato salutato da diversi gruppi di simpatizzanti. Il primo gruppo, vicino al posto chiamato la "Y", lo ha portato a conoscere la proprietà dove si sta costruendo lo stadio "Subcomandante Marcos", di cui esiste già almeno il campo di calcio.

Arrivando a Tixtla, culla di Vicente Guerrero, il più guerrigliero dei generali dell'Indipendenza, il Delegato Zero ha fatto tappa nella Scuola Normale [istituto magistrale] Rurale di Ayotzinapa, dove dovrebbe pernottare. Qui ha incontrato un pubblico molto agguerrito di centinaia di giovani studenti della scuola, in grande maggioranza indigeni. Gli omaggi alla bandiera nazionale e gli slogan di lotta rivoluzionaria sono risuonati carichi di decisione e testosterone (perché è una scuola solo per maschi). Marcos ha ascoltato dagli studenti un'analisi pessima delle condizioni dell'istruzione nello stato, presentata con energia e cognizione di causa.

Allora, il Delegato Zero ha affermato: "Arrivando qua abbiamo sentito forte e chiaro il no a quello che vogliono fare con l'istruzione nel nostro paese. E vediamo un processo in atto sempre più duro e crudele contro l'istruzione pubblica e gratuita in Messico. Non riguarda solo le università pubbliche, anche, specialmente, le scuole normali, e tra queste, le rurali. Non cercano solo di spegnere un focolaio di dignità e ribellione, come sono dalla loro nascita le normali rurali, ma vogliono spegnere il seme di persone e coscienze che si sta diffondendo nel Messico più sofferente, oppresso e dimenticato in questa epoca". Cercano inoltre, ha aggiunto, di fare dell'istruzione un affare.

Riferendosi alle normali rurali di El Mexe e Mactumazá, ha detto: "Si tratta di voler chiudere le scuole. Ricordiamo bene quello che hanno fatto in Hidalgo e Chiapas e quello che vogliono fare in Guerrero. Là in alto loro pensano di poterci offrire oblio fornendoci altro dolore ed altre umiliazioni affinché dimentichiamo quelle che abbiamo ricevuto prima. Noi non dimentichiamo e non perdoniamo".

"L'azione è rivolta contro tutte le scuole in modo che spariscano e ne possano sorgere di nuove come un affare. In alto a loro non importa se il figlio del contadino, dell'indigeno o dell'operaio non impara o impara male; quello che importa loro è che impari a produrre e, soprattutto, ad ubbidire. Non vogliono una scuola che formi maestri che insegnino a dire no, che insegnino a ribellarsi, ad esigere i diritti. Perché quello che vedrà il diplomato della scuola normale è quello di cui ci possono parlare i contadini presenti, gli indigeni e contadini che abbiamo visto in tutto Guerrero. Essere contadino è un modo di morire, mentre fino ad ora è stato un modo di vivere".

I potenti "prendono di mira questa scuola normale rurale e le università pubbliche, perché in esse incomincia a diffondersi il germe della ribellione e della protesta. Perché quando poi andrete ai loro posti di lavoro, nelle vostre scuole ad insegnare ai bambini a vivere nella comunità, vi renderete conto di tutte queste ingiustizie, ed è allora che nascono i Genaro Vázquez Rojas, i Lucio Cabañas Barrientos e tanti altri che non nominiamo ora ma che portiamo nel nostro cuore", questo riferendosi ai celebri diplomati di Ayotzinapa.

La scuola, ricca di storia, ha un campus funzionale e ben progettato sulle sui pareti sono illustrati e raccontato il passato del paese e di Ayotzinapa, gli aneliti del presente e la coscienza sociale, indigena e contadina, liberatrice, che si respira tra le sue mura. Nei murales sono presenti i volti di Cabañas, Vázquez Rojas, del Che, di Marcos, di Cuauhtémoc e numerose allegorie sulla campagna e sulla resistenza.

Essendo un atto così agguerrito in un posto con tanta storia, gli agenti del Cisen si sono sentiti obbligati a recuperare qualche cartellino di "invitato dell' altra campagna in Ayotzinapa". Sono riusciti ad accodarsi. Sembravano contenti.

Marcos ha citato i desaparecidos ed ha osservato: "Non alzeremo mai la bandiera dell'oblio né quella del perdono. Un momento fa abbiamo salutato la bandiera nazionale. Questa è quella che portiamo come zapatisti. Abbiamo abbassato la nostra bandiera. Abbiamo messo al servizio di questa bandiera tricolore la nostra bandiera, quella della stella rossa a cinque punte su un fondo nero. Per noi la cosa più importante è la bandiera del nostro paese".

Ha detto che in Guerrero, "precisamente lo stato più repressivo e sanguinario, quello con il più alto livello di miseria", l'altra campagna ha incontrato "la degna ribellione dei guerrerenses, e che chi ha portato questo nome facendolo parte del suo cuore saranno proprio uomini e donne come voi, soprattutto giovani".

Ha dichiarato che arriverà il giorno in cui quelli che stanno in alto "ci ascolteranno e vedranno nelle nostre mani il segnale di andarsene da questo paese. Ascolteranno la nostra voce e guarderanno i nostri volti e vedranno che Genaro, Lucio, Hidalgo, Morelos, Guerrero, Villa e Zapata non sono morti. Loro hanno voluto rinchiuderli nei libri di storia, nei cimiteri, ridurli a ballate popolari e poemi, ma qui in Guerrero quel sangue ribelle scorre ancora nelle vostre vene ed in quelle di molta gente in questo paese". E confida che "torneranno a ribellarsi e far risplendere le strade con la gente del basso", e non col grigio "che ci stanno imponendo dall'alto".

Poi parlando della crescente militarizzazione di Guerrero, il Subcomandante Marcos ha dichiarato: "A noi non fanno paura i federali. Li abbiamo visti fare i prepotenti quando la gente è indifesa, ma li abbiamo anche visti scappare, spaccarsi e disertare a centinaia quando un popolo è organizzato".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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