Delegati 1, 2 e 3 della Commissione Sesta nel caracol Tecpampa - l'Altro Xochimilco - DF
A 5 anni dall'assassinio di Digna Ochoa
21 ottobre 2006
Parole del Comandante Zebedeo
Abbiamo ricevuto il vostro invito per il quinto anniversario della morte della compagna Digna Ochoa. Abbiamo sempre ascoltato e sentito tanta rabbia per quanto è successo.
La storia è sempre stata così nel nostro paese, in Messico: che noi che lottiamo, noi che diamo la nostra vita, il nostro sangue, la nostra coscienza, usiamo tutto quanto abbiamo per aiutare gli altri, ma ci mutilano, ci torturano, c'imprigionano e ci privano perfino della vita.
E noi, uomini e donne, bambini, non possiamo lasciare nell'oblio questa immagine, questo nome, questa sofferenza, questo dolore sofferti da quella compagna.
Dobbiamo tenerlo presente tutti i giorni per alimentare così il nostro cammino. Noi teniamo nel nostro cuore la compagna Comandante Ramona, la teniamo anche presente nel nostro braccio sinistro - non so se avete capito -, qui è pure presente sempre.
Ma non solamente ci ricordiamo di lei. Ma anche della compagna Digna Ochoa. Tutti i nostri morti devono stare nel tuo cuore. E non dobbiamo mai dimenticare la sua vita, il suo sangue versato.
Abbiamo anche saputo in Chiapas che dato che era un'attivista, hanno cercata di farla veder male, volevano che ci capissimo male la sua immagine, per questo l'hanno diffamata.
Non hanbno avuto gli occhi per vedere la sua immagine di attivista sociale, che ha aiutato vari compagni, varie compagne.
Purtroppo mi sembra che voi non siate ancora forse organizzati come municipio autonomo, o scuola autonoma, perché allora potreste intitolarli a suo nome. Che meraviglioso sarebbe che il nome della compagna Digna comparisse ad es.: Scuola Autonoma Digna Ochoa.
Questo è quanto stiamo facendo noi in Chiapas. I nostri morti, quelli che hanno dato la loro vita il primo gennaio del '94 li teniamo sempre presenti, onorandoli sempre con un posto degno della nostra lotta zapatista.
Ma bene, se voi non avete questa possibilità, potete/possiamo tenere inciso nel nostro cuore quel nome.
Ed è tutto quello che posso dirvi, compagne, compagni. Siamo molto orgogliosi e contenti di stare qui con voi.
Parole della Comandante Grabiela
Buona sera compagne e tutti quelli che sono presenti qui. Sono molto contenta che siamo qui con voi. Perché è la prima volta che stiamo facendo questo lavoro, non pensavamo di riuscire ad arrivare, ma adesso siamo già qui con voi, per insegnare, per mostrare ciò che stiamo facendo anche noi, come donne.
Come donne possiamo pure lottare, possiamo fare il lavoro (politico). Come ha già detto il compagno Zebedeo. E così si deve lottare, compagne. Dobbiamo fare il lavoro, perché la compagna Raquel, che è pure presente qui, lo sa già, perché è venuta nel nostro municipio ed ha pure fatto dei corsi...
E facciamo così compagne, continuiamo a lottare, a fare il lavoro, così tutti insieme, non divisi. Se facciamo le cose insieme, ci riusciremo, compagne. Vediamo già come stiamo là, la compagna Raquel lo sa: abbiamo già i nostri municipi, con un nome come Flores Magón ed è lo stesso - come ha detto il compagno Zebedeo -, che anche voi l'avete nominato così.
Continua a lottare ed avrai anche tu il municipio. Noi l'abbiamo, noi ci lavoriamo. Noi vediamo come vanno avanti le cose, anche i nostri compagni basi d'appoggio: ora abbiamo educazione, salute. L'abbiamo già, compagne.
È da 12 anni che abbiamo incominciato a fare il lavoro e non abbiamo mai pensato di arrivare a tutto questo. Ma adesso, grazie alla lotta, grazie al compagno Subcomandante Marcos, che ha fatto molto lavoro e grazie a tutti i compagni il lavoro anche qui è andato già un poco avanti, grazie al Sup. A poco a poco.
Noi siamo pure contadini, siamo indigeni, ma non abbiamo più paura del governo. Possiamo lottare e possiamo fare il nostro lavoro. Noi siamo qui, sembra che anche voi siate pochini qui, ma credo che abbiate anche i vostri figli, che vi riunirete, che a poco a poco vi unirete.
Questo è quanto succede anche nel nostro villaggio. Si riuniscono pochi e quando fai festa in ogni municipio, in ogni caracol, li vedi. Perché tutti quelli che sono venuti fin là, lo sanno già, compagne.
Per questo siamo qui, e sono tranquilla anche, che cosa dico… non so, forse sono un poco nervosa, ho scritto, so solo poco lo spagnolo, però continuiamo a spiegare la lotta.
Per questo siamo qui, vogliamo invitarvi tutti perché, a livello nazionale, internazionale, noi stiamo qui facendo un lavoro... Siamo pure tranquilli con voi, non abbiamo paura.
Per questo, allo stesso modo, con voi donne, si può fare il lavoro. Non abbiate paura compagne. Proseguiamo insieme. Per questo siamo qui presenti. È già un mese che siamo arrivati qui e siamo qui adesso.
Non abbiamo paura del governo, vogliamo invece continuare il lavoro. Dove possiamo, dove non si può perché siamo malati, allora niente da fare compagni, ma quando stiamo bene allora continuiamo.
Grazie compagni.
Parole della Comandante Miriam
Compagni e compagne:
siamo qui e siamo contenti con voi. Come ha detto il compagno Comandante Zebedeo, della compagna che è morta e che noi sappiamo che è proprio così, che il governo perseguita colui che lotta, colui che dice tutta la verità su quanto succede nel nostro paese.
Perché noi abbiamo sofferto così anche nel '94. Prima del '94 noi ci siamo organizzati, ma vediamo che quando qualcuno si organizza, ci perseguitano, ci imprigionano, ci fanno sparire.
E per questo abbiamo dovuto organizzarci tutti. Unire la nostra voce, il nostro dolore, per non essere più soli, abbiamo dovuto unire la forza, affinché il governo non ci possa prendere troppo facilmente.
E per questo che noi, là in Chiapas, stiamo lottando con le compagne e con i compagni. Perché ne vediamo la necessità per l'ingiustizia in cui vivevamo da molti anni. Ed il governo non ci ha mai ascoltato. È diventato sordo. Le nostre richieste non sono state ascoltate.
Ma è arrivato un giorno, nel '94, quando abbiamo detto Già Basta! a tutti gli inganni del governo. Per questo ci siamo alzati in armi. Per dire al governo che non abbiamo bisogno di chiedere permesso a nessuno per lottare. Che non abbiamo bisogno di nessuno che ci comandi.
E gli abbiamo detto che non chiediamo perdono a nessuno, perché è una causa giusta quella per cui lottiamo. Perché lui non ha capito, avevamo lottato per la via pacifica, ma non ci ha mai capito. Si è voltato a guardarci solo quando ci siamo alzati in armi.
Già da quel momento, noi compagni e compagne ci siamo fatti forza, di fronte dell'esercito, perché l'esercito non sta dove dovrebbe stare, il posto dove dovrebbe stare l'esercito è lì alla frontiera, a proteggere la frontiera. Non dove stiamo noi.
Ma noi non siamo bestie, siamo gente che pensa. Per questo abbiamo incominciato ad organizzarci ed a lottare insieme con i compagni e le compagne.
E sappiamo governarci da soli. Ed abbiamo iniziato a lottare ed a vedere le necessità del popolo. Abbiamo incominciato ad organizzare i lavori collettivi e lì ci siamo appoggiamo con la nostra resistenza.
E fino ad adesso siamo riusciti ad andare avanti, abbiamo saputo proseguire con la nostra lotta, col nostro lavoro. Ma sappiamo che il governo ci comanda molti soldi, cioè manda molto denaro alle comunità, per dividere la gente, perché la gente non si organizzi, non lotti.
Ed io credo che da molte parti succeda questo. Per questo ci sono molti fratelli e molte sorelle che sono ancora ingannati dal governo, dal denaro. Ma noi come zapatisti, sappiamo che il governo è un traditore e che sta tentando di vendere tutto quel poco che ci rimane del nostro paese.
Questo non lo dobbiamo permettere. Dobbiamo organizzarci e lottare insieme per difendere il nostro paese. Perché è il futuro dei nostri figli. è il futuro dei nostri figli e delle nostre figlie. Non è più il momento di lasciarci ingannare dal governo. Dovrebbero stare loro in prigione.
Come i compagni di San Salvador Atenco, non dovrebbero stare in carcere, non è il loro posto la prigione. Perché lottano per una causa giusta, per difendere gli altri compagni, perché c'è ingiustizia nei villaggi.
Ma i governi, sono loro quelli dovrebbero... il loro posto è la prigione. Dovrebbero stare lì. Non noi che lottiamo per i nostri diritti.
È tutto compagni e compagne.
Molte grazie.
(traduzione del Comitato Chiapas di Torino)