La Jornada - Venerdì 20 ottobre 2006
Gilberto López y Rivas
Il valore dell'APPO

Non è un caso che Oaxaca sia lo stato della repubblica messicana dove ha luogo una insurrezione pacifica civico-popolare di trascendenza storica nelle sue modalità e per i suoi contenuti. Iniziata come un conflitto corporativo del magistero contro un governo statale corrotto e autoritario, il movimento si è trasformato, a partire dalla brutale repressione nei confronti di un gruppo di maestri da parte della polizia e dei paramilitari agli ordini del governatore Ulises Ruiz, in quella che è divenuta, il 17 giugno di quest'anno, l'Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca (APPO).

Uno degli Stati con il maggior grado di emarginazione e povertà, Oaxaca, è anche il territorio che concentra 16 popoli, o gruppi etnolinguistici, con le loro varianti dialettali e una straordinaria ricchezza di processi autonomistici radicati nelle comunità come nucleo di base delle modalità di organizzazione sociale, la cui istanza massima di dibattito e decisione è l'assemblea comunitaria.

Già dal dialogo di San Andrès, una nuova generazione di dirigenti e intellettuali indigeni oaxaqueñi (alcuni di loro sono dei collaboratori prestigiosi del nostro quotidiano) apporta la sua esperienza storica nella costruzione di autonomie, nella costituzione di comunità e nell'elaborazione di istituti giuridici in linea con queste rivendicazioni e realtà. Sono stati quelli che hanno fatto prevalere la loro egemonia sul resto del movimento indigeno nazionale, distinguendosi per la solidità e la coerenza delle loro ragioni.

La composizione della sezione 22 del magistero fa capo a maestri indigeni che hanno giocato un ruolo importante nelle lotte democratiche e contro l'imposizione e la violenza della corruzione politica ed economica imposta dal PRI (...).

Alla pari di questa componente indigena, è parte attiva nella composizione dell'APPO lo sforzo unitario di numerose organizzazioni della società civile che per decenni hanno lottato nei campi dell'ecologia, della difesa del patrimonio culturale, dei diritti umani, dell'educazione laica e gratuita, della condizione femminile, degli emigranti. Organizzazioni che con le loro proposte di democrazia e di vero cambiamento sociale incontrano nell'APPO la possibilità di camminare congiuntamente.

L'APPO dimostra che è possibile un governo popolare senza la presenza della macchina burocratica, dei partiti politici istituzionali e, soprattutto, senza i voraci funzionari corrotti che per più di 81 anni hanno vissuto sulle spalle dell'erario e che pretendono continuare a governare nonostante la visibile e belligerante opposizione della maggioranza del popolo di Oaxaca.

L'APPO, in ambito statale ed urbano, ratifica l'esperienza delle giunte di buon governo zapatiste che a livello municipale e regionale, da più di tre anni governano a partire del principio del “comandare obbedendo” e che rappresentano una vera scuola di apprendistato di democrazia diretta e partecipativa, che l'APPO ha emulato con le dovute varianti e specificità.

Da qui nasce l'odio che l'APPO provoca nella classe governante, tra i suoi intellettuali e sicari informatici che pretendono di controllare l'opinione pubblica e distorcere quello che sta accadendo nello stato. Scandalizzati, segnalano la “violenza” della giustizia popolare, senza denunciare la codardia dei corpi paramilitari e parapolizeschi che hanno assassinato nove persone e ferito molte altre, mentre il governo federale aspetta il momento politico favorevole per “riscattare” Oaxaca.

Le verifiche preventive si stanno accumulando e i gruppi di intelligence stanno segnalando chi fermare e criminalizzare. È allineato anche il direttore del INAH, che ha presentato denunce al Pubblico Ministero contro “chi risulti responsabile” dei “gravi danni al patrimonio culturale” di Oaxaca, mentre l'UNESCO nega la gravità di tali, presunti, danneggiamenti.

Con isteria, le “buone coscienze” chiedono che si ristabilisca l'ordine, motivato da fatto che “la legge non si negozia, si applica”; gridano che “lo stato di diritto” deve imperare e temono che l'esempio dell'APPO si estenda a livello nazionale, o peggio ancora, a livello globale: “Non è possibile! Tutto ha un limite. Quando arriva l'esercito?”. Hanno gli incubi di un'Assemblea Popolare dei Popoli del Messico (la APPM), che s'installi nella piazza centrale della capitale, e di un equivalente dell'APPO che sia governo in ogni stato.

Che non si equivochino i potenti, la repressione non è onnipotente né risolve i problemi, invece li accresce; ma, in ogni caso, l'esperienza dell'APPO è già diventata , in queste ore decisive, un patrimonio di tutti i messicani.

(tradotto da Daniele <daniele.corrotti@hotmail.com>)

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