La Jornada - Venerdì 20 ottobre 2006
Il delegato Zero nella giornata binazionale, bilingue e multiculturale a Tijuana
La nuova lotta di liberazione dovrà essere internazionale
HERMANN BELLINGHAUSEN - INVIATO

Tijuana, BC, 19 ottobre - Il secondo giorno dell'altra campagna in questa città è passato all'aperto, nel forum di pietra e muri rotti, cinema in altri tempi, oggi centro alternativo Multikulti. È stata una giornata binazionale, bilingue e multiculturale, dove l'abbraccio al quinto sole di Aztlán s'è unito al hip hop oltreconfine ed a decine di testimonianze e dichiarazioni di lotta, resistenza, attaccamento alla terra, misticismo e speranza. Clamore di pace per la guerra in Iraq e la "guerra" sporca contro i messicani in territorio statunitense.

Félix García, originario della costa di Nayarit, ha parlato così davanti al delegato Zero ed a circa 400 aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, di tutte le California, di Nuovo Messico, di Washington, San Luis Misuri, del Texas e dell'Arizona: "Per grazia di Dio sono cora. Ho dovuto per necessità lasciare il mio ejido a 20 anni. La prima cosa che ho conosciuto degli Stati Uniti sono state le sue prigioni ed i pestaggi della migra. Ho sempre vissuto in prima linea. Da vari anni abbiamo dato vita ad un gruppo di compagni e compagne, percorriamo il deserto depositando acqua e cibo in lattina, e coperte quando fa freddo. Quando arrivano gli emigranti diciamo loro: 'benvenuti nel Messico occupato'.

Vicente Fox, quell'uomo pieno di fantasia ed il suo gabinetto, allucinano che emigriamo per divertimento mentre ci sarebbe lavoro qui ed in Messico l'economia sarebbe meravigliosa. E sì è vero, ha un'economia meravigliosa, ma per i suoi figliastri. Dovrebbe far vergogna che l'economia messicana dipenda dalle commesse che noi emigrati mandiamo e, nonostante questo c'inviano una combriccola di idioti che si dicono consoli e che dicono rappresentare il popolo messicano. Per noi gli unici che possono rappresentarci negli Stati Uniti devono chiamarsi zapatisti".

Félix ha incarnato oggi, insieme ad altre decine di partecipanti, i messicani dell'esodo ed anche del "recupero" di quelle terre usurpate definitivamente, grazie alla complicità dei predecessori ottocenteschi degli attuali governi vendipatria, su scala locale e nazionale. "Nel paese più potente del mondo i contadini dormono sotto agli alberi. A San Diego, in maggioranza provengono da quella bella razza oaxaqueña. I cacciamigranti hanno origine nel Ku Klux Klan. Ci fa sentire vergogna quel muro della morte. Vogliamo una riforma integrale, non la militarizzazione".

La presenza della lotta oaxaqueña di oggi è stato un elemento ricorrente negli interventi e nello spirito dell'altra campagna nel bórder. Unión de Barrio, con più di 25 anni "di lotta per l'unificazione socialista della patria messicana" - ha dichiarato che - "quando il commercio è libero, allora soggioga di più il popolo. L'essenza della nostra lotta è l'immigrazione. La nuova lotta di liberazione dovrà essere transnazionale".

Sulle mobilitazioni di mesi indietro nelle terre statunitensi, Unión de Barrio ha detto che: "La gioventù, dal ventre del mostro imperialista, ci ha mostrato la strada, la ribellione, la dignità. Hanno straripato. La loro energia non ha avuto paura di niente: né del Congresso, né della polizia, né dei loro docenti, né di quelli che dicevano loro che non potevano portare le loro bandiere, che potevano solo portare una bandiera yankee... ed un compagno di 13 anni mi ha detto: 'mai, non prenderò mai quella bandiera che mi ha umiliato ed ha calpestato il mio popolo'".

C'erano pure altre organizzazioni come quella autonoma Brown Berets (Berretti Marroni) di Watsonville, California, formata da messicano-statunitensi che, in risposta alla violenza contro gli emigranti e per le condizioni di emarginazione, stanno lavorando da 12 anni con la gioventù proletaria. Sandino Gómez, citando Malcolm X, dice: "Ognuno educhi un altro" ed invoca il grande leader chicano César Chávez.

Poi Ramiro ha spiegato: "Siamo un gruppo di giovani che si è formato nel 1994 con l'influenza dall'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. Organizziamo un 'migra watch' nei nostri quartieri, ma dobbiamo fare una rete in tutta Aztlán. Voi siete noi, noi siamo voi".

Sono arrivati a Tijuana decine di gruppi di diritti civili, di educazione e di creazione culturale ed artistica, così come media alternativi, sia stampati che elettronici. A nome della resistenza di milioni di messicani trasferiti oltre frontiera, Martina Cárdenas, della rete Messicani Senza Frontiera, ha denunciato pubblicazioni giornalistiche negli Stati Uniti che promuovono "l'idea di mettere gli emigranti in un campo di concentramento".

Per concludere, Marcos ha ricordato alcune parole di Elías Contreras dopo aver attraversato la frontiera: "Ci sono più stranieri nei palazzi del nostro paese che dell'altro lato del río Bravo".

All'imbrunire, il subcomandante Marcos ha partecipato ad un atto pubblico nel quale più di mille persone hanno bloccato la strada Costituzione quasi all'angolo con la Sexta, di fronte al Multikulti. Si sono sentiti gli slogan: "Oaxaca vive, la lotta prosegue" e "Fuori l'Esercito da Chiapas, Oaxaca e Tijuana". A sera c'è stato un memorabile concerto in appoggio ai prigionieri politici di Atenco. Hanno partecipato gruppi musicali di ambo i lati come: Tijuana NO, Aztlán Underground, Olmeca, Los Adixión, Almas Intocables, Karma, Tyjuas Steelo, ecc.

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

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