La Jornada – Martedì 20 giugno 2006
Bruciate le credenziali elettorali davanti al carcere di Santiaguito
Partiti e candidati, complici della repressione: aderenti all'altra campagna

Denunciata persecuzione contro membri del FPDT a Nexquipayac ed Acuexcomac
HERMANN BELLINGHAUSEN - Inviato

Almoloya de Juárez, 19 giugno - Davanti al Centro di Reinserimento Sociale (Cereso) di Santiaguito, decine di aderenti all' altra campagna, familiari e compagni dei prigionieri politico reclusi nella prigione di massima sicurezza di La Palma, hanno bruciato questo mezzogiorno le loro credenziali elettorali in segno di rifiuto dei partiti politici che si contenderanno il governo di questo paese nelle prossime elezioni. I partiti politici ed i loro candidati "sono stati complici della repressione", ha dichiarato Rubén, che da oltre un mese è accampato fuori della prigione. "Questa è un'azione di protesta contro la farsa del 2 luglio", diceva una voce al microfono, mentre circa 300 tessere bruciavano in un bidone.

A pochi metri, una piccola folla aspetta la fine della terza udienza dei detenuti dopo l'attacco della polizia a San Salvador Atenco il 4 maggio. Le autorità della prigione hanno fatto installare una tenda bianca di stoffa, di quelle usate per le nozze all'aperto, e circa 200 sedie pieghevole, affinché questo particolare pubblico accompagni da lontano gli imputati mentre rilasciano le loro dichiarazioni negli uffici del carcere ad un ritmo lento ed esasperante.

Una decina di detenuti, separati da grate e vetri nella sala dove si effettua l'udienza, vedono (più che sentire), le sonore grida di appoggio che provengono dai loro amici e simpatizzanti. "César, resisti, il popolo si ribella", e subito dopo lo stesso slogan per Edith, Pedro, Magdalena, Juan, Arnulfo, David, Mariana, Guillermo, Rodolfo ed altri. Dalla stanza dove aspettano in piedi, gli imputati alzano un cartello: "Vi vogliamo bene a tutti quanti, compagni e familiari". Tra i due gruppi si interpongono una decina di tavoli a cui i legali digitano sui computer, circondati da corposi fascicoli dei casi e da un gran numero di funzionari, agenti e membri della procura che formano una rete impenetrabile, annoiata ed indifferente.

Richieste dei mazahuas

C'è anche un gruppo di donne e giovani mazahuas che chiedono la liberazione della loro compagna Magdalena García Durán. Parlano davanti alle porte aperte della sala: "E vi chiedete questi che sono? Siamo i mazahuas, vogliamo una soluzione". Da qui, questo gruppo si dirige alla città di Toluca in compagnia degli avvocati per chiedere al giudice del primo tribunale di smettere dirimandare la sentenza di scarcerazione per Magdalena. "In tribunale usano solo inutili pretesti per ritardare la pratica", si lamenta una delle indigene.

Mentre si dissolve il fumo delle credenziali dell'Istituto Federale Elettorale, dai megafomi si levano voci di protesta, denuncia e testimonianza. Un atenquense riferisce che la polizia continua a perseguitare i coloni di Nexquipayac ed Acuexcomac, e gli "informatori" continuano a segnalare membri del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra (FPDT). Pochi giorni fa sono state arrestate altre tre persone: Juan Ramírez, Sergio Ramírez ed Abraham Fuentes chi si sommano ai 28 prigionieri politici a Santiaguito. I manifestanti riferiscono che la polizia mexiquense ha perquisito, senza mandato, la casa dove si trovavano gli ultimi due che sono stati interrogati e torturati affinché rivelassero dove si nascondeva Juan Ramírez, membro del FPDT.

Su fogli di quaderno vanno e vengono piccole lettere tra gli imputati e la gente che li sostiene. In una di queste, una delle detenute dice: "Mi dà molta forza quando vi vedo, quando vi sento gridare. Sento che il fatto di essere qui possa far sì che si uniscano molti gruppi dell' altra campagna perché quanto stiamo subendo valga la pena, ed anche se ci vorrà ancora tempo per uscire, riusciremo a rafforzare l'altra campagna". Tra i saluti personali la prigioniera politica aggiunge: "Quando vedo tutti quelli che lottano fuori, penso che non ho sbagliato".

Arrivano molte donne della Rete Messicana delle Lavoratrici del Sesso chi stendono al suolo la loro bandiera nera, e con catene nere legano circa 30 bambole Barbie macchiate con vernice rossa. Con la stessa vernice scrivono sul selciato: "Non siete soli. Peña Nieto, Fox, Wilfrido Robledo, repressori ed assassini".

Pattuglie ed agenti in borghese circondano il presidio, ed anche decine di striscioni e cartelli di solidarietà con i detenuti, e di condanna al governo. Un cartello mostra la faccia sorridente dell'attuale governatore Enrique Peña Nieto con due parole scritte a grandi lettere: "Ricercato".

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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